Omelia. Santuario Madonna della Lama. PP. Agostiniani. Noicattaro. 28.08.2019

28-08-2019

Omelia. Santuario Madonna della Lama. PP. Agostiniani. Noicattaro. 28.08.2019

Reverendi Padri Agostiniani, reverendo Superiore p. Giuseppe Conversa, reverendo mons. Giuseppe Greco e cari fratelli sacerdoti concelebranti, cari fratelli e sorelle convenuti fra i quali i membri della Congrega della Madonna della Lama, saluto con affetto e stima, fraternità cristiana e fervore agostiniano tutti voi.

Ricordare S. Agostino in questo giorno a lui dedicato dalla Chiesa cattolica è provare commozione, gratitudine, gioia. Commozione per un grande cristiano cattolico e padre della Chiesa, gratitudine allo Spirito Santo per tutto quello che ha operato nell’animo di quest’uomo e discepolo di Cristo, nonché pastore e teologo insigne, gioia per l’esperienza umana, culturale e fedele di Agostino, la cui vita e opera sono nutrimento per tutti i tempi e per ogni uomo, per i ragazzi e per i giovani, per gli adulti e gli anziani, per i filosofi e i teologi, per gli studiosi e per i semplici, per i credenti e i non credenti, per i fedeli laici e per i chierici: s. Agostino, un miracolo di Dio, una conquista di Cristo, un capolavoro dello Spirito Santo. Ieri ricordando la madre s. Monica, dalla mirabile autobiografia delle Confessioni abbiamo appreso che in punto di morte ella gli disse: “Dio mi ha esaudito oltre ogni mia aspettativa, mi ha concesso di vederti al suo servizio e affrancato dalle aspirazioni di felicità terrene” (Libro 9,10).

Dalle letture odierne previste nel Lezionario dei Santi comprendiamo ancora più profondamente chi è S. Agostino, perché i Santi sono stati forgiati dallo Spirito tramite la parola di Dio per farla comprendere ancora di più alla santa Chiesa. I Santi sono tali per perché si sono dissetati alla fonte della Scrittura, si sono saziati alla mensa dei Sacramenti, hanno seguito la via dei comandamenti, e questo nella Chiesa che è la famiglia di Cristo. A volte li pensiamo isolati dalla vita della Chiesa e avvolti in un alone distante e lontano di miracoli e misteri, non è così. Ciò che hanno detto, scritto e fatto ha la sua sorgente in Cristo e nel Vangelo vissuto nella Chiesa e per il mondo.

  1. Agostino viene spesso raffigurato non soltanto con gli attributi iconografici di vescovo o monaco, non soltanto nel suo studio tra la mole dei suoi libri e dei suoi scritti, ma specialmente viene raffigurato con un cuore in mano. La prima lettera dell’apostolo Giovanni che abbiamo ascoltato ce ne dà la spiegazione: Dio è amore, l’amore è da Dio, chi ama è generato da Dio e conosce Dio. Come si manifesta l’amore di Dio? Ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito perché noi avessimo la vita per mezzo di lui, il suo Figlio vittima di espiazione per i nostri peccati. La lettura ci fa comprendere che l’amore di Dio è amore preveniente: non siamo stati noi ad amarlo, ma è lui che prima ha amato noi mandando il suo Figlio. Così l’amore del Padre in Cristo diventa amore susseguente in noi nell’amore reciproco. Nessuno ha visto Dio, afferma l’apostolo, lo si vede nell’amore reciproco dei suoi seguaci se si fanno amare dal Padre accogliendo nella fede il Figlio e facendolo vivere in loro. Dio Padre ci manda Cristo e ci dona lo Spirito per rimanere in lui. L’apostolo ha veduto e attesta che il Padre ha mandato suo Figlio come salvatore del mondo, la permanenza reciproca tra Dio e noi si manifesta nella confessione di fede che Gesù è il Figlio di Dio (cfr 1Gv 4,7-16).

