Omelia Veglia pasquale 2021
Cari fratelli e sorelle, cari sacerdoti, cari diaconi, Cristo nostra Pasqua è risorto. Alleluia!
Carissimi fedeli tutti, il Signore è passato dalla morte alla vita e conferma in noi la speranza di partecipare alla sua vittoria sulla morte e di vivere con lui in Dio Padre. Così ha avuto inizio la solenne liturgia pasquale all’accensione del fuoco nuovo. Il Re che era stato beffato e deriso, flagellato e crocifisso, l’Agnello mansueto condotto al macello, il Servo sofferente che ha gridato al Padre tutto il suo amore fiducioso e, non rifiutando il calice, ha fatto la volontà del Padre, è vivo e vivente per sempre.
Ha compiuto tutto ciò che era stato prefigurato nell’attesa dei secoli. Per l’uomo e la donna creati a immagine e somiglianza di Dio, custodi di tutto il creato, “Egli ha pagato il debito di Adamo e con il suo sangue sparso per la nostra salvezza ha cancellato la condanna della colpa antica”. A termine del sabato in cui il Signore ha riposato nella terra ed è disceso agli inferi, il riposo divino nel settimo giorno, egli si è svegliato per continuare l’opera della salvezza e della pace, come sposo che esce dal talamo.
Dopo il peccato di origine, dilagato su tutta la terra, e i peccati di continua infedeltà, ha chiamato Abramo, nostro padre nella fede, e con il sacrificio di Isacco, l’unico figlio, salvato dalla morte, Dio prefigurò di lontano il sacrificio del suo Figlio unico e amatissimo, che non fu risparmiato. “Questa è la vera Pasqua in cui è ucciso il vero Agnello e con il suo sangue consacra le case dei fedeli”, tutto profetizzato nella liberazione dalla schiavitù d’Egitto e la salvezza attraverso il mare Rosso prosciugato per il passaggio all’ alleanza del Sinai con il dono dei dieci comandi. Infatti abbiamo cantato: “Questa è la notte in cui hai liberato i figli di Israele, nostri padri, dalla schiavitù dell’Egitto e li hai fatti passare illesi attraverso il mare Rosso”. I profeti, voce di Dio, hanno ridestato l’attesa e la fedeltà al popolo eletto, ai re, ai sacerdoti e ai sapienti. Veramente felice quell’errore e quella colpa originale che, pur nella nostra oscurità di dolore e di morte, adesso invece “ci ha procurato di avere un così grande Redentore!”.
L’Exsultet, l’inno dell’esultanza, che abbiamo cantato, riprende i momenti salienti della storia della salvezza, come sono descritti nel testo sacro: la notte splende come il giorno ed è fonte di luce per la nostra gioia. Il cero che splende nel buio della notte, simbolo della gloria di Cristo risorto, ricorda la colonna dell’Esodo che guidò il popolo alla libertà e impedì ai nemici di schiavizzarlo e di distruggerlo. E’ Cristo che con la sua luce di vita e di vittoria ci guida alla salvezza, il Re è risorto, può continuare a servire nell’umiltà e nella potenza l’umanità tramite i suoi discepoli, la Chiesa, per i secoli: “Non abbiate paura… Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mc 16,6; Mt 28,20). E con noi con la sua parola di salvezza, è con noi nella liturgia e nei sacramenti, con noi sempre nella luce della sua volontà e nei comandamenti, con noi con il dono dello Spirito Santo, con noi con la santa Vergine Maria, con noi sempre con la preghiera sincera, con noi nel fratello e nella sorella che incontriamo e non dobbiamo mai ignorare nella necessità e nel bisogno.
“La luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo”, ancora si canta nell’inno dell’Exsultet. Siamo nell’anno diocesano dedicato a Cristo, Re di mitezza e di umiltà, che ristora la nostra stanchezza ed oppressione. E ci uniamo al canto: “Gioisca la madre Chiesa splendente della gloria del suo Signore”. La liturgia della Veglia pasquale ripercorre il cammino dei catecumeni, cioè dei nuovi battezzati, che nel mondo cristiano, stanotte ricevono il battesimo, il lavacro di rigenerazione nel sangue e nella risurrezione del Signore a gloria dell’indivisa Trinità. Infatti la celebrazione trova il suo culmine nella liturgia dell’acqua vivificata dallo Spirito e nel banchetto dell’Eucaristia, dopo i tre giorni di silenzio. Aleggia su di noi il rammarico e la tristezza di non poter donare figli al grembo della Chiesa per la loro rinascita in Cristo: non abbiamo bambini da battezzare, non abbiamo catecumeni da rigenerare e confermare per ammetterli alla Cena del Risorto. Pensiamoci, fratelli e sorelle nell’unico battesimo: se dalle famiglie non vengono al fonte i figli da salvare nella fede per la vita eterna, non c’è molta speranza né per l’umanità e neppure per la Chiesa. Dona, o Cristo vivo, alle famiglie la fertilità dell’amore e alla Chiesa la fecondità della salvezza.
Carissimi, non c’è bisogno di domandarci su chi ci farà rotolare la pietra dall’ingresso del sepolcro, come le donne che di buon mattino si recarono al sepolcro. Con loro, basta alzare lo sguardo, cioè alzare gli occhi, svegliarsi dal torpore e dalla rassegnazione, per vedere che la pietra pesante e massiccia è già stata rotolata via. E’ Pasqua. Entriamo anche noi nel sepolcro vuoto e ascoltiamo la voce giovane e nuova, il bianco richiamo del Signore, vinciamo la paura e l’indolenza che ci paralizza, usciamo ed annunciamo con gli angeli: “Gesù Nazareno, il Crocifisso, è risorto, non è più nel sepolcro” (cfr Mc 16,1-7).
In questa solennità di Cristo, luce e vita, vorrei offrire questa preghiera per me e per voi, per la nostra cara cittadina di Acerenza qui rappresentata a nome di tutti gli abitanti dal signor Sindaco, per tutta la nostra amata Arcidiocesi: affidiamoci sinceramente a Gesù il Signore, non rimarremo delusi, possiamo starne sicuri. Buona Pasqua allora, la sua e la nostra Pasqua. Accanto a noi e in noi, è vivo!