Omelia al Santuario di Picciano (MT), 6 maggio 2018, VI Domenica di Pasqua

06-05-2018

Omelia al Santuario di Picciano (MT), 6 maggio 2018, VI Domenica di Pasqua

Reverendissimo Priore e Padri benedettini di questo rinomato monastero, carissimi sacerdoti concelebranti, carissimi fratelli e sorelle, devoti della Madonna di Picciano: il Signore è veramente risorto, alleluia! Siamo qui per annunciarci la Pasqua di Cristo. La S. Vergine Maria ci annuncia la risurrezione del suo Figlio divino. Se la veneriamo in questo Santuario lucano sotto il titolo dell’Annunciazione possiamo aggiungervi anche il titolo della Risurrezione. Nell’icona che visitiamo Maria è raffigurata stupita e gioiosa ricevendo l’annuncio dell’incarnazione e del glorioso parto, la stessa immagine ci suggerisce la sua gioia e il suo stupore all’annuncio della risurrezione di Gesù e della sua vittoria sulle potenze maligne e sulla morte.

Prepariamoci in questa VI domenica di Pasqua alla solennità dell’Ascensione e della Pentecoste: il libro degli Atti degli Apostoli ci riferisce che la Madre di Gesù stava in preghiera con la Chiesa nascente in attesa dello Spirito Santo insieme agli Apostoli, incoraggiando la loro missione, assistendoli nelle prove e nelle persecuzioni, ricordando a tutti il Vangelo del Signore. Invochiamola che continui anche oggi per tutti noi la stessa missione materna premurosa e attenta nei confronti della famiglia di Cristo Risorto: è il titolo di Madre della Chiesa che il nostro caro Pontefice Sua Santità Papa Francesco ha comandato come prossima festa liturgica.

L’odierna lettura degli Atti afferma che “lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola” (Atti 10, 44). Noi adesso siamo nella stessa situazione: ascoltiamo la parola, chiediamo allo Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, di discendere su di noi e arricchirci sempre di più dei suoi santi doni. “Dio non fa preferenze di persone ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia” (Atti 10, 34 ). Anche noi siamo alla liturgia, all’ascolto, all’altare, alla comunione, il Signore ci ama e non fa preferenze, o meglio preferisce chi lo teme e pratica la giustizia, come la Vergine di Nazaret, come i santi che hanno illuminato la Chiesa con la loro fede, speranza e carità. Temiamo anche noi con amore e obbedienza, umiltà e pietà, la Maestà divina e pratichiamo la giustizia. Ma come può accadere?

Nel vangelo di S. Giovanni, letto oggi in tutte le comunità cattoliche, Gesù ci rivela chiaramente che cosa significhi “ temere Dio e praticare la giustizia”, cioè “che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15, 12.17). E’ il suo comandamento, il comandamento nuovo, il comandamento di Gesù prima di salire sulla croce e morire di amore, prima di essere sepolto e risorgere il terzo giorno. E’ il comandamento della Pasqua. Il comando nuovo di Cristo non vuole riferirsi a una imitazione, che per quanto desiderabile e oggetto di tentativo non può essere capacità umana. Amare come Cristo nel Vangelo si intende in maniera causativa: “Come il Padre ha amato me, cosi io ho amato voi. Rimanete nel mio amore” (Gv 15,9). E’ la grazia della SS. Trinità che nel battesimo e negli altri sacramenti si riversa in noi come dono incommensurabile. A noi compete accogliere questo fiume di grazia e di amore che promana dal Padre e tramite il Figlio raggiunge la nostra anima, la nostra persona. A noi, ancora per sua grazia, il permanere in questo amore immenso, qui nel pellegrinaggio terreno fino all’eternità felice. Si tratta sempre di rimanere come tralci nell’unica vite, come pecorelle nell’unico gregge del buon Pastore, come discepoli che toccano le ferite del risorto e, abbracciando i suoi piedi belli di messaggero di lieti annunci, esclamare “Mio Signore e mio Dio!”. Direi che permanere nel suo amore è anche quando, logori e delusi dalle insidie mondane, ritorniamo come il figlio prodigo alla casa del Padre per chiedere perdono fra lacrime di dolore e di gioia e sperimentare un caldo abbraccio che ci consola e ci guarisce: la tenerezza di Dio tanto più grande quanto più immeritata.

