Solennità Maria SS Madre di Dio

01-01-2017

Miei cari fratelli e sorelle, carissimi sacerdoti concelebranti, saluto il parroco canonico don Cilla e il presidente del capitolo cattedrale canonico mons. Cardillo; buon anno civile 2017 a tutti voi, nell’ottava del S. Natale di Cristo Dio e nella solennità della sua gloriosa Madre sempre vergine Maria.

La nostra cultura è pervasa profondamente dalla fede cristiana, tanto che anche l’inizio dell’anno civile più festeggiato nel mondo prende spunto da una festività liturgica della Chiesa cattolica: la divina maternità della vergine Maria, la circoncisione di Nostro Signore Gesù Cristo e l’imposizione al divino Bambino del Santo Nome, da parte di S. Giuseppe. Iniziamo l’anno nel nome di Gesù e di Maria, con buona pace di atei, indifferenti, agnostici e non cristiani. Iniziamo invocando lo Spirito Santo, ne abbiamo assoluto bisogno:

Veni, Creator Spiritus, mentes tuorum visita … vieni o Spirito Creatore, riempi il cuore dei tuoi fedeli.

Ancora il nostro stupore si porta al presepe, alla mangiatoia di Betlemme, per guardare il mistero dell’incarnazione, perché di questo si tratta: il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi, il Padre l’ha voluto, lo Spirito l’ha realizzato, il Figlio si è incarnato, Maria ha accettato, Giuseppe l’ha custodito.

Ascoltiamo il Vangelo di Luca, andiamo anche noi fino a Betlemme come i pastori, senza indugio. Mi ha sempre colpito questa espressione evangelica “senza indugio”, in greco “spèusantes”, “frettolosi”. Come quando hai avuto notizia di qualcosa di interessante, di attraente, di unico, e parti in fretta, senza badare ad altro, con il solo desiderio di arrivare al più presto, assaporando con l’immaginazione la novità che attira e che poi supera la stessa aspettativa. Quanta differenza con il tempo attuale: abituato, impigrito, illuso e disilluso, un tempo che non attende più niente, né futuro, né bambini, né Dio, né gioia. Ben ha descritto il papa Benedetto XVI nell’enciclica Spe Salvi, quando faceva notare uno dei vizi capitali più diffusi oggi, l’accidia: non si crede più, non si spera più, non si ama più. L’uomo moderno è bloccato dalla noia che lui stesso ha inventato e in cui egli stesso è caduto prigioniero.

Quei poveri e semplici pastori, terminata la corsa, cosa trovarono di tanto sorprendente? Un tesoro di oro e gioielli? Forse una reggia favolosa? Un corteo di re e regine? Trovarono una famiglia: Maria, Giuseppe e il Bambino. La realtà più bella del mondo, e anche quella di ogni giorno. Una famiglia umile e semplice, venuta da Nazaret per il censimento, che avanti non aveva trovato posto, che si era adattata in fondo, in quelle abitazioni delle famiglie popolari del mediterraneo, fatte di muratura all’ingresso e di grotte all’interno, tra vani per le persone e ricoveri per gli animali domestici. Il Neonato è adagiato nella mangiatoia, il posto più comodo e caldo in quella abitazione del popolo. I pastori vedono il Bambino nella stalla, credono che è il Figlio di Dio come gli angeli hanno loro annunziato, non dubitano di fronte alla scena cosi semplice e usuale, comprendono che Dio ha scelto l’umiltà per venire al mondo, ha scelto loro con Maria e Giuseppe, i suoi poveri, per salvare il mondo, ripartono gioiosi e annunciano a tutti quello che hanno visto nella grotta e udito dagli angeli: “E’ nato per noi il Salvatore, che è Cristo Signore!”.

