Omelia, Solennità dell’Assunta, Cattedrale, 15.08.21

15-08-2021

Omelia, Solennità dell’Assunta, cattedrale, 15.08.21

Carissimi fratelli e sorelle, cari sacerdoti canonici concelebranti, care Suore, spettabili autorità civiche della nostra Città cattedrale, pace e gioia a tutti. E’ la solennità della Santa Vergine Maria, Madre di Cristo Dio, assunta in cielo in anime e corpo, titolare della basilica cattedrale e della parrocchia. Una festa antichissima che sostituì le feriae Augusti, il “ferragosto” pagano dell’impero romano, in nome di un altro impero, quello di Cristo, basato non sulla violenza e la guerra, ma sulla potenza della croce, cioè sull’umiltà e la pace. La Madonna ha partecipato fin dall’inizio della sua vita al trionfo di Cristo suo Figlio. Concepita immacolata, senza peccato originale, tutta santa, cioè senza peccati personali, vera socia del Redentore, una spada le trafisse l’anima sotto la croce, e ha condiviso la sua resurrezione quando, dopo la morte serena o dormitio, amata e venerata dagli Apostoli come loro affettuosa Madre, fu assunta dal sepolcro in anima e corpo dal suo Figlio, e portata in braccio nella gloria di Dio, degli angeli e dei santi.

Afferma l’apostolo Paolo che quelli che amano Dio e sono stati chiamati secondo il suo disegno, e predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio, li ha chiamati, li ha giustificati e li ha anche glorificati (cfr Rm 8, 28-30). Maria è la prima dei glorificati, in tutta la sua persona, anima e corpo. Dal cielo ci assiste sempre come Madre premurosa della Chiesa e di tutta l’umanità. Sale l’Arca del Signore al posto per lei preparato e siede la Regina alla destra di Cristo Re, ma resta vicina ad ogni fedele, ad ogni povero e umile in spirito, a ogni sofferente e scartato, in una società egoista e disperata secondo cui in essa dovrebbero vivere solo i cosiddetti belli, i gradevoli, i sani, i funzionali, gli efficienti, i produttivi e i consumatori.

La fede cristiana, la fede che ci raccoglie con Maria e i Santi attorno a Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è una fede di vita, di salvezza e di gioia, una fede di coraggio e di eternità. Infatti in buon numero di fedeli cattolici di Acerenza, l’altra sera, ci siamo collegati sui social per dimostrare la nostra contrarietà alle proposte di morte, per sé o per gli altri: l’ennesimo tentativo di legalizzare la morte, come se ce ne fosse bisogno di più, dopo tutto il male e l’odio che ci circonda, tanto che la stessa natura si contorce tra epidemie e nuovi contagi, incendi e siccità, alluvioni e terremoti, e i terrorismi e le dittature dilagano per il mondo. Noi vogliamo vivere, perché siamo uomini e donne dotati di ragione e sentimento. Noi vogliamo vivere perché Dio ci ha creati per la vita terrena ed eterna. Noi vogliamo vivere perché Gesù è morto una volta per tutti, è risorto e vive in eterno e ci ha donato la vita piena e totale. Noi vogliamo vivere perché la Madonna è assunta in cielo, cioè viva e ci vuole vivi nella dignità umana e nella vita in Cristo. Noi vogliamo vivere in una Chiesa libera e coraggiosa e in una società sana, felice, forte, laica, cioè libera di pensare, di credere e di vivere.

La fede cristiana e la religiosità conseguente è la visione di una vita bella, piena di mistero e di donazione di sé, ricca di audacia e di pensiero, che accoglie anche il dolore e la prova, confidando nelle possibilità umane e nei doni divini. Una vita che crede alla risurrezione di Cristo, all’assunzione della Vergine, all’eternità felice con Dio, anche dopo la morte fisica, le malattie e impedimenti che possono precederla. Con quale coraggio noi potremmo avvicinarci ai nostri malati, sofferenti, anziani, disabili, se noi fossimo d’accordo con la cosiddetta “dolce morte”, l’eutanasia. Che coraggio della vita noi potremmo insegnare ai nostri figli, ragazzi e giovani, che si aspettano da noi l’esempio adulto della fortezza di fronte alle difficoltà e l’esempio anche del nostro sacrificio. Che generazione potremmo educare se facciamo intendere che non è vero il matrimonio tra uomo e donna, che la vita concepita in grembo può essere soppressa, che un sofferente può essere suicidato o invitato a suicidarsi, che un forestiero, migrante o profugo, può essere ignorato, che un anziano o disabile può essere lasciato morire. Noi al contrario, se siamo uomini e creature predilette di Dio, dobbiamo insegnare e praticare l’amore disinteressato, la cura più attenta, la scienza medica più evoluta e disponibile per tutti, i ritrovati tecnoscientifici più adatti per alleviare le ferite dell’umanità e circondare di affetto e di fede il fratello o la sorella in grave difficoltà, vicini o lontani che siano.

La Pasqua d’estate, il 15 agosto: la festa solenne della Madonna, portata in paradiso dal Figlio suo risorto, ci insegna tutto questo. Il suo corpo mortale già si è vestito di immortalità e la morte è stata ingoiata nella vittoria. Perché dunque ancora vogliamo e cerchiamo il pungiglione della morte che è il peccato? Il Figlio maschio, la discendenza della Donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi, ha schiacciato il drago rosso e annientato l’ultimo nemico che è la morte, come abbiamo ascoltato nelle letture bibliche.  Altrimenti a che servirebbero le nostre liturgie cristiane, la celebrazione dei Sacramenti, le nostre preghiere, i nostri usi processionali e festivi, le nostre cattedrali, le diocesi e le parrocchie, la nostra identità. Se Cristo non fosse risuscitato e la vergine Maria, a nome di tutta la Chiesa, non avesse avuto già in se stessa la vita nuova e la vittoria del Signore, vana sarebbe la nostra la fede.

Maria, Donna coronata da dodici stelle, corona che è la Chiesa,  dispiega la potenza del braccio del Signore che  disperde i superbi nei pensieri del loro cuore, rovescia i potenti dai loro troni e rimanda i ricchi a mani vuote, ma innalza gli umili, come te,  ricolma di beni gli affamati e si ricorda per sempre della sua misericordia per quelli che lo temono: come te, come te, Maria.