Omelia Messa Crismale 2021

31-03-2021

Omelia, Messa del Crisma, 31.03.2021

Cari battezzati e cresimati, esorcizzati e segnati con l’olio dei catecumeni e con il crisma divino, cari sacerdoti consacrati inoltre con il profumo del crisma, cari sofferenti e malati, confortati con l’olio degli infermi, pace a voi. Cari cristiani tutti, chiamati così dal Cristo, l’unto, il consacrato, mandato dal Signore: questi santi oli che benediciamo, questo crisma che consacriamo, questa Eucaristia presieduta dal sacerdozio ministeriale a favore del sacerdozio battesimale, sono a causa della potenza della Pasqua del Signore.  Reverendi parroci e canonici, cari diaconi, care suore, cari seminaristi: un saluto al sindaco di Acerenza e al Sindaco di Palazzo.

Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21), afferma Gesù nella sinagoga di Nazaret e si rivolge a noi adesso nella nostra basilica cattedrale. Che cosa si adempie? Si verifica che lo Spirito del Signore, come su di lui e tramite lui, è anche su di noi, per questo ci ha consacrati in lui con l’unzione e ci ha mandato a portare il lieto annunzio, il Vangelo, ai poveri (cfr Lc 4,18). Il cristiano, per l’unzione del battesimo e della cresima, il sacerdote anche per l’unzione dell’ordine, sono consacrati, unti, sono cristi e cristificati, perché, da lui salvati, siano testimoni di Cristo e si affidino a lui nella prova.

L’ascolto e la meditazione della passione di Gesù nei Vangeli, oltre alla duplice lettura annuale nella domenica della passione e nel venerdì santo, deve essere proclamata e meditata molto di più. Poiché tutto nei Vangeli porta al culmine della passione, morte e risurrezione di Gesù, come un antefatto di preparazione. Il cammino evangelico ci conduce al momento culminante del Golgota e del sepolcro vuoto, al Risorto, al “testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra” (Apoc 1,5). Per pregare e seguire il Vangelo della passione e risurrezione di Cristo ci vuole tutta la vita, giorno per giorno.  Nella liturgia ufficiale siamo costretti, direi, a selezionare qualche passo che possa aiutarci a comprendere qualcosa della portata immane del triduo di Cristo, della sua opera dei “tre giorni”: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (Gv 2,19), ha annunciato all’inizio del suo ministero di salvezza.

Uno pensiero, che nella Settimana Santa mi ha sempre accompagnato, è l’atteggiamento e il ruolo dei tre apostoli durante la Cena, prima dell’arresto e della condanna di Gesù.

C’è Giuda, definito da Gesù come “Colui che mette con me la mano nel piatto” (Mc 14,20), colui che ha intenzione di consegnarlo, testualmente così significa il verbo “tradire”, colui che mangia con lui. Ho sempre pensato al cristiano, sacerdote o cristiano laico, che mette la mano nel piatto della cena pasquale di Cristo: l’Altare, la Messa, l’Eucaristia, l’Ostia, il Calice, la Comunione. Mi domando, tremante, come la voce degli Apostoli quella sera, dobbiamo domandarcelo tutti: “Sono forse io?” (Mc 14,19). Quante volte abbiamo messo la mano nel piatto, ossia la patena o la pisside oppure abbiamo ricevuto dal piatto liturgico il suo Corpo e il suo Sangue, quante volte abbiamo mangiato il suo Corpo eucaristico e ci siamo nutriti della sua Parola, e abbiamo tradito, cioè abbiamo consegnato fuori da noi colui che doveva stare dentro di noi. Lo abbiamo consegnato fuori con il peccato, la distrazione, la noncuranza, la superficialità, la disobbedienza, l’indifferenza.

Attenzione alle mani, alle parole, al cuore, all’azione. Siamo a mensa con lui: il Pane dell’altare è talmente sacro che non si può fingere, ingannare, sprecare, buttare, vendere. La mancanza di testimonianza del cristiano, chierico o laico, che pure mangia con il Signore, ogni giorno e ogni domenica, si sta vedendo in questa nostra epoca, ora visitata anche dalla pandemia: tanti sono disorientati da decenni e ammaliati sempre da nuove mode. Il Pastore è percosso e le pecore sono disperse (cfr Mc 14,27).