I poveri pastori di Betlemme diventarono annunciatori di Cristo, evangelizzatori della gloria di Dio. Perché noi dell’era moderna ce ne stiamo cosi ritirati e chiusi, senza entusiasmo religioso, senza ardore di fede? Svegliamoci dal torpore che certa pseudocultura di oggi vuole far calare su di noi. Tutti si stupivano per quello che udivano dai pastori. Invochiamo questo nuovo stupore, questa nuova ricerca di felicità, questo nuovo anelito verso Dio, questa nuova accoglienza di Cristo, questo nuova carità verso il prossimo. Chi ci può aiutare? Chi ci sarà di esempio? Chi potrà pregare per noi questa nuova grazia? Maria, la Madre di Dio, che oggi festeggiamo nel mondo cattolico e in questa cattedrale dedicata fin dall’antichità alla Madonna. Vorremmo avvicinarci a Lei con rispetto e ammirazione, e contemplare come Lei custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore: quali cose? Le cose del suo Bambino, la sua umanità e la sua divinità, la sua misericordia e la sua salvezza. Custodiva e meditava: così dovrebbe essere il nostro tempo liturgico natalizio, la nostra giornata di cristiani, il nuovo anno civile. Custodire e meditare nel cuore, cioè nella vita, nella coscienza, nelle relazioni sociali, la nostra dignità di figli di Dio, l’amore del Signore per noi, la presenza vera e reale di Cristo nel mondo e nella nostra esistenza, la donazione di noi stessi agli altri.

 

Tutti siamo chiamati a generare Cristo. Maria in modo ineffabile nel mistero dell’incarnazione, noi nel modo della grazia sacramentale: nel battesimo Cristo abita in noi e nella confermazione noi lo testimoniamo agli altri con l’impegno coerente della vita. La maternità e la verginità di Maria è la maternità e la verginità della Chiesa: come Maria genera Cristo nella verginità senza concorso d’uomo, cosi la Chiesa dal fonte battesimale genera nuovi figli di Dio senza apporto di capacità umana, ma solo per la grazia e l’amore infinito di Dio in Cristo.

Oggi è l’ottava di Natale, termina l’intera settima liturgica festiva e gioiosa: ci ha accompagnato continuamente il canto del Gloria e del Te Deum.   Perché otto giorni? Perché cosi afferma il Vangelo. Si compirono gli otto giorni prescritti per la circoncisione: non bastava nascere in Israele, nella discendenza di Davide, bisognava inserirsi nell’alleanza di Abramo con il segno nella carne, la circoncisione dei figli maschi, che si celebrava all’ottavo giorno dalla nascita. Quella era l’occasione per imporre il nome da parte del padre, che cosi ne assumeva legalmente e totalmente la paternità. Ecco il nostro caro Giuseppe che obbedisce e prontamente esegue il suo dovere, pronuncia per la prima volta, dopo l’angelo nunziante, il Santo Nome: Jehoshua, Jesus, Gesù, che significa “Jahwèh ci salva”: nel Nome santo l’identità precisa del Bambino!

Grazie, caro S. Giuseppe, basterebbe solo questo per la gratitudine di tutta la Chiesa e del paradiso intero nei tuoi confronti. Hai accolto la Madre del Dio Salvatore nella tua casa e nella tua vita come vera sposa, in un matrimonio consacrato nella castità e nel servizio. Hai accolto nelle tue braccia forti il Dio Piccolino e hai per primo evangelizzato il mondo pronunciando il Nome Santo di Gesù.

Fiorisca sempre sulle nostre labbra il Santo Nome, nella liturgia, nelle preghiere, nella lode, nelle prove, nella carità, nel perdono. Gesù, Gesù, Gesù: come lo ha detto Giuseppe, come lo ha sospirato la Madre Maria, come la rivelato l’arcangelo Gabriele ad ambedue i Santi Sposi.

Concepito nel grembo”, cosi termina il verso del Vangelo odierno. Che bella definizione della divina Persona del Figlio, il Concepito nel grembo. Chiniamo il capo davanti a questo mistero d’amore, che solo noi cristiani abbiamo avuto la grazia di conoscere: il Figlio, concepito eternamente nel grembo del Padre senza una madre, viene concepito qui nel tempo nel grembo della Madre senza un padre. Ammutoliti dinanzi a tanta potenza d’amore, non possiamo fare altro che adorare e gioire, convertirci e amare! E chiedere la pace, la sua pace. In questa 50° giornata mondiale di preghiera per la pace S.S. Papa Francesco, nel consueto messaggio, ci chiede di costruire la pace con la non-violenza, vincere il male con il bene: la famiglia di Nazaret è la maestra di mitezza e di non-violenza, fortezza nella prova, perdono verso i persecutori, rifiuto della vendetta, fiducia nella giustizia di Dio. In famiglia si impara la pace, in famiglia si impara a superare la discordia e il conflitto. In famiglia si impara ad essere famiglia, per sempre. Buon anno civile 2017 a tutti, nel divino Nome di Gesù, nostra vera pace, e nel santo Nome di Maria.