Omelia, Corpus Domini, 14 giugno 2020, Acerenza e Pietragalla.
Carissimi fratelli e sorelle, caro parroco e sacerdoti concelebranti, un saluto a tutti voi battezzati e cresimati che avete come nutrimento assolutamente necessario il SS. Corpo e Sangue di Cristo per la vita e la testimonianza di fede.
Qualcuno potrebbe dire perché una festa del Corpus Domini, se ad ogni Messa è festa del Corpo di Cristo, ad ogni consacrazione, ad ogni comunione, ad ogni adorazione, come anche ad ogni opera di carità e amore che compiamo nella forza del Battesimo e con il Pane che viene dal cielo. In effetti nel primo millennio della Chiesa non si ebbe questa esigenza poiché, a parte le controversie sulla identità e divinità di Cristo, non si avevano dubbi sulla realtà dell’Eucaristia. Fu più tardi che filosofi e teologi iniziarono a dubitare della presenza reale di Cristo nel sacramento dell’altare, non riuscivano a spiegarselo pur avendone il desiderio, non erano sicuri nella loro fede: i dubbi e le domande presto diventarono anche eresie ed errori dottrinali.
Il Papa e i vescovi, insieme a teologi valenti come il nostro S. Tommaso d’Aquino e tra i tanti anche il caro S. Antonio da Padova, fronteggiarono questo nuovo assalto alla verità dell’Eucaristia e, approfondendo a livello della S. Scrittura, dei santi Padri e del pensiero teologico genuino, affermarono con forza che, come ha detto e stabilito Gesù, nella Messa, alla consacrazione, il pane diventa realmente e sostanzialmente il Corpo di Cristo e il vino veramente il Sangue di Cristo.
Molti miracoli eucaristici nel frattempo si verificarono ovunque, dando sostegno alla ricerca teologica, che tra l’altro era appoggiata da tanti cristiani santi e dalla viva fede del popolo. La prima festa e la prima processione si fece a Liegi in Belgio, quel Belgio che ora ha perduto quasi del tutto la fede cristiana, e poi, approvata dal Papa, diventò nei secoli l’unica più solenne, obbligatoria e amatissima, processione esterna della Chiesa cattolica. E questo in modo che fosse affermata per sempre la verità e la devozione verso il Santissimo, sia per chi pratica e segue, sia per chi non pratica e anche avversa il Sacramento, sia per chi non ne vede il significato e la realtà. Da quei tempi di controversia, ma anche di sincero interrogativo, si è passati, purtroppo, oggi all’indifferenza e all’ignoranza verso il gran dono di Cristo: anche la noncuranza, ritenendolo incomprensibile e inutile alla vita dell’uomo, irridendo a volte anche i credenti che hanno ferma fede in Lui presente e vivo nel mistero dell’Eucaristia.
Quest’anno, dopo secoli, la processione esterna non abbiamo potuto allestirla a causa dei rigori che ci impone la restrizione sanitaria causata dall’epidemia, come anche celebrazioni all’aperto o altre forme esterne per onorare e adorare il Sacramento risultano difficili. Ciò non toglie però che l’augustissima e verissima Presenza non si possa contemplare e amare anche in diverse maniere, accentuando l’adorazione continua e tanti momenti che la fede dei cattolici ha organizzato nelle comunità e nelle parrocchie. Io stesso durante la quarantena sanitaria, e ancor più durante la Quaresima e il tempo di Pasqua mi sono soffermato molte ore davanti all’Ostia santa, esposta nell’ostensorio. Ho ritenuto che quello fosse il miglior modo per stare vicino ai sofferenti, alle comunità, ai sacerdoti, il miglior modo per continuare in altra forma anche la Visita Pastorale, cioè affidare tutti e ciascuno al Signore Gesù realmente e veramente presente in corpo, sangue, anima e divinità nel sacramento eucaristico.
Nella prima lettura, dal libro del Deuteronomio, abbiamo ascoltato il discorso di Mosè al popolo d’Israele sull’esperienza del cammino nel deserto, per quaranta anni, prima di entrare nella terra promessa. “Per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore” (Deut 8, 2-3). Mi sembra, fratelli miei, che questo passo risuona quest’anno in modo particolare per noi. Il Signore ha permesso il cammino del deserto dell’isolamento e del distanziamento, anche della sospensione della Messa comunitaria, della comunione eucaristica, della liturgia con il popolo, per alcuni mesi, e tuttora nelle cautele, per metterci alla prova, per sapere cosa abbiamo nel cuore. Se cioè amiamo veramente e crediamo veramente in lui o se seguiamo solo riti e usi, ma il nostro cuore è lontano da lui, se cioè lo lodiamo a parole, ma la nostra vita segue altre strade e altre convinzioni.
Abbiamo avuto il pane del nutrimento materiale, ma non la sua Parola, non la sua Manna mistica, non totalmente la sua Chiesa nostra famiglia. Ci ha permesso la prova per farci comprendere che l’uomo ha bisogno di ogni parola che esce dalla sua bocca, altrimenti è perduto. Così il vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato nella rivelazione che Cristo fa di sé dopo la moltiplicazione dei pani. Lui è il pane vivo disceso dal cielo, il pane che dà la vita eterna, la sua carne per la vita del mondo. Occorre mangiare la sua carne, vero cibo, e bere il suo sangue, vera bevanda, per avere la vera vita in noi, per avere la risurrezione nell’ultimo giorno, per avere la comunione, ossia quel rimanere lui in noi e noi in lui. Con l’Eucaristia si entra nella vita della Trinità, poiché il Figlio vive per il Padre e chi lo mangia vive per il Figlio, cosicché tramite il Figlio ha accesso alla vita stessa del Padre. La manna nascosta del deserto d’Israele, che non avevano conosciuto, adesso si rivela pienamente, quella era una preparazione, adesso c’è la realizzazione: è Cristo, il suo Corpo santo, il suo Sangue prezioso, il suo dono totale, la sua Pasqua perfetta (cfr Gv 6, 51-58).
Da cristiano ho sempre sentito un’attrazione particolare verso l’Eucaristia santa, da sacerdote, presbitero o vescovo, ho sempre tentato in ogni modo di approfondire la mia conoscenza teologica e spirituale del mistero eucaristico e non ho perduto occasione per proporre, annunciare, celebrare, spiegare a tutti gli altri fedeli la bellezza dell’Eucaristia, della Messa, della Domenica, della presenza di Cristo vivo e vero. Ho sempre avuto però la consapevolezza che io stesso ancora devo fare molto cammino per conoscere la Manna definitiva che è Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, crocifisso e risorto, presente nel pane e nel vino eucaristico, e che ancora non sono riuscito completamente a evangelizzare il Pane vivo disceso dal cielo rivolgendomi ai fratelli e alle sorelle che ho incontrato. Ci vuole lo Spirito Santo, che ci aiuti e ci ricordi il mistero dell’altare, da soli non possiamo arrivarci, sia noi sacerdoti, sia tutto il popolo cristiano e cattolico. Certo, noi cattolici ci onoriamo, insieme ai fratelli detti ortodossi, di conservare la vera fede nelle parole di Gesù nell’ultima cena, sulla croce e nella sua risurrezione. Ma ci vuole il dono perenne della Pentecoste, solo l’azione del Paraclito ci convince, poiché gli occhi vedono pane sulla mensa e vino nel calice, ma lo Spirito Santo ci dona la fede sicura che non è più pane e non è più vino, ma il Corpo e il Sangue del Signore, da ricevere, adorare e testimoniare con la vita: Eucaristia nella celebrazione liturgica e vita eucaristica nella testimonianza quotidiana.
Lo indica S. Paolo, nel brano della prima lettera ai Corinzi: una comunità fervente e numerosa, ma agitata da divisioni, gelosie, discordie. L’Apostolo ricorda loro che se si entra in comunione con il Sangue di Cristo tramite il calice della benedizione e con il Corpo di Cristo tramite il pane eucaristico spezzato, come possono i battezzati non essere in comunione, riconciliazione e pace tra di loro? Sulla mensa mistica c’è un unico pane santo, Cristo, per cui i suoi che partecipano all’unico pane, suo Corpo, pur essendo molti, devono essere un solo corpo (cfr 1Cor 10,16-17). Sì, fratelli e sorelle, cari sacerdoti, l’Eucaristia per noi diventa una vocazione all’unità e alla comunione, diventa una missione di amore e di concordia tra di noi e con ogni uomo. Se noi viviamo di conflitti e contese, senza perdono e accoglienza, noi separiamo la Chiesa dal Corpo di Cristo, noi divorziamo da Cristo Eucaristia, mettiamo una barriera tra noi e l’altare nel tradimento e nel peccