Domenica delle Palme

09-04-2017

Palme 9 aprile 2017

Ecco a te viene il tuo re, mite, seduto su un asina e un puledro”, abbiamo annunciato per le strade della nostra città: è la Domenica delle Palme! Carissimi fratelli e sorelle di Acerenza, cari giovani e ragazzi in questa Giornata Mondiale della Gioventù, rev.mi fratelli sacerdoti, tra cui saluto il parroco della cattedrale, i vicari, il presidente del capitolo e i sacerdoti canonici. Anche noi, come nella Gerusalemme antica , come folla numerosissima, stendiamo il mantello della nostra vita sulla strada di Gesù perche lui è l’unica via, tagliamo rami dagli alberi, rami di ulivo, e salutiamo il Re dei re e il Signore dei signori, perché lui è la verità. Gridiamo di gioia: “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!”.

Afferma l’odierno vangelo di Matteo che tutta la città si poneva una domanda: “Chi è costui?”, e la folla che lo accompagnava rispondeva: “Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea!”. Già dal Vangelo proclamato in piazza abbiamo messaggi eloquenti sulla persona di Gesù: è il Messia figlio di Davide, viene nel Nome del Signore , viene dall’alto dei cieli. Ma non basta, dobbiamo sapere di più su di lui. La prima lettura dal profeta Isaia ci introduce subito nella passione del Servo obbediente: la Domenica delle Palme passa subito da una processione gioiosa all’ascolto della passione dolorosa. Dice il profeta: “ Non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”. Chi è questa persona sofferente e perseguitata di cui si profetizza nell’Antico Testamento? Chi è questo giusto innocente fatto oggetto di tanto disprezzo? E perché lo trattano così? Che cosa ha fatto o detto di tanto grave da meritare la morte?

La lettura della passione e morte di Gesù secondo il vangelo di S. Matteo ci da la risposta precisa. Abbiamo ascoltato in religioso e commosso silenzio. Riprendiamo solo qualche versetto che possa accompagnare la nostra riflessione personale e approfondita: una guida per la nostra Settimana Santa, che oggi si apre in tutto il mondo cattolico. “Il maestro dice: il mio tempo è vicino, farò la mia Pasqua da te con i miei discepoli”. Il Signore si rivolge proprio a noi , a me, a ciascuno. Lui è il Maestro di verità, il tempo del suo sacrificio sulla croce è ormai imminente, è giunta l’ora, desidera fare Pasqua da noi, presso le nostre parrocchie, le nostre famiglie, il nostro cuore.

Vuole fare Pasqua , cioè il suo passaggio, offrendo il suo sangue e salvarci dalla morte; vuole fare Pasqua, cioè immolandosi come agnello senza macchia e senza difetti per sanare la ferita originale e perdonare tutti i nostri peccati; vuole fare Pasqua con noi per donarci la potenza della sua risurrezione e il gran dono dello Spirito Santo; vuole fare Pasqua con noi per adempiere perfettamente la volontà del Padre: “ Padre mio se questo calice non può passare via senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà”, abbiamo ascoltato. Accogliamolo a casa nostra, con i suoi discepoli, ossia tutta la santa Chiesa: egli sta alla porta e bussa, cena con chi gli apre: “Prendete, mangiate, questo è il mio corpo…Bevetene tutti perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati”.

Vieni, o Cristo Dio, vieni a fare Pasqua con noi, qui raccolti in questa basilica cattedrale o nelle comunità parrocchiali di questa amata arcidiocesi. Noi siamo qui in pentimento, contriti e umiliati, davanti alla tua potenza d’amore. Tu dici: “ Alzatevi, andiamo! “, e noi invece, assonnati nella nostra pigrizia spirituale, nel torpore della debolezza e fragilità, nella paralisi dei peccati, nel momento della prova ti abbandoniamo e fuggiamo. Come Pietro ti rinneghiamo dicendo, nella paura di essere coinvolti con te: “Non conosco quell’uomo!”. Oggi ci prostriamo davanti a Cristo per chiedere la sua misericordia: quante volte accarezzando la tentazione di satana, abbiamo esposto la nostra vita al male, abbiamo seguito gli idoli che volta per volta si sono presentato con fascino falso e ingannevole dicendo: “Non conosco quell’uomo, quell’uomo Gesù e vero Dio salvatore”. Abbiamo preferito il Barabba che è dentro di noi a Cristo flagellato che ci offre la libertà e la gioia.

La Settimana Santa, centro dell’anno liturgico, è un tempo di esercizio spirituale, un tempo fondamentale per la vita del cristiano cattolico, un tempo di conversione e di rinnovamento interiore, un tempo di pace e di riconciliazione. “Alzatevi, andiamo”, ci dice il Vangelo di oggi. E anche l’invito della Chiesa a tutti noi discepoli in questa epoca piena di turbamento, violenza, terrorismo, guerra e odio. “Alzatevi, andiamo!”, ci dice Gesù. E’ la trasformazione missionaria della Chiesa per annunciare l’ Evangelii gaudium, la gioia del Vangelo. In fondo, è questo che desidera Sua Santità il papa Francesco: prendere coraggio, alzarsi da una fede troppo comoda e bloccata nell’abitudine e nella mancanza di entusiasmo, camminare lungo le strade e le periferie del mondo e dell’uomo. La gioia del Vangelo di cui si parla, non è cedere al frivolo e alla superficialità, ma significa il coraggio e la forza di vivere gioia e dolore con la grazia del Signore. Egli non ci abbandona mai, cammina con noi e porta la croce con noi.

Alla domanda iniziale “Chi è costui?” risponde il Vangelo odierno con l’esclamazione del centurione sotto il patibolo di Cristo, al momento del terremoto, seguito allo spirare del Signore: “ Davvero costui era Figlio di Dio!”. Anche noi vogliamo riconoscere in Cristo il Figlio di Dio: una professione di fede davanti alla croce che venerdì adoreremo e porteremo per le nostre strade; la professione di fede che giovedì esprimeremo nell’accoglienza del sacro Crisma e dell’istituzione del Sacerdozio e dell’Eucaristia, in cui Cristo si china per lavarci i piedi; la professione di fede nella Veglia pasquale tra sabato e domenica, quando Cristo vince la morte uscendo dal Sepolcro, Re vittorioso per sempre. È il Figlio di Dio che vogliamo nella vita dei nostri giovani e ragazzi a cui questa giornata delle Palme è particolarmente dedicata: a Roma con il Papa, nelle varie diocesi e parrocchie del mondo con i Vescovi e i Presbiteri, i giovani si radunano in preghiera e in adorazione, continuando il cammino di fede e preparandosi alla Giornata Mondiale della Gioventù a Panama, nell’America centrale, nel 2019. Preghiamo per i nostri cari giovani: ieri sera al centro Gala-Tabor, erano più di duecento. Siamo stati nell’amicizia, nell’ascolto del messaggio del Papa presentato da me, siamo stati in adorazione eucaristica. Abbiamo chiesto al Signore che faccia nella loro vita “grandi cose”, come ha fatto nel cuore della giovane di Nazaret, la vergine Maria.

Fratelli, sorelle, portate la palma della pace nelle vostre famiglie, ma non basta il ramo benedetto. Donando reciprocamente la fronda d’ulivo occorre dire all’altro: “Eccomi, fratello mio, sorella mia, ti offro la mia pace, perdonami se ti ho offeso o recato danno, anche io ti perdono volentieri, la pace di Cristo sia con te e con me”. Non solo il dono del ramo d’ulivo, ma quello che significa.

La santa Vergine addolorata, il nostro glorioso patrono S. Canio vescovo e martire, S. Antonio da Padova, i nostri santi diaconi Laviero e Mariano ci guidino e intercedano per noi tutti una Settimana Santa non distratta, ma assidua nell’ascolto e nella preghiera. Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.