Omelia, 6 gennaio 2022

06-01-2022

Omelia, 6 gennaio 2022

Carissimi fratelli e sorelle, caro popolo sinodale, nel vero senso di popolo di Dio in cammino, cari sacerdoti e diaconi, care suore di S. Bernadette, con la madre generale suor Daphrose, cari ragazzi che con generosità oggi offrite doni ai vostri amici poveri sparsi nel mondo tramite le Pontificie Opere Missionarie: condividete i doni che in famiglia avete ricevuto, ricordando i doni che i Magi portarono a Gesù Bambino, vero re, vero uomo, vero Dio.

Epifania: manifestazione della divinità del Gesù, nato a Betlemme. Dice l’apostolo S. Giovanni nel suo vangelo: “Dio, nessuno l’ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato,… perché la grazia e la verità vennero da Gesù Cristo” (Gv 1,17-18). Siamo chiamati a vedere il volto di Dio nel volto del suo Figlio incarnato e nato dalla Vergine Maria, nel volto umano di Gesù, da cui abbiamo ricevuto grazia su grazia.

L’Epifania di questo anno si situa direttamente nei sinodi diocesani che si stanno svolgendo in tutto il mondo cattolico, per volontà di papa Francesco. Nella rivelazione biblica del Natale di Cristo si nota un gran movimento: mandato da Dio, l’angelo si muove per annunciare sia la nascita del precursore Giovanni, sia la nascita del salvatore Gesù. Maria subito si mette in cammino, dalla Galilea alla Giudea, per raggiungere la cugina Elisabetta e portare subito in quella famiglia il Bambino nel suo grembo. Giuseppe e Maria si muovono e partono per Betlemme per censire la famiglia. A Betlemme si mettono in ricerca di un alloggio per il parto orma imminente. I pastori, annunciati dagli angeli, partono e si incamminano verso il luogo indicato e la mangiatoia, dove è adagiato Gesù. Ancora, Giuseppe e Maria con il Bambino si recano a Gerusalemme per farlo entrare nel suo tempio ed essere consacrato al Signore. Ancora, Maria e Giuseppe fuggono in Egitto per un lungo viaggio e lì si trattengono finché non sia passato il pericolo, e di nuovo viaggiano per raggiungere insieme al Bambino la loro residenza a Nazaret. A dodici anni lo accompagnano nella Città santa e, dopo averlo cercato per tre giorni, ritrovano il ragazzo Gesù nel tempio in cui deve occuparsi delle cose del Padre suo.

E’ tutta gente che cammina, in sinodo, sotto la guida del Signore. Si comprende dove voglio arrivare: al sinodo diocesano, ai cammini sinodali di base nelle parrocchie e nelle varie realtà.  Oltre alle proficue sessioni diocesane mensili, ho chiesto ai parroci e agli altri sacerdoti, insieme ai fedeli, di fare cammini sinodale in almeno tre ambiti parrocchiali: anzitutto i vicini, cioè i collaboratori e gli assidui, come nei Vangeli della natività di Cristo vediamo fedeli, che si mettono in sinodo, in ascolto di Dio, accettano di collaborare, di essere corresponsabili, devoti e coinvolti nell’avvento di Cristo: fanno sinodo, cammino insieme per accogliere il mistero del Dio fatto uomo. Poi, nell’esperienza sinodale, ho indicato l’attenzione alle famiglie, dove si ritrovano tutti, come abbiamo appreso dai Vangeli di questi giorni: giovani sposi promessi, matrimoni celebrati, attese e nascite, anziani e giovani, ragazzi e bambini, sofferenti e poveri, disagio ed esilio, violenze dei prepotenti, lavoro e sacrifici, preghiere e speranze. Poi il sinodo con coloro che sono o si sono messi ai margini, come i pastori di Betlemme, che nessuno considerava, oppure i Magi, sapienti pagani, lontani dal popolo eletto, ma che si mettono in sinodo per cercare, dialogare, confrontarsi, trovare. Tutti però con un punto di partenza preciso, un cammino tenace e una meta sicura: Gesù Cristo Emanuele.

