Omelia (meditazione) venerdì santo 29 marzo 2024

29-03-2024

Omelia (meditazione) venerdì santo 29 marzo 2024

Miei carissimi fedeli, ci troviamo nel venerdì di Cristo, i battezzati, a cui è richiesto ufficialmente, fanno penitenza pubblica di digiuno e di astinenza, per ben più grandi rinunce a vizi e peccati. In questo giorno della Croce digiuniamo con quelli che soffrono fame e terrore nelle guerre d’Europa, del mondo e specialmente in Terra Santa fra Israeliani e Palestinesi: il nostro sguardo si volge al Golgota, dove l’Amore immenso ci ha salvato e ci ha battezzato nella pace. Il Battesimo è il principio, da cui dobbiamo vivere la nostra iniziazione continua.

Siamo stati battezzati nel suo Sangue che, come un torrente di grazia, è sgorgato dalle sue ferite di amore per noi, dal suo Cuore trafitto, dal suo capo coronato di spine e dal volto schiaffeggiato e sputato. Quel Sangue che la SS. Madre Maria ha raccolto nel dolore di una spada che le trapassava l’anima e lo ha consegnato alla Chiesa per perpetua memoria. Quel Sangue che l’apostolo Giovanni ha visto e contemplato nell’innalzamento sulla Croce che era, nella rivelazione, già trionfo e risurrezione. Anche noi, battezzati e cresimati, che nell’Eucaristia comunichiamo a quel Sangue fluito dal quel Corpo e dal quel Cuore di Cristo, convertiamoci e amiamo il nostro Redentore, il Salvatore, il Signore: solo Lui, non ci sono altri.

Come dire a voi una parola dopo l’ascolto attento e commosso della passione del Signore? Ho un desiderio. Papa Francesco, domenica scorsa, in piazza S. Pietro, dolorante e stanco, affranto dalle notizie atroci di guerre e terrorismi, è rimasto in silenzio. L’omelia, comunque preparata, è stata diramata lo stesso. In questo nostro Venerdì Santo vorrei riprendere il pensiero del Papa e dargli voce, per noi qui nella cattedrale di Acerenza, dinanzi alla Santa Croce.

Ha scritto il Papa nell’omelia non letta: Gesù nel Getsemani vive nella mente e nel cuore un condensato della Passione. Il Vangelo rivela che Gesù sudò sangue e la sua anima diventò triste fino alla morte. Non ci sono più folle, non ci sono più discepoli, d’ora in poi sarà maltrattato e lasciato solo. L’amico Giuda lo tradisce con un bacio, Pietro, così ardimentoso, scappa per la paura, tutti lo abbandonano. Scrive il Papa che “in quella solitudine, deluso da tutti, si apre nel cuore di Gesù un abisso di dolore”, un peso insopportabile tanto da cadere a terra. Chiede al Padre di essere liberato, sente gravare un senso di fallimento di fronte all’ostinazione dell’uomo e della sua incostanza, sente quasi la vanità di tutto quel dolore e quel sacrificio.

Afferma il Vangelo che Gesù entrò nella lotta, nell’agonia, sentì paura e angoscia, turbamento e isolamento. Perché? Si domanda papa Francesco. “Per condividere fino in fondo la nostra condizione umana, salvarci, non lasciandoci più soli, ma venendo a riscattarci proprio lì, dove eravamo sprofondati”. Gesù è entrato totalmente nei nostri Getsemani di dolore, di malattia, di timore, di ansia, di morte, di sudore di sangue, per non lasciarci soli. Scrive il Papa: “Egli ci indica la via perché i nostri Getsemani diventino giardini di risurrezione”. Nel senso che si affida al Padre nella preghiera di abbandono, e chiede agli apostoli, che ha portato con sé nel Getsemani, di pregare. Chiede a noi di pregare nei momenti più bui perché il Padre conceda più luce.

Papa Francesco scrive ancora, nell’omelia stampata per la scorsa Domenica di passione, che nell’abbandono della preghiera fiduciosa alla volontà del Padre, e non nella nostra, ci sono due tentazioni: il sonno e la spada. Il sonno: alla richiesta di Gesù di vegliare, i discepoli dormono, chiudono gli occhi davanti al Maestro che soffre, davanti al male che si accanisce su di lui. Come non vedere anche certi nostri atteggiamenti di “omissione, distanza e indifferenza” di fronte al male nel mondo, o a noi vicino: una sonnolenza dell’anima, afferma il Papa, che si chiude alla vigilanza della preghiera e alla partecipazione alla sofferenza dei fratelli. Se non si prega vegliando, prima si dorme e poi si fugge.

La seconda tentazione, che si vede nel Getsemani di Gesù, è la spada. Gesù viene arrestato e catturato con spade e bastoni, ma anche uno dei suoi, proprio Pietro, estrae una spada e colpisce. Tanto amore predicato e vissuto da Gesù sembra d’un colpo svanire: alla violenza la violenza, alla guerra la guerra. Gesù continua anche nel momento drammatico a proporre la forza della preghiera e della mitezza. Come suona, in questo Venerdì Santo di sangue, di terrore, di bombe, di morte degli innocenti, anche proprio nella terra di Gesù o in Europa fra i cristiani, il grido di Cristo: “Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno”, e lo stiamo vedendo, ahinoi, tutti i giorni sotto i nostri occhi! Il sonno e la fuga, la rabbia e l’ira, non sono le vie di Gesù, afferma il nostro caro Papa.

E conclude: Vegliate e pregate, state attenti e affidatevi a Dio, penitenza e compassione. Viviamo in un tempo spietato, preghiamo non per placare il nostro Dio, che è amore, ma per placare il nostro “io”, in questo tempo spietato.