Fratelli e sorelle, cari sacerdoti e padri agostiniani, caro don Giuseppe, studioso appassionato di S. agostino fino alla commozione tanto di averlo come amico e consigliere della tua vita sacerdotale, quanto e che cammino ha dovuto fare il giovane di Tagaste per arrivare alla permanenza d’amore e di fede in Dio Padre con la confessione del Figlio e il dono dello Spirito. Che travaglio umano, spirituale, culturale, intellettivo!  Ecco perché esclama con rammarico amorevole nelle sue Confessioni: “Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato!” (Libro 10,27). Dico rammarico, però nella consapevolezza che, se lui arrivò tardi all’amore, quell’amore bello e antico, nuovo ed eterno che è il Signore l’ho aveva amato e guidato, atteso e abbracciato da sempre.  Come afferma la prima lettera di S. Giovanni, Agostino finalmente conobbe e credette l’amore che Dio ha in noi. Ecco il cuore che stringe e porge dalla sua mano nell’iconografia: Dio è amore.

Dalla vita giovanile spensierata e disordinata, in una società ancora pervasa dal paganesimo, dalla vita urbana con le sue lusinghe e tentazione, ma anche i suoi studi e la sua ricerca filosofica ed estetica, retorica e logica, si pone sinceramente nella via della scelta del senso della vita, deluso dal manicheismo e dal platonismo, con l’aiuto di S. Ambrogio, della madre e di tanti amici cristiani, arriva a Cristo e alla Chiesa cattolica, china la grande mente e il cuore inqueto e trova finalmente la pace. Ma Cristo è venuto a portare il fuoco sulla terra e dalla sua scelta monastica viene subito chiamato nell’agone ecclesiale e del mondo perché quella fiaccola accesa non poteva restare sotto il moggio, allora sacerdote e vescovo, allora teologo e filosofo, predicatore e scrittore, mistico e scienziato, professore e pastore. Ma sempre con il cuore in mano a servizio di Dio amore, di cui aveva sperimentato e sperimentava sempre la dolcezza, la verità, la luce, la salvezza, l’eternità.

Lo comprendiamo dal vangelo di S. Matteo che abbiamo ascoltato. S. Agostino che era rabbi, cioè maestro, e anche padre e guida, lo fece e si consumò in questa missione fino alle soglie in cui con dolore vide la caduta della civitas hominis, ma non il crollo della civitas Dei, lo fece fino in fondo sapendo che uno solo è il maestro il Cristo, uno solo è il Padre quello celeste, una sola è la guida il Cristo. Agostino era il più grande nella Chiesa del suo tempo e nella sequela Christi, fu il più grande perché si fece servo, prima si era esaltato e fu umiliato per grazia divina, poi si umiliò e per grazia fu esaltato (cfr Mt 23,8-12).

Caro mons. Greco, conoscitore, divulgatore e interprete insigne di S. Agostino, e della sua opera e dei suoi insegnamenti, hai chiesto al glorioso Ordine agostiniano di affiliarti spiritualmente alla famiglia agostiniana in questo devoto gesto di oblazione che fai oggi proprio nel giorno in cui tutta la Chiesa ricorda il santo vescovo di Ippona. Vuoi coronare con questo gesto liturgico e spirituale la tua unione al grande Padre della Chiesa e continuare a conoscerlo e amarlo con ulteriori studi del suo pensiero molteplice e mai esaurito nella comprensione della Chiesa e del mondo. Ci uniamo alla tua preghiera e sappiamo con certezza che S. Agostino, qui presente con il suo spirito immortale, in questa celebrazione ti guarda e si compiace di questa scelta nella giovinezza del tuo animo e ti benedice. Tutti preghiamo per te e questi cari Padri e questo popolo radunato nel ricordo del padre Agostino.

Cosa possiamo ancora dire al termine di questa meditazione omiletica. Ci uniamo al salmo 119 che abbiamo pregato e scelto liturgicamente in riferimento alla vita di s. Agostino, e ci sembrano giustamente le parole del santo Vescovo. “Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Osservando la tua parola. Con tutto il cuore ti cerco, non lasciarmi deviare dai tuoi comandi. Ripongo nel cuore la tua promessa per non peccare contro di te. Benedetto sei tu, Signore: insegnami i tuoi decreti. Con le mie labbra ho raccontato tutti i giudizi della tua bocca. Nella via dei tuoi comandamenti è la mia gioia, più che in tutte le ricchezze”. Con Dio è questione di cuore, il suo e il nostro. S. Agostino ce lo raccomanda. Come oggi, le filosofie e le religioni del tempo di Agostino ponevano la questione nella testa, con teorie, e nelle mani, con rituali: Gesù Cristo, il Figlio di Dio pose il suo cuore nel suo. Anche adesso Gesù, bellezza tanto antica e tanto nuova, pone il suo cuore nel nostro. Cor ad cor loquitur. La fede cristiana è questione di cuore.