Omelia per l’apertura della Visita Pastorale, Cattedrale, 31 agosto 2019.
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, cari e venerati fratelli presbiteri, tra cui i miei vicari, i canonici capitolari, i parroci e gli amministratori parrocchiali, i coordinatori di unità zonale e direttori di uffici diocesani, gli ufficiali di curia e decani del clero per anzianità, gli assistenti di aggregazioni laicali e i sacerdoti studenti. Un saluto al diacono, alle religiose e consacrate, ai cari seminaristi e ministranti. Illustri autorità di Acerenza, tra cui il sindaco, il capitano e il comandante dei carabinieri e della polizia municipale, stimate autorità culturali e sociali della cittadina.
Vorrei rivolgere il mio saluto in particolare ai consultori e consiglieri diocesani, chierici e laici, ai consiglieri parrocchiali e ai collaboratori pastorali, ai responsabili di aggregazioni cattoliche laicali e ai membri di rappresentanza, grazie per la vostra collaborazione nella Diocesi, nelle parrocchie e nei vari ambiti dell’azione della Chiesa: so che state pregando e attendendo con gioia, insieme ai parroci, il turno della Visita nelle vostre comunità parrocchiali. Ne sono lieto e commosso: fate pregare gli ammalati e gli anziani poiché la loro preghiera, impreziosita con la pazienza cristiana nelle prove e nelle difficolta, sarà più ascoltata dal Signore buon Pastore, che offre la vita per il suo gregge. Fate pregare i bambini e i ragazzi per il buon esito della Visita Pastorale: con la loro spontaneità e innocenza sono più ascoltati da Cristo che ha detto: “Lasciate che i bambini vengano a me…a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio” (Mc 10,1). Pregate insieme ai giovani perché Christus vivit, Cristo vive e vuole che anche noi siamo vivi. Pregate insieme ai poveri, perché nell’assetato e nell’affamato, come in ogni bisognoso, c’è Gesù che attende la nostra mano e il nostro cuore. E tutti pregate nella S. Messa in ascolto della Parola e nella Comunione eucaristica, perché il Signore ha rivelato e stabilito nel cenacolo, sulla croce e nell’alba della risurrezione: “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue, mangiate e bevetene, fate questo in memoria di me” (cfr Mt 26,26-28; Mc 14, 22-24; Lc 22, 19-20). Preghiamo nella confessione dei peccati e nel sacramento della Penitenza poiché il Medico divino ha detto e stabilito che non è venuto per i sani, ma per i malati. Il simbolo della Visita è la piccola immagine di Cristo che nel cenacolo mostra il Pane di vita, come è raffigurato qui in cattedrale nella cappella del SS. Sacramento, con volto mite e misericordioso, e mentre dice: “/o sono la via, la verità e la vita…lo sono la luce del mondo” (Gv 14,6; 8,12).
Si, la Visita Pastorale, afferma il Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, “E” un
evento di grazia che riflette in qualche misura quella specialissima visita con la quale il ‘supremo. Pastore’ (1Pt 5,4) e ‘guardiano delle nostre anime’ (cf. 1Pt 2,25) Gesù Cristo, ha visitato eredento il suo popolo (cf. Lc 1,68)”, e anche noi quindi ripetiamo con il Vangelo, specie l’inno del Benedictus, ed esclamiamo nella preghiera e nel canto, dai monti, ai colli, ai piani della nostra antica e gloriosa Arcidiocesi: Benedetto il Signore Dio che ha visitato e redento il suo popolo!
Verrò nelle comunità per annunciare che il Signore ha suscitato per noi un Salvatore potente, cioè Gesù Cristo. Verrò a confermare che ciò che aveva detto per bocca dei suoi santi profeti si è realizzato in Cristo; che Gesù è l’unica salvezza dai nostri nemici, Satana e i suoi angeli maligni, e dalle mani di quanti ci odiano, tutti coloro cioè che collaborano con il male e avversano l’Agnello immolato. Verrò ad assicurare che Dio onnipotente ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, rendendola definitiva, nuova ed eterna nel sacrificio del Figlio sulla croce. Verrò a chiedere di servirlo senza timore in santità e giustizia per tutti i nostri
giorni, secondo i suoi comandamenti, che sono la nostra libertà. Verrò a incoraggiarvi perché possiamo essere sempre di più profeti dell’Altissimo per andare dinanzi al Signore a preparargli le strade: la testimonianza cristiana senza paure e senza finzioni. Verrò a spronarvi per iniziare di nuovo a dare al popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei peccati: l’evangelizzazione permanente del kèrygma, cioè l’annuncio sempre e in ogni dove che Cristo è risorto e vive nella sua Chiesa. Verrò a ricordare che per la tenerezza e misericordia del nostro Dio un sole è sorto ed è venuto a visitarci dall’alto: il Figlio eterno, nato nel tempo dalla Vergine Maria. Verrò per spingervi a donare speranza a quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte, cioè i fratelli che nel peccato e nella lontananza dal Signore Gesù hanno solo tristezza e disperazione. Verrò per camminare insieme e dirigere i nostri passi sulla via della pace, la via di Cristo, via crucis et via lucis. Infatti non verrò io, io sarò solo un segno e uno strumento, un ministro e un inviato. E’ venuto, viene e verrà Lui, Cristo buon Pastore. Benedetto il Signore Dio che ha visitato e redento il suo popolo.
Ricordando la missione pastorale del vescovo san Canio, abbiamo ascoltato il brano di Isaia (cfr Is 61,1-3): come il profeta sente che lo Spirito del Signore Dio è su di lui, cosi anche noi siamo sicuri, in quanto battezzati e cresimati, che lo stesso Spirito è su di noi, sulla mia missione episcopale, ma anche sulla missione presbiterale, come su quella religiosa e laicale. Dal brano di Isaia apprendiamo che la Visita Pastorale sarà esemplare per portare il lieto annunzio ai miseri, non solo in quei pochi giorni, ma per lasciare traccia duratura nelle comunità. Ma chi sono i miseri? Sono i poveri nello spirito, cioè i servi del Signore che, sia nelle ristrettezze della vita, sia nei desideri del cuore, si affidano e confidano totalmente nel Signore. La Visita sarà per fasciare i cuori spezzati: quanti fratelli e sorelle hanno questa situazione interiore! Penso agli afflitti, ai sofferenti, ai malati, ai provati nella vita, ai giovani e ai ragazzi affranti da situazioni familiari difficili o da ambienti violenti o da un futuro incerto. | nostri giovani figli: visitiamoli sempre, accompagniamoli sempre, stiamo loro accanto. La Visita sarà per proclamare la libertà agli schiavi, non solo a chi vive nelle catene di una esistenza drammatica, ma anche a chi vive nella schiavitù del vizio e del peccato, della lontananza da Dio e nella indifferenza religiosa. La Visita sarà per scarcerare i prigionieri, cioè per proclamare la nostra fede e la nostra libertà di figli, e quindi contro la prigionia dell’ingiustizia e dello sfruttamento, del rifiuto e dell’emarginazione, la prigionia dello scarto e degli scartati, come si esprime papa Francesco, con un termine che ben accomuna il disprezzo della vita umana dal concepimento e al passaggio all’eternità, scarto che poi si riflette nel disprezzo del creato e nella bestemmia contro il Creatore. L’anno della Visita sia per promulgare l’anno della grazia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio, vendetta nei confronti del Maligno e delle sue insidie, consolazione per tutti gli afflitti della nostra Sion, cioè la nostra cara Chiesa diocesana. Ma questa non potrà essere opera nostra, questa sarà opera di Cristo, perché la profezia di Isaia parla di Lui e del suo Spirito Paraclito. Noi stasera possiamo e dobbiamo solo invocarlo con grande ardore e ferma fiducia.
Quanto a me, vescovo di questa comunità diocesana di Acerenza, come fu per S. Canio dall’Africa all’Italia, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura è una necessità che mi si impone: annunciare il Vangelo. Guai a me se non annuncio il Vangelo! Un incarico che mi è stato affidato, secondo l’espressione di S. Paolo (cfr 1Cor 9,16-23). L’ho sempre fatto, da giovane laico, da seminarista, da diacono, da presbitero e adesso da vescovo, e me ne sono pentito tutte le volte che non ne sono stato all’altezza. Mi piace annunciare il Vangelo, ecco perché insisto, in ogni occasione e al cospetto di tutti. Piace predicarlo prima a me stesso, per ricordarmi che non sono superiore alla Parola, anzi sono sotto il Vangelo di Cristo, come nel rito di ordinazione episcopale quando il libro della Scrittura mi fu posto e imposto sul capo. Non voglio perdere occasione per comunicare la parola di Dio nelle omelie e nelle catechesi, nella liturgia e nelle opere caritative. Voglio che anche nelle parrocchie, nei gruppi catechistici, nell’evangelizzazione, nelle opere di solidarietà, tutto si faccia con e per il Vangelo di Cristo. Facciamoci servi pur essendo liberi da tutti, nel battesimo e nella fede cristiana, facciamoci dunque servi di tutti per guadagnarne il maggior numero, come si esprime S. Paolo nel brano che abbiamo ascoltato. E ancora più sorprendentemente dice l’Apostolo: “Mi sono fatto debole con i deboli per guadagnare i deboli, mi sono fatto tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno” (1Cor 9,22) ««Qualcuno! Qualcuno, l’Apostolo delle genti intese viaggiare per tutto il mondo allora conosciuto per guadagnare almeno qualcuno alla causa di Cristo. Affrontò sacrifici, pericoli e morte se non per un maggior numero, almeno per qualcuno: la Visita Pastorale quindi, dopo aver fatto tutto quel che dobbiamo fare per volontà del Signore e della Chiesa, occorre svolgerla anche se fosse solo per qualcuno. Che insegnamento per la missionarietà e la completa abnegazione nelle nostre comunità. Forza fratelli sacerdoti, forza fratelli e sorelle laici, forza sorelle consacrate, forza genitori e famiglie, forza giovani e ragazzi, tutto mettiamo in opera senza stanchezze e calcoli, tutto, anche se fosse solo per qualcuno. Perché il Figlio di Dio sarebbe venuto sulla terra, a morire sulla croce, anche per uno solo di noi. Benedetto il Signore Dio che ha visitato e redento il suo popolo.
- Canio, il vescovo martire. Si, si tratta di croce. Abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca (cfr Lc 9, 22-26). Se vogliamo andare dietro di Lui dobbiamo rinnegare quella parte di noi stessi, ed è tanta, che gli si oppone. Dobbiamo prendere la nostra croce ogni giorno e seguirlo. Il suo giogo è dolce, il suo carico è leggero. Lo porta Lui al nostro posto. Se noi vogliamo salvare al nostra vita, lontano dalla sua Parola e dal suo nuovo comandamento, se noi vogliamo fare della nostra vita solo un godimento egoistico, sfrenato, violento e insensato, questa vita non varrà niente e la perderemo come pula che il vento disperde. Se questa vita invece la doneremo a Lui e con Lui nell’amore di Dio e del prossimo, sarà salvata, santa ed eterna, perché Lui è risorto e vive nell’eternità. La Visita Pastorale sarà esperienza di vita donata a Lui, Cristo buon Pastore, una croce bella da portare, per me vescovo, per i sacerdoti, per le comunità, perché solo attraverso il giudizio della croce e della martyria si può fare discernimento e decisione.
Quando il 3 agosto 1985 a Castelluccio fui ordinato presbitero, sapevo bene di abbracciare una croce bella per il Signore, così, quando il 20 agosto a Tursi fui consacrato vescovo, avevo ben chiaro di prendere una croce bella da portare dietro a Cristo, quando il 3 settembre arrivai alle antiche mura di Acerenza e varcai la soglia della maestosa Cattedrale, ero cosciente di riprendere ancora la croce bella della totale rinuncia a se stessi per salvare la propria vita dietro al Signore. Miei cari, portiamola insieme questa croce bella di Cristo, non indietreggiamo, non vergogniamoci di Cristo e della sua parola davanti a un mondo perverso che ci vuole dalla sua parte, di questa o quella fazione: noi siamo di Cristo e del suo Vangelo, uno solo è il nostro Maestro, il Cristo, uno solo è il nostro Padre, quello Celeste. Altrimenti, quando il Figlio dell’uomo verrà, nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi, si vergognerà di noi.
L’anno della Visita Pastorale si caratterizzerà come l’anno della fede, del Lumen fidei, della luce della fede, e del Credo del popolo di Dio. La fede cattolica che abbiamo da annunciare e da catechizzare, secondo la riflessione del mio primo biennio episcopale, in questo secondo biennio si sta considerando nella Liturgia e nei Sacramenti: /ex orandi, lex credendi. L’istituzione nel ministero dell’accolitato del giovane lettore Alberto Lardiello, della parrocchia di S. Nicola in Tolve, ci vuole ricordare proprio questo: la celebrazione della fede nella liturgia, la centralità dell’altare nel sacro edificio, la necessità dell’Eucaristia. Il servizio liturgico ufficiale nel ministero laicale di accolito di questo giovane seminarista, che diventa anche ministro straordinario della comunione, sia nelle assemblee eucaristiche, sia per gli ammalati, e che da stasera inizia una nuova esperienza pastorale qui nelle due parrocchie di Acerenza con il parroco, ci ricorderà l’importanza del decoro liturgico, del Tabernacolo, custodia del SS. Sacramento, dell’adorazione del Corpo del Signore, della comunione frequente, della premura verso i sofferenti. Ancor di più esercitando questo ministero istituito, ci ricorderà che tutti siamo al servizio del Cristo crocifisso e risorto, sommo eterno Sacerdote, e che solo Lui è la via, la verità e la vita.
Cari fratelli e sorelle, convenuti in pellegrinaggio alla nostra Acerenza e alla nostra basilica cattedrale, dedicata alla santa Vergine Maria, assunta in cielo in anima e corpo, pellegrini a questo sacrario dei martiri Canio vescovo e Mariano e Laviero diaconi, insieme a voi e per tutto quest’anno della Visita, implorando l’intercessione della Madre di Dio e di tutti i Santi, voglio acclamare da un capo all’altro della nostra amata Arcidiocesi: Benedetto il Signore Dio che ha visitato e redento il suo popolo!