Penso e ribadisco: se il cammino sinodale non è così, come ci suggerisce la Parola di Dio, non approderà al rinnovamento che papa Francesco desidera e chiede, che la Chiesa insieme a lui vuole perseguire. Certo da soli sarebbe un’impresa non alla portata della fragile natura umana.  C’è il cammino nello Spirito Santo che viene in aiuto, c’è la stella che è Cristo, ci sono i doni dei Sacramenti, oro, incenso e mirra per il cammino lungo e faticoso, ma bisogna decidersi e non restare inermi nell’accidia di una religiosità ferma e sospettosa, come gli scribi e i dotti di Gerusalemme oppure come nel rifiuto ostinato e crudele di Erode e dei suoi soldati. Tutta Gerusalemme si scompose alla visita inattesa dei Magi, dice il Vangelo odierno, ma non si mise in movimento, in sinodo, cioè non volle accettare la novità, che quei visitatori venuti da lontano domandavano e annunciavano: “Dove è colui che è nato? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”(Mt 2,2). Se lo domandassero a noi oggi, sapremmo rispondere dove è Gesù? Sapremmo indicarlo nel nostro cuore, prima ancora che nelle chiese o presso i sacerdoti, per scaricarci di ogni responsabilità? E’ un punto importante, se cioè oggi sappiamo dove è Gesù. Non sarebbe una domanda banale, proprio no. Anche in questo momento solenne della liturgia dell’Epifania.

Il mistero del cammino sinodale della Chiesa, che papa Francesco ha ordinato come percorso di questi anni, dal basso fino all’alto, sta proprio nella domanda dei Magi, cioè del mondo intero ai cristiani: “Dove è il vostro Re Cristo, dov’è? Abbiamo visto la sua stella, cioè abbiamo saputo qualcosa. Diteci voi adesso come visitarlo e averlo nella vita”. Mi chiedo: la Chiesa oggi, i cristiani, quelli che sono rimasti, sono, siamo in grado di rispondere dove è Cristo? Siamo in grado di mostrarlo e di testimoniarlo al mondo che lo cerca e ce lo chiede, e di fronte a quelli che fanno finta di cercarlo, magari solo per farlo fuori, escluderlo, per rimanere nelle trame tenebrose? “Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio,… da lui sono stati generati” (Gv 1,11-13), ancora ci dice l’apostolo Giovanni.

Tutta questa energia spesa per il cammino sinodale, anche in pieno di continua pandemia, tutte queste parole di confronto e di preghiere, questo viaggio dei magi di oggi, devono produrre un cambiamento, nel senso di più fede, più impegno, più vangelo, più conversione, più annuncio, prima con la vita e poi con le parole. Non possiamo più stare bloccati. Dopo questo tempo di ripensamento e di interrogativi, al più presto dobbiamo prendere in mano la nostra vocazione battesimale e secondo i Sacramenti della missione e della comunione, cioè l’Ordine sacro e il sacro Matrimonio. Ripartire. Altrimenti è la fine, almeno per noi occidentali di antica tradizione cristiana.

Acerenza: una cittadina che viene vantata per dignità, onestà e serietà, ed è vero. Eppure segni preoccupanti si fanno strada. Oltre ai numerosi lutti recenti che hanno colpito molte famiglie, alla continua diminuzione demografica e alla migrazione dei giovani, si registra purtroppo irresponsabilità di alcuni nel contenimento dei contagi e della scarsa precauzione per essi, notizie deprimenti di commercio di droga per rovinare i nostri figli, persone anziane in solitudine e travolte da incidenti mortali, paure e alibi nell’abbandono della pratica e della testimonianza della fede, senza contare la situazione critica generale. Il palazzo di Erode, torvo e malvagio, o la grotta di Gesù Bambino, re della pace?

O santi Magi, ci insegnate a non stare fermi e a convertirci. Avuto l’avviso, siete partiti subito per un viaggio difficoltoso, ma di esito felice. Intercedete per noi affinché ci mettiamo in sinodo sincero e, come voi, arrivare a Cristo, vera luce alle oscurità che ci insidiano, ci bloccano e ci scoraggiano. Cari fratelli e sorelle, preghiamo e pensiamo a tutto questo. Vi assicuro che ci conviene. Ci conviene.