Omelia. Immacolata 8 dicembre 2019. Cattedrale.

08-12-2019

Omelia. Immacolata 8 dicembre 2019. Cattedrale.

Carissimi fratelli e sorelle, cari devoti di Maria SS. Immacolata, cari associati dell’Azione Cattolica Diocesana nelle varie rappresentanze, consigli parrocchiali e presidenti, stimata presidente diocesana sig.ra Donatina Telesca. Vorrei salutare anche questi cari sacerdoti concelebranti: mons. Antonio Cardillo, assistente unitario e del settore adulti dell’AC diocesana, in quanto rappresentante del Collegio assistenti, mons. Domenico Baccelliere nella veste di assistente parrocchiale, quindi rappresentante di tutti i parroci che hanno l’AC nelle parrocchie, don Marcello Riente, come esponente dei sacerdoti che comunque curano la formazione e la spiritualità dei laici e in specie dei laici associati.

È festa di tutti, è festa dell’Azione Cattolica, che oggi si rivolge in modo particolare all’Immacolata, celeste patrona della famosa Associazione di cristiani laici, insieme a S. Francesco d’Assisi e ai numerosi santi e beati che fin dall’inizio della fondazione l’AC ha generato fra le sue fila. Ci uniamo a Sua Santità papa Francesco, che proprio oggi si recherà a piazza di Spagna, in Roma, per omaggiare l’Immacolata nella monumentale statua della Madonna e rivolgerle, anche a nome nostro, la supplica e la preghiera più accorata per la Chiesa e per il mondo.

Siamo felici, noi cattolici italiani, perché la Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti, con l’assenso del Papa, ha concesso alla Chiesa italiana che quando la solennità dell’Immacolata coincide con la domenica di Avvento si celebri lo stesso la Messa in onore della Santa Vergine, poiché, lungi dal sovrapporsi o dal sospendere il cammino dell’Avvento, invece lo rafforza e lo arricchisce del significato più opportuno. Infatti la Vergine Maria ci insegna come attendere veramente e pienamente l’avvento di Cristo. Chi più di lei ci può far da maestra? Chi più di lei ci può indicare la via e la meta? Lei che benedetta fra tutte le donne, ha pronunciato il suo sì all’incarnazione del Verbo divino, all’avvento del Signore, e con umiltà e amore l’ha accolto nel suo grembo e lo ha atteso con fede e preghiera fino alla nascita a Betlemme. Viviamo l’Avvento con Maria: tutta la liturgia ci esorta a questo atteggiamento interiore.

Accanto a Maria si pongono le altre figure bibliche: i profeti, Giovanni Battista il Precursore, Giuseppe di Nazareth: abbiamo amici e compagni sicuri per comprendere il grande dono della venuta di Cristo nell’umiltà di Betlemme, della sua venuta continua nella Chiesa in cui risuona al sua parola, la grazia dei Sacramenti, la potenza della sua morte e risurrezione, il dono perenne della Spirito, ma anche della sua venuta alla fine dei tempi per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine. Non sono da disdegnare anche le figure dei santi che per grande devozione popolare in questo tempo ci aiutano a guardare al Cristo che viene: S. Nicola di Mira, e di Bari, che, con la sua fede intrepida nella divinità del Signore Gesù e la sua carità premurosa versi poveri e gli innocenti, ci annuncia: “Forza, fratelli! Andiamo con gioia incontro al Signore”. S. Lucia, giovane martire: con il suo nome e la sua verginale testimonianza, ci ricorda che solo Cristo è la luce del mondo.

Immacolata: guardiamo a Lei, senza macchia originale. Quando i suoi santi genitori Gioacchino ed Anna la concepirono, in quel momento Dio onnipotente, in previsione del sacrificio salvifico di Cristo sulla croce, la rese immune dalla colpa originaria, e né il peccato, né le grinfie di Satana, mai la sfiorarono fin dall’alba della sua vita purissima. Le letture bibliche che abbiamo ascoltato, in questa gioiosa solennità, ci descrivono due giardini. Il primo, il giardino dell’Eden, donato all’uomo e alla donna, creati santi e immacolati, capolavoro di Dio, amatissimi suoi figli nell’ordine della creazione. Ben presto quel giardino di felicità e di adorazione del Creatore viene infestato dal serpente antico, che tenta alla disobbedienza e alla superbia i nostri antichi progenitori, Adamo ed Eva. Si fanno ingannare, dubitano della bontà infinita di Dio, tradiscono il suo amore. Gli dicono “no”, come l’angelo ribelle, il diavolo, Satana, con tutti i suoi angeli maligni. Il giardino di Eden è perduto, l’anima santa e pura è corrotta, la loro vita ormai è inquinata, e così quella di tutti i loro discendenti: non possono più restare nel giardino della comunione con Dio, il salario del peccato è la morte, con il carico di sofferenza e fatica. Si allontanano dal giardino di Eden e percorreranno la terra tra spine e dolore. Dio però li seguirà, li curerà, e nel suo amore infinito promette per il futuro una nuova Donna, la cui discendenza, un nuovo Uomo, nella tremenda battaglia in cielo e in terra, schiaccerà il capo al serpente antico. Ma ci vorrà un altro e diverso giardino.