Cristo,il Figlio, rimane nell’amore di Dio Padre perche ne osserva il comandamento, cioè dare la vita per noi suoi amici, cosi anche noi rimarremo nell’amore del Cristo se in Lui osserviamo lo stesso comando: dare la nostra vita per gli altri nell’amicizia cristiana. E’ l’amore più grande! Lo afferma l’apostolo Paolo che se anche avessimo tutta la potenza, la ricchezza, la scienza, la sapienza, il martirio e tutti i carismi, ma non avessimo la carità, cioè l’amore di Dio in noi, saremmo un nulla (1Cor 13). L’amore di Dio Padre e di suo Figlio Gesù Cristo, che è lo Spirito Paraclito, provoca in noi la gioia evangelica, che è il coraggio e la fortezza della vita. “La mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” ( Gv 15,11) ), ci dice il Signore nel Vangelo di questa Domenica del tempo di Pasqua. In un mondo che cerca la gioia nelle falsità e nelle illusioni ricavandone solo dipendenza, schiavitù, tristezza e angoscia, a volte tragicamente perfino la morte, Cristo ci offre la sua gioia piena, cioè la salvezza e la pace, la verità e la vita. La gioia cristiana non è il diversivo alienante e la risata continua, la nostra gioia è lui stesso, la persona di Gesù, la sua presenza di Risorto, il suo Corpo e il suo Sangue sull’altare, i nostri fratelli bisognosi da amare.

Nella prima lettera di S. Giovanni apostolo, che oggi abbiamo ascoltato, vi è la lapidaria rivelazione: “Dio è amore, Deus charitas est!” (1Gv 4,8), la rivelazione della identità di Dio. Come sul Sinai si era rivelato a Mosè con il suo nome santo e ineffabile, nome che nell’Antica Alleanza era rimasto come sospeso, adesso nella Nuova Alleanza è rivelato totalmente: “Io-Sono Amore!”. La manifestazione di Dio amore assoluto si è realizzato nel mandare a noi il Figlio unigenito: “ Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10). E il Vangelo odierno riprende: “ Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vo ho costituito perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” ( Gv 15,16 ).

Il mese di maggio in onore di Maria SS.: alcuni pensano in grave errore che la devozione alla Madonna possa togliere qualcosa all’adorazione di Cristo vero Dio e vero uomo, ma non si accorgono che il mese di maggio dedicato tradizionalmente alla venerazione della Santa Vergine riprende l’annuncio pasquale e lo rivaluta. In una società dimentica di Dio e dei misteri di Cristo, che archivia la gioia della Pasqua la sera stessa della festa, il tempo liturgico pasquale che si compie in questo mese trova nell’intercessione e nell’ ispirazione materna di Maria un coronamento efficace e gradito. Maria è la regina degli Apostoli, l’aiuto dei cristiani, il tempio dello Spirito Santo. Solo Lei, immagine della Chiesa, può soccorrere e sostenerci nella fede. Lei è la stella dell’evangelizzazione, la vera amica di Cristo perché umilissima serva della volontà del Padre, la prescelta come “termine fisso d’eterno consiglio” per portare il frutto che rimane per sempre: Gesù Cristo Signore nostro. Maria, la piena di gioia e di santità, ci interceda con la sua onnipotenza supplice di vivere la nostra consacrazione pasquale e battesimale in una testimonianza fedele e autentica.

Madonna di Picciano, benedici questa comunità monastica che si raduna sotto il tuo sguardo, benedici questi tuoi figli che si rifugiano sotto il tuo manto, proteggi questa arcidiocesi di Matera e il suo pastore arcivescovo Antonio Giuseppe e tutta questa amata Regione Basilicata, clero e popolo cristiano. Madre nostra Maria, facci ripetere con te oggi il Vangelo e scolpiscilo nel nostro cuore: “Dio é amore! Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. Madonna di Picciano, Madre del bell’Amore!