Il secondo apostolo è Pietro: il capo, la pietra, la roccia. Aveva avuto già tante volte lodi e biasimi da Gesù, aveva imparato ancora poco. In quella sera dell’Ora stabilita, di fronte al dolore di Gesù, si rifiuta goffamente di farsi lavare i piedi, protesta la sua fedeltà fino alla morte, buscandosi la dura realtà rivelatagli da Cristo per il canto del gallo. Sì, avrà il coraggio di tagliare l’orecchio al servo del sommo sacerdote e di seguire il Maestro di soppiatto dopo l’arresto, ma poi vinto dalla paura lo rinnegherà tre volte davanti alle servette, in piazza, e fuggirà pieno di terrore e di pianto. Non vi vediamo anche la nostra parabola? Quante promesse, quanti propositi, quanti facili entusiasmi, e poi nel giro di poco tempo di nuovo il tradimento e il diniego nei confronti del Signore, e solo rimorsi e pianti, pentimenti tardivi. Ma se siamo come Pietro, c’è il momento in cui il Risorto ci domanderà se lo amiamo veramente e noi risponderemo sempre, e piangendo: “Signore tu lo sai che io ti amo, ma ti prego, tu aumenta sempre di più la mia fede” (cfr Gv 21,15; Lc 17,5).

Poi c’è l’apostolo Giovanni, il giovane di età e di cuore, come suo fratello Giacomo, con un carattere “tonante”, ma sincero, leale, fedele: si chinò sul cuore del Maestro, ne sentì la mitezza e l’umiltà. Affaticato e oppresso, trovò ristoro per la sua anima. Un ristoro che tenne custodito per tanti anni. Lo annunciò e ne scrisse nel Vangelo. Anche lui ha paura nel Getsemani e fugge, ma poi si unisce alla madre Maria e al gruppo delle discepole, segue Gesù sulla via del calvario, arriva fin sotto la croce. Forse i giovani, ritenuti inermi, li lasciavano passare. E riceve dal Maestro la Madre e lui, oltre a essere discepolo del Figlio diventa anche figlio della Madre: ambedue sotto la croce, sono la Chiesa che riceve il sangue del Signore e lo offre all’umanità.

Ecco i tre Apostoli del cenacolo prima della passione: chi dei tre vogliamo imitare?

Giuda? il Signore ci scampi! Eppure alcune volte potrebbe capitare, potremmo caderci, potremmo accarezzare di essere tali. Prendere il pasto con Gesù, con Satana nel cuore, e uscire dalla mensa, con la notte nell’anima, per andare a venderlo. Dio! Che tragedia per i tuoi discepoli, chierici e laici. Dio! Che tradimento nella tua Chiesa. Dio, liberaci dal male e dal Maligno. Il tradimento pertinace nei tuoi confronti e la sfiducia nella tua potenza d’amore portano al suicidio. Dio, salva la tua Chiesa.

Essere come Pietro, prima dell’esperienza del Risorto? Lo siamo ogni giorno. Una vita cristiana a volte superficiale, fatta di promesse e poi non mantenute, presi dalla paura e dallo sconforto, o dalla pigrizia o dal dubbio. Sì, terreno compatto, sassoso, spinoso che è il nostro cuore. Chiediamo al Sommo Sacerdote e Vescovo delle nostre anime di rendere fertile e ubertoso il nostro cuore con la pioggia della sua Parola, con i pascoli e i ruscelli dei suoi Sacramenti, con le strade diritte dei suoi Comandamenti, con la rugiada dello Spirito Santo.

Giovanni? Sì, di più, dobbiamo tendere ad essere come Giovanni, con il capo reclinato sul cuore di Cristo per ascoltare, riposare, nutrirci, gioire. In questo gesto c’è il massimo del carisma e dell’azione, stare con lui nel silenzio dell’ascolto o nel silenzio dello sguardo.

In Giuda il sospetto e il rifiuto drammatico: no, non lo vogliamo. In Pietro la decisione e la forza, ma pronti alla prova e anche al pentimento; in Giovanni la gioia della mistica e il cuore del Signore: stiamo con loro. In Giuda il cammino verso la condanna: non lo vogliamo seguire. In Pietro l’impegno fluttuante di questa vita in purificazione: aiutaci, Signore. In Giovanni l’approdo definitivo e sicuro, dopo il viaggio del discepolato: ricordati di noi nel tuo Regno.