Secoli e secoli passano, ma il piano di Dio è all’opera. Ecco l’altro giardino: quello di Nazareth. Vi abita un’umile e santissima fanciulla, dal cuore tutto consacrato a Dio, senza ombra di peccato, promessa sposa a Giuseppe della casa di Davide. Nella sua casa tutto è puro, ma specialmente il giardino immacolato e profumato di Dio è il suo cuore, la sua anima, il suo grembo, la sua vita. Nel giardino di Nazareth l’Onnipotente manda l’Arcangelo per il grande annuncio e chiede alla Piena di Grazia l’assenso per l’incarnazione del Figlio eterno. La pienezza di grazia e l’immunità dal peccato originale, l’assenza perfetta di peccati personali, la totale consacrazione della sua vita a Dio, certo non gli toglieva la libertà del consenso e la responsabilità della risposta. Ma dato che non è il peccato e il dubbio che fanno la nostra libertà, anzi generano schiavitù e tristezza, e il buio ci fa brancolare e ci paralizza, al contrario solo la luce ci fa vedere e ci fa scegliere il cammino sicuro, cosi il Cuore immacolato di Maria, illuminato perfettamente dalla luce divina, dopo aver avuto dal messaggero celeste la conferma della sua perpetua verginità e della sua divima maternità per opera dello Spirito Santo, con tutta la sua santa umanità e l’anima colma della libertà della grazia, nel nuovo giardino di Nazareth pronuncia il suo “sì”. Finalmente da Adamo ed Eva, dopo tanti “no”, una creatura piccola e umile dice “sì” a Dio, per un miracolo, il più grande e inimmaginabile della storia umana: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Quello fu il momento: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Un nuovo giardino di Eden fu ricreato, molto più bello e più splendido, ormai definitivo e perenne. Satana si accorse che qualcosa era accaduto. Qualcuno gli stava sfuggendo. Si ricordò di quella primordiale promessa di Dio. Però ancora non comprese. Solo sentì per la prima volta uno strano terrore: un terrore verso una Donna che non conosceva e un Bambino che portava nel grembo.

Ma c’è anche un altro giardino. Al posto del giardino originale e perduto, Dio coltivò il giardino di Nazareth, per impiantare nel giardino di ogni uomo, cioè nel suo cuore, la grazia e la luce che da Nazareth si sarebbe diffusa su tutta al terra. Quel giardino siamo noi e ciascuno di noi battezzati e consacrati da Cristo immacolato, Figlio della Vergine Immacolata, il nuovo Adamo e la nuova Eva. Lo afferma l’apostolo Paolo, che abbiamo ascoltato, quando dice che il Padre ci ha scelti in Cristo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità (cfr Ef 1,3-4). Dunque, fratelli e sorelle, nel sangue di Gesù siamo resi immacolati: la Madonna in previsione, noi in successione. E seppure le tracce e le conseguenze dell’antica ferita le sentiamo nel nostro cuore e ne soffriamo, sappiamo con certezza che dal parto della Vergine Immacolata e dalla croce di suo Figlio e Figlio di Dio, noi siamo stati salvati. Non abbiamo altro da fare che camminare e mantenerci in quella luce e in quella gioia.

Santi e immacolati nell’amore anche i cristiani laici di Azione Cattolica. Cari Associati diocesani e Associati qui in Acerenza, convenuti anche per ritirare le tessere di adesione e oggi riceverle nelle parrocchie: sì, voi mettete a disposizione della Chiesa la potenza del battesimo e della cresima che è in voi e, come afferma il vostro Statuto, siete collaboratori per la realizzazione del fine apostolico della Chiesa. E’ quanto scrivo nelle Indicazioni diocesane per l’Anno liturgico-pastorale 2019-2020, a cui ho dato il titolo della parola evangelica di Cristo “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12), ma anche voi siete la luce del mondo, come lo stesso Gesù afferma (cfr Mt 5,13). Queste parole del Signore le rivolgo a tutti i cari fedeli diocesani, non soltanto per commentare e accompagnare la Visita Pastorale con l’Enciclica Lumen fidei di papa Francesco, ma per ricordare a me e a tutti che Cristo è la luce originaria e noi siamo la luce riflessa che da Lui prendiamo tutto e lo testimoniamo nel mondo a servizio della Chiesa. Grazie cari associati di Azione Cattolica, continuate nella gioia del Vangelo.

E ora ci rivolgiamo alla Vergine Maria, rappresentata in questa cattedrale sia con la sacra effigie dell’Immacolata e sia con l’altra della Regina del Rosario, adornata per occasione dell’altare restaurato, traslato e riportato e dal parato prezioso del Crocifisso. Rivolgiamoci a Lei con la preghiera con cui papa Francesco ha voluto chiudere il testo della Lumen fidei: “Aiuta, o Madre, la nostra fede! Apri il nostro ascolto alla Parola, perché riconosciamo la voce di Dio e la sua chiamata. Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi passi, uscendo dalla nostra terra e accogliendo la sua promessa. Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore, perché possiamo toccarlo con la fede. Aiutaci ad affidarci pienamente a lui, a credere nel suo amore, soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce, quando la nostra fede è chiamata a maturare. Semina nella nostra fede la gioia del Risorto. Ricordaci che chi crede non è mai solo. Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù, affinché egli sia luce sul nostro cammino. E che questa luce della fede cresca sempre in noi, finché arrivi quel giorno senza tramonto che è lo stesso Cristo, il Figlio tuo, nostro Signore. Amen”.