24/25 dicembre 2016. Omelia nel Natale del Signore. Cattedrale di Acerenza.
Carissimi fratelli e sorelle, cari figli, reverendissimi sacerdoti don Pierpaolo parroco e mons. Antonio Cardillo presidente del Capitolo, rev.mi altri presbiteri don Giordano, don Samuel, can. don Marcello, Illustre signor Sindaco e altre autorità amministrative, culturali, associative, di sicurezza sociale, amatissimo popolo cristiano della città di Acerenza, cari rappresentanti delle parrocchie diocesane e convenuti da altre comunità: è il mio primo Natale da vescovo per voi, ma è il mio Natale di sempre e da cristiano con voi, volendo parafrasare un celebre pensiero di S. Agostino.
Come abbiamo ascoltato dalla proclamazione del Vangelo secondo Luca, anche a noi in questa placida notte di veglia si presenta l’angelo del Signore e la gloria del Signore ci avvolge di luce. Quella gloria inaccessibile, che dimorava nel tempio, avvolse i poveri pastori, perché con l’incarnazione del Verbo di Dio, il suo Figlio benedetto, ormai la gloria di Dio sarebbe stato l’uomo vivente. Stupiti e commossi anche noi siamo accorsi in questa splendida basilica cattedrale e fra le pietre eleganti dell’antico sacro edificio risuona la voce angelica: “Vi annuncio una grande gioia, è nato per voi il Salvatore Cristo Signore”. Il lieto annuncio, l’Evangelo, la notizia che, da Adamo ed Eva, si attendeva per tutta la terra e tra tutti popoli: la visita, l’avvento di Dio, ma tanto nuovo e strabiliante, superiore ad ogni attesa, ancora superiore a tutte gli usi e le dottrine delle religioni, ancor più sorprendente delle divine profezie d’Israele che pur come fiaccola avevano illuminato il cammino nella notte, più grande dell’orizzonte intravisto da Abramo e da Mosè. Dio stesso si fa uomo nella Persona divina del Figlio, lo vuole Dio Padre, lo realizza Dio Spirito Santo, lo accoglie nel suo grembo la Vergine Maria, lo custodisce con obbedienza lo sposo Giuseppe.
Questo è l’annuncio, di cui la Chiesa oggi deve riprendere di nuovo l’espressione, il proclama, la proposta, l’esperienza, la testimonianza. La società odierna è occupata da una miriade di annunci e pubblicità, di ordine politico, ideologico, culturale, commerciale, economico, esistenziale; la globalità e l’intreccio di differenti impostazioni vitali tra popoli e nazioni rende la giornata sempre fibrillata da mille e mille vicende locali e mondiali, per cui la persona quasi si sente frastornata e confusa, tanto da diventare indifferente e reagisce con la chiusura nel proprio egoismo; le guerre, le violenze, i terrorismi, ormai all’ordine del giorno, hanno causato una tale delusione e un tale pessimismo negli animi che a stento si riesce a governare il quotidiano, senza sperare nulla dal futuro.
Tutto ciò getta nello sconforto le nostre famiglie, specie nella nostra cara Basilicata, e i nostri giovani crescono senza attendere nulla. In questa scena della nostra epoca noi credenti in Cristo siamo ancor di più invitati all’annuncio di gioia, al Vangelo della gioia, all’ Evangelii gaudium, come ci esorta Sua Santità Papa Francesco.
Vi annuncio una grande gioia: è nato il Signore Gesù. Non è apparso in una nuvola celeste, non è una ispirazione di un uomo religioso e pio, non è la dottrina di un asceta penitente, non è un angelo disceso dal cielo, non è un mito della notte dei tempi, non è un invenzione dell’uomo: è Lui stesso onnipotente, amore infinito, creatore dell’universo, essere perfettissimo, che prende la nostra natura umana, si fa vedere, toccare, ascoltare, diventa compagnia di viaggio, amico delle nostre fatiche, salvatore della nostra anima, premio della nostra giustizia. Ecco perché l’annuncio è di gioia, come abbiamo scelto per il nostro cammino diocesano, perché finalmente Dio è con noi, l’Emmanuele, e neppure la morte ci fa paura, anzi diventa sorella, perché ormai c’è Lui accanto a noi per sempre, per l’eternità.
E’ nato, dunque è uomo, è Bambino, la Vergine ha partorito, lo ha dato alla luce, lo ha avvolto in fasce, lo ha deposto in una mangiatoia, che in latino si dice “presepe”. Non nel palazzo di Erode, non nella Roma degli imperatori, non negli archivi dei dottori del tempio, non in una romantica scenografia, ma nella grotta di pastori, tra la dura paglia e il caldo fiato delle bestie domestiche, tra il canto dell’ umile santa fanciulla Maria e lo sguardo vigile e commosso di Giuseppe. Questa è la regalità di Dio, che ha tutto l’universo ai suoi piedi, ma ci dimostra che la vera potenza è l’umiltà e la fede, la semplicità e la docilità alla sua volontà.
Stanotte Acerenza è la nostra Betlemme, le nostre famiglie sono il Natale, la nostra cattedrale è la Natività, con la dolcezza della Parola di Dio e la splendida grazia dell’Eucaristia. Qui troviamo il Bambino avvolto in fasce, non soltanto nella pia e francescana rappresentazione del presepe o nella bellezza delle sculture e dei dipinti della pietà secolare, ma nell’ascolto della Scrittura, nella bellezza del Sacramento, nella intimità della preghiera, nella solennità della liturgia, nell’amore reciproco, nell’accoglienza del fratello che bussa alla nostra porta. In questa Betlemme, in questa notte stellata, Cristo si rivela come la nostra unica Via, ci illumina come l’unica Verità, ci fa risorgere come nostra unica Vita.
“Un popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce… Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia…per noi è nato un Bambino, ci hai dato un figlio…che si chiama Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace”, ci dice nella prima lettura il profeta Isaia. Sui monti del re pastore Davide, vengono chiamati in pellegrinaggio i pastori, derisi ed emarginati, per adorare il vero Pastore della Chiesa e dell’umanità, dei poveri e dei perseguitati, il vero Signore di giustizia e di equità, di misericordia e di perdono. Con i nostri cori e con i nostri canti uniamoci, fratelli, all’esercito celeste degli angeli ed esclamiamo anche noi in questa notte santa: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”.
Si, Gesù Bambino, nostro salvatore, è la gloria di Dio discesa dall’alto dei cieli, cioè dalla sede divina eterna e inaccessibile; si, Gesù bambino è la pace in terra, perché Dio Amore si è fatto carne ed è venuto ad abitare fra noi e per noi. E’ la pace per gli uomini che egli ama, ma anche per gli uomini di buona volontà, come si traduceva una volta. Il Signore ama i suoi fedeli, quelli che confidano totalmente in lui come Maria e Giuseppe, ma ama anche quelli che sono sinceri e si pentono e si mettono in cammino per la sua via, per cercare e raggiungere la vera felicità, quelli che hanno la buona volontà di partire e seguire Cristo come i semplici pastori e gli abitanti di Betlemme.
Miei cari fratelli e sorelle, miei stimati sacerdoti, cari bambini e giovani, care famiglie, cari sposi, facciamo nostra preghiera la parola dell’apostolo Paolo a Tito, annunciata in questa liturgia della notte santa: o Dio donaci la tua grazia e porta la salvezza a tutti gli uomini, insegnaci a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. A lui sia lode e gloria. Come ci dice il nostro caro Papa Francesco: buon Natale cristiano, buon Natale cristiano a tutti.
+Francesco, arcivescovo