“Cristo regni!”, si salutava una volta, e lui regna anche con le vocazioni sacerdotali, diaconali, religiose e missionarie.  Fra i nostri giovani, Alessio, già in seminario da qualche anno, con il discernimento dei formatori ed educatori, insieme a me vescovo e ai sacerdoti interpellati, nonché ai suoi genitori, ha maturato un primo sì, concretizzato nella domanda di essere ammesso fra i candidati al diaconato e al presbiterato. “Curia novit iura”, conosciamo le regole, ossia che in Settimana Santa non si può accogliere la petitio per l’adscriptio. Ma proprio oggi ricorre l’anniversario del battesimo di Alessio. Per questo motivo accogliamo volentieri questa sera la sua petizione: il cammino è ancora lungo, ma Cristo che chiama per la sequela e la missione non farà mancare la sua grazia. La Messa crismale si rivolge a tutta la Chiesa, nata dal fianco di Cristo crocifisso, da cui sgorga la fonte dei Sacramenti, specie il battesimo, la cresima, l’Eucaristia. La vocazione specifica al sacerdozio ministeriale, a servizio del sacerdozio comune, nasce dalla grazia battesimale e dal dono della confermazione, nutrita dall’Eucaristia e purificata dalla Penitenza. E Alessio si presenta come battezzato e confermato, cioè come giovane cristiano, e in quanto tale viene accolto pubblicamente il suo primo sì alla vocazione del Signore, come il giovane Giovanni si stringe al cuore di “Colui che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre… Alfa e Omega” (Apoc 1,6.8). Preghiamo che molti giovani, ragazzi e ragazze, si stringano al cuore di Cristo nella scelta di particolari vocazioni.

Concludiamo canonicamente la Visita Pastorale annunciata nel 2018, preparata e iniziata nel 2019, protratta fino al 2021 per le sospensioni e i continui rinvii, per i noti motivi. Potremmo anche chiamarla una Visita parziale, ma penso densa di frutti, anche se non del tutto evidenti. “Come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa” (Mc 4, 26-27). Ci saranno, a Dio piacendo, tante altre occasioni per gioire e incoraggiare, completare e approfondire, correggere e riformare. Con la collaborazione dei parroci e dei convisitatori, per me Vescovo è stata un’esperienza unica: “Mi ha mandato ad annunciare la buona notizia ai poveri” (cfr Is 61,1; Lc 4.18), proclamano le odierne Scritture. Ringrazio per l’accoglienza squisita e fraterna, nonché filiale e amicale, che ho ricevuto ovunque, da sacerdoti, religiose e fedeli laici, giovani e anziani, uomini e donne, piccoli e grandi. Il Signore ricompensi tutti, a lui solo l’onore e la gloria.

Ma come scrivevo nel messaggio del 25 maggio 2019, se è importante il prima e il durante, è ancora più importante il dopo della Visita Pastorale, che se viene archiviata nei documenti parrocchiali e diocesana, non viene conclusa nell’aumento di fede, speranza e carità. C’è un dopo  che già è un adesso, che attende e non è più prorogabile: accanto alla certezza del Credo, dei Sacramenti, dei Comandamenti e della preghiera al Padre Nostro, c’è la custodia della pietà del popolo per coloro che con frutto spirituale e testimoniale la praticano, ma c’è anche il coraggio di raggiungere con parole e mezzi opportuni la maggioranza di coloro che si dicono fedeli cattolici, con una certa sincerità, ma si mantengono ai margini della comunità per svariati motivi, che dobbiamo intercettare e accogliere, senza dimenticare le fasce giovanili che trovano difficoltà a continuare la pratica di fede e i gruppi di persone che, anche nel nostro popolo, hanno fatto la scelta dell’indifferenza e dell’ateismo, tipica dei nostri tempi, senza dimenticare le ansie esistenziali e le speranze sociali della nostra bella e sofferente terra.

Penso che ancora nella nostra terra lucana si possa fare qualcosa, ci sono ancora molte strade che si possono percorrere, ma strade nuove, strade che Gesù nel Vangelo e gli Apostoli nei loro atti indicano molto precisamente. Sarebbe una gravissima responsabilità dei credenti, chierici e laici, ignorare o dissimulare questo aspetto. Poi c’è la conversione pastorale della Chiesa nella rinnovata missione evangelizzatrice: tocca a noi sacerdoti, ai sacri ministri, ai fedeli laici praticanti, convertirci per convertire gli ambienti più chiusi e difficili, da raggiungere non presentando noi stessi, ma sempre Gesù, via verità e vita, luce del mondo e nostro vero re che regna dalla croce. Via, verità, vita, luce e re, le cinque parole del Vangelo che mi e ci hanno guidato in questi cinque anni. Cinque parole che conducono alla sola persona di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, sommo ed eterno Sacerdote, buon Pastore e Salvatore amabile, che invochiamo, e ci conceda l’unzione del suo Santo Spirito, per intercessione della Vergine Maria e di San Giuseppe, la Famiglia di Nazaret che veramente ebbe in pienezza l’amoris laetitia, cioè il Figlio di Dio.

Benedetto Dio che ha visitato e redento il suo popolo.