Omelia Messa Crismale 2019
Carissimi fratelli e sorelle nel sacerdozio battesimale, profetico e regale, reverendissimi e carissimi fratelli nel sacerdozio ministeriale e nel sacramento dell’Ordine sacro, vi saluto con affetto paterno e fraterno dal profondo del cuore. Tra di voi a degna rappresentanza saluto il vicario generale e parroco della parrocchia della cattedrale mons. Baccelliere e il presidente del capitolo cattedrale mons. Cardillo con i canonici, i presbiteri consiglieri e consultori, ma non dimentico parimenti i più cari tra di noi, i fratelli sacerdoti anziani che non possono essere con noi per motivi di salute, ossia l’arcivescovo emerito mons. Scandiffio, i canonici mons. Greco, mons. Lettini, don Forenza, don Cafarelli, don Calabrese. Nel nostro grato ricordo e nelle preghiere di suffragio il canonico don Antonio Giganti, durante quest’anno chiamato dal Signore alla liturgia celeste. “Cristo ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre” (cfr Apoc 1, 5-6). Saluto le religiose e gli altri fedeli nella vita consacrata, nell’offerta di voi stessi e nella professione dei voti nei tre consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, vivete più radicalmente la consacrazione battesimale di ogni seguace di Cristo. Un pensiero particolare ai nostri cari giovani seminaristi: perseverate nella vocazione e nel discernimento con l’aiuto dei formatori e degli educatori del Seminario, nonché l’aiuto della stessa nostra Diocesi. E non dimentico voi, cari fedeli sposi che nel sacramento del matrimonio vi siete consacrati come coniugi in Cristo Signore per vivere nella famiglia e con i figli la consacrazione battesimale.
“Lo Spirito del Signore è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione” (Is 6,1; Lc 4,18), così la parola del profeta Isaia e così Gesù la realizza nella sinagoga di Nazaret. Al battesimo ricevemmo dal presbitero l’unzione con l’olio dei catecumeni per sfuggire alla presa di Satana e il crisma del sacerdozio comune, alla confermazione ricevemmo dal vescovo l’imposizione della mano sul capo e il crisma sacramentale sulla fronte nella pienezza dello Spirito Santo. Cari ragazzi e giovani battezzati che vi preparate sia alla prima Eucaristia e Confessione sacramentale, sia alla Confermazione, ricordiamoci tutti, anche noi adulti, che siamo consacrati, cioè appartenenti al Signore e inseriti nella vita amorosa della SS. Trinità. Ricordiamolo sempre noi cristiani adulti, nell’impegno di una vita coerente con il Vangelo e nelle scelte quotidiane, in una società sempre di più dimentica di Dio e del suo Cristo, volutamente o distrattamente.
Noi diciamo “Padre nostro” non soltanto come sue creature, come nel sentimento religioso dell’umanità, noi diciamo “Padre nostro” perché figli nel Figlio Gesù. Fratelli di Cristo nella redenzione pasquale, siamo diventati in Lui figli adottivi del Padre. Noi lo chiamiamo Padre, lo Spirito grida in noi “Abbà, Padre”, perché siamo battezzati e cresimati, riconciliati nel suo Sangue e nutriti dal Corpo del Signore. Nella lingua greca del Nuovo Testamento “Cristo” significa consacrato, unto e mandato, nell’unzione dei sacramenti noi siamo inseriti nella sua consacrazione per essere degni figli del Padre e possiamo agire da discepoli fedeli nella missione della vita matrimoniale familiare e nella missione della vita sacerdotale e diaconale di ministri ordinati. Anche nel dolore e nella malattia noi consacrati abbiamo la grazia di ricevere l’Unzione degli infermi affinché il medico celeste si chini sulle nostre ferite, si prenda cura di noi e ci sollevi portandoci fra le sue braccia fino a luogo sicuro.
Nell’unzione dello Spirito, con i tre sacri oli, noi siamo pronti a santificare il nome del Padre, ad affrettare la venuta del suo Regno, a fare con la sua grazia la sua santa Volontà, come Gesù ci ha insegnato a chiedere senza ipocrisia e senza sprecare parole come i pagani. Entriamo nella nostra camera interiore, chiudiamo la porta dei nostri pensieri, raccogliamoci nel segreto del nostro cuore, e il Padre nostro, che vede nel segreto e sa di quali cose abbiamo bisogno prima ancora che gliele chiediamo, ci ricompenserà con il suo amore.
Ed ora mi rivolgo a voi, cari fratelli sacerdoti presbiteri in questa solenne Messa del Crisma. Il giorno dell’ordinazione il vescovo ci unse le mani con il Crisma: le nostre mani non sono nostre, sono consacrate al Signore. Non sono profane, sono unte nello Spirito Santo: anzi io vescovo non solo le mani, ma ho avuto l’unzione crismale anche sul capo, per la maggiore responsabilità nel servizio apostolico e nel pensiero tutto dedito a Dio. Le nostre mani profumano di crisma, non sono più nostre. Sono mani che si elevano a Dio nella preghiera liturgica sette volte al giorno. Sono mani che toccano le Sacre Scritture per l’ascolto, la meditazione e l’annuncio; mani che si posano sulle offerte del pane e del vino per l’epiclesi e per la transustanziazione del pane nel Corpo e del vino nel Sangue del Signore; mani che si congiungono umilmente e con gli altri fedeli si innalzano accompagnando le labbra e il cuore a pregare “Padre nostro che sei nei cieli”; mani che mostrano l’Agnello di Dio al suo popolo radunato per l’Eucaristia; mani che amministrano il Pane disceso dal cielo. Sono mani che assolvono il penitente e benedicono persone e cose. Sono mani che si aprono continuamente all’aiuto caritativo e al saluto d’amicizia, all’affetto paterno verso gli altri fratelli nella fede. Sono mani che danno conforto agli ammalati a nome di Cristo e coraggio ai dubbiosi e disperati nella vita difficile e violenta del mondo contemporaneo. Le nostre mani non sono nostre, sono di Dio per aprirle ai fratelli. Mai un sacerdote consacrato deve riappropriarsi delle sue mani, nell’egoismo e nella superbia, nella tentazione di prendere e di non donare, di manipolare gli altri e di non servirli, di chiudere la porta e di non aprirla. Mai i sacerdoti usino le mani per accumulare e non per condividere, tenerle chiuse e non per aprirle nel dono, tenerle pigre e non per pregare e celebrare i divini misteri: peggio, Dio ci scampi, se usate e abusate per i sette vizi capitali e non santamente per le sette virtù cardinali e teologali. Le mani del sacerdote non sono più sue, appartengono a Cristo che, come nella sinagoga di Nazaret, con le sue mani sante e venerabili apre il rotolo della Scrittura e annuncia: “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21).
Miei cari presbiteri, reverendi parroci e amministratori parrocchiali, reverende religiose, cari fedeli laici, vi ringrazio sentitamente per l’accoglienza riservatami durante le stationes quaresimali, parrocchia per parrocchia. Una grande simpatia per ascoltare la mia catechesi spirituale e popolare sulla preghiera del Signore, il Pater Noster, ma vi ringrazio anche la pazienza usatami nel vivere uno speciale ritiro prolungato con me, sacerdoti e popolo radunato. Abbiamo glorificato insieme, per quel poco che possiamo, il Padre nostro che è nei cieli, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione. Abbiamo compreso un po’ di più che la preghiera che il suo Figlio Gesù ci ha insegnato non è un’altra formula, ma è la forma della preghiera, il programma di vita del cristiano, chierico o laico che sia, il suo essere autentico discepolo e testimone, una preghiera che non soltanto dobbiamo dire, ma ancor di più realizzare nella pratica: abbiamo compreso di più che tutta la Chiesa è il gran movimento del Padre Nostro, fondato dal Cristo suo Figlio e guidato nei secoli in tutto il mondo dallo Spirito Santo, che prega in noi con gemiti inesprimibili.
Durante queste visite e soste quaresimali nelle parrocchie, preludio alla stagione della Visita Pastorale 2019-2020, mi sono trattenuto con la maggior parte dei fratelli presbiteri per ascoltare le loro proposte e la loro opinione, con gli altri continuerò nel tempo pasquale. Specialmente sono stato felice di ascoltare alcuni consigli sulla mia missione episcopale e su aspetti della mia persona che forse mi sfuggono, una gradita correzione fraterna per me come passo penitenziale della Quaresima verso la Pasqua: grazie per la vostra sincerità e delicatezza nei miei confronti, sono onorato di avervi come collaboratori nell’Ordine sacro e nella missione pastorale a servizio di Cristo e della Chiesa. Vi bacio ancora le mani consacrate, come nel primo giorno della vostra ordinazione. Il Padre celeste vi doni sempre grazia e salute perché con le vostre sacre mani possiate indicare ai fratelli e alle sorelle in Cristo la professione della fede, la celebrazione dei divini misteri nella liturgia, la via dei comandamenti e della carità, la gioia della preghiera e della spiritualità, perché, secondo il cammino diocesano di quest’anno liturgico e pastorale, “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Sia lode a Cristo, il Messia, l’Unto, il Consacrato, unico, sommo, eterno Sacerdote