Omelia festa di San Rocco Tolve

16-08-2024

Carissimi fratelli e sorelle, cari pellegrini e devoti di S. Rocco in Tolve, pellegrini a questa basilica e santuario del Santo, restaurata e abbellita con arte preziosa. Caro don Francesco, parroco e rettore, congratulazioni per quello che realizzi sia nel campo pastorale che strutturale. Cari tutti gli altri reverendi sacerdoti concelebranti, cari diaconi, care suore, cari ministri e ministranti, un grazie a tutti i collaboratori della festa e della parrocchia santuario. Porgo un ossequio alle autorità civili e di ordine pubblico, culturali ed educative: tutti siamo al servizio del prossimo, specialmente dei fratelli e sorelle che versano di più nel bisogno.

Viviamo questa festa solenne di S. Rocco nell’anno orante che papa Francesco ha indetto in preparazione all’anno santo giubilare 2025, nel cammino sinodale della Chiesa che si snoda sul sentiero profetico. Papa Francesco ci ha offerto come traccia del Giubileo, nella bolla di indizione, il versetto biblico paolino “La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,1-2.5). La speranza infatti nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce. Il Pontefice indica i pellegrini che si metteranno in cammino verso le basiliche romane, verso la porta santa, e altri luoghi giubilari, come pellegrini di speranza, che è Gesù Cristo, la sua grazia, il suo perdono, la sua misericordia. Ma anche noi siamo  in questi giorni pellegrini di speranza insieme a S. Rocco, quella speranza certa nella fede e nella carità, che convinse il Santo a lasciare Montpellier, povero e umile, per mettersi in cammino verso Roma, offrendo le sue preghiere, le sue opere di misericordia, le sue sofferenze e i suoi disagi, le sue cure ai contagiati dalla peste, il Vangelo di Cristo, Divino Pellegrino sulla terra per la salvezza di tutti, il segno della croce del Signore con cui consolava e guariva i malati e risollevava i poveri.

Lo abbiamo ascoltato dal Vangelo: ci sono gli affamati, gli assetati, gli ignudi, i carcerati, i malati, dappertutto, e anche coloro che sono dubbiosi, coloro che non sanno distinguere il bene e il male, coloro che giacciono nei lacci dei peccati e attendono una parola di liberazione e di coraggio. Non solo al tempo di S. Rocco, ma oggi non vedete cosa stanno causando le guerre ovunque, un fiume di lacrime e di sangue, di innocenti morti sotto i bombardamenti o di ignari che sono lì a trucidarsi tra loro per le mire dei potenti e dei dittatori di turno. Pellegrini di speranza: non solo del sentimento umano, che comunque impegnandosi qualcosa potrebbe cambiare, ma per noi cristiani cattolici significa la fede in Cristo che, se seguita e praticata, Lui può far nuove tutte le cose.  Fu quel pellegrinaggio di speranza che mosse in una vocazione speciale il giovane S. Rocco, perché sperava in Cristo e con Cristo di seguire un sentiero di pace e non di guerra, un sentiero di amore e non di odio, di pazienza e non di violenza.

Infatti per l’anno santo il Papa indica la virtù della pazienza: per vincere la fretta e l’incomprensione che sta dilagando ovunque, nelle famiglie, nei rapporti sociali, nelle relazioni tra nazioni e popoli, nel cuore umano, nella vita di ognuno. Dice il Papa che la fretta vorticosa che abbiamo con i mezzi moderni di comunicazione, ci lasciano confusi e disorientati, in balia di un uragano di parole, notizie, illazioni, ipotesi, supposizioni, equivoci, sospetti, falsità. È difficile fermarsi, sostare, pensare, pregare, ascoltare: come facevano i pellegrini del passato o verso Roma, o verso la Terrasanta, sempre funestata da guerre ed orrori, o verso Santiago o altre mete di pellegrinaggi famosi, oggi i grandi santuari mariani.

L’uomo è un viaggiatore, non un consumatore bloccato da un cellulare o un tablet, è un viaggiatore nella sua esistenza, nel mondo, nella Chiesa per i cristiani, nella ricerca di Dio per tutti. Ma ha bisogno di pazienza: c’è il giorno e la notte, c’è l’incedere delle stagioni, c’è la gioia e il dolore della vita, ci sono gli affetti da contemperare, ci sono le tensioni da comporre. Solo concependo la vita come pellegrinaggio di speranza in Cristo o per altre religioni nella Divinità creatrice, si può acquisire una saggezza, un’onestà, una calma, una serenità, che il mondo sempre travolgente e illuso non può dare. La speranza in Cristo non confonde, non delude, non scoraggia, ma dona la forza di camminare. “Alzati, mangia e cammina”, abbiamo ascoltato in queste domeniche dalla parola di Dio, e anche dalle labbra di Cristo: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo”, quel Pane di vita immortale, l’Eucaristia, che nutrì S. Rocco nel suo peregrinare di carità e di annuncio della fede. La speranza non delude: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”, l’Eucaristia che ci fa diventare eucaristici, cioè al servizio di tutti, specie i poveri e i sofferenti. Si fermavano i pellegrini della speranza presso le chiese e i monasteri prima di tutto per la Confessione, la Messa, per ricevere nella comunione il corpo di Cristo, per l’indulgenza, poi per nutrirsi con sobrietà e nutrire i poveri più bisognosi di loro, per poi ricominciare il cammino di fede e carità. S. Rocco si è inserito in questo movimento di rinnovamento e di riforma del suo tempo, perché sempre bisogna rinnovarsi. Papa Francesco ci sta dicendo di dimenticare la frase “si è sempre fatto così”: questo vale per il Credo, i Sacramenti e i Comandamenti, secondo la Scrittura e la Tradizione custodite e illustrate dal Magistero, ma tutto il resto non solo può essere rinnovato, ma deve esserlo. Altrimenti il pellegrino di speranza, che è ogni cristiano, laico e chierico, resta indietro, ostacolando il cammino di Cristo.

Stiamo attraversando momenti bui, nella Chiesa come nella società, in Basilicata molte difficoltà sociali, economiche, culturali, amministrative. In questo ultimo ambito esorto i nostri governanti a fare di più, a progettare di più, a sperare fattivamente di più, a sognare di più, poiché, come ha detto qualcuno, quando si sogna insieme qualcosa si realizza. Per quanto riguarda la Chiesa e la nostra arcidiocesi, stiamo camminando per un rinnovamento dell’iniziazione cristiana per la formazione alla fede, praticamente incentivando in ogni ambito l’evangelizzazione: dice il Papa nell’indizione del Giubileo che in tali situazioni, attraverso il buio si scopre la luce, si scopre come a sorreggere l’evangelizzazione sia la forza che scaturisce dalla croce e dalla risurrezione di Cristo.

Cristo è risorto, Cristo è vivo, Cristo è qui con noi: andava annunciando per le strade e le città di Italia e di Francia il pellegrino S. Rocco, e lo dimostrava con il sacrificio della sua vita e con i segni prodigiosi che il Signore gli concedeva. E poi c’era quel senso internazionale: non piccoli uomini di piccole borgate, ma pellegrini di speranza per il mondo e nel mondo. Come S. Rocco, quei cristiani coraggiosi attraversavano nazioni e regni, spesso in guerra tra loro, ma seminavano cultura, pace, incontro tra popoli e lingue diverse, senza distinzione o emarginazione, senza decisioni o rifiuti: erano cattolici, cioè per tutti, con tutti e di tutti. Impariamo anche noi, che ci sentiamo così moderni ed emancipati, eppure ancora si sente dappertutto la distinzione e il disprezzo violento tra il noi e il loro, tra da questa parte e quella parte. Mi disse un giovane profugo africano di soggiorno temporaneo ad Acerenza: “La pelle ha colore diverso, ma il sangue è rosso per tutti”.

Rocco santo, ti preghiamo per la pace, tu che allora annunciasti pace per tutti, continua anche oggi a intercedere per noi tutti la pace, pellegrini di speranza e di pazienza, di dialogo e amore. La santa Vergine Maria, assunta in cielo in anima e corpo, incoronata Regina degli angeli e dei santi, che tu amasti teneramente con devozione di figlio, ci ottenga dal Principe della pace, Gesù Cristo, la fine della guerra. E’ ormai insopportabile, se mai lo sia stato: non dobbiamo abituarci alla guerra, tra di noi e tra le nazioni, dobbiamo camminare sulla via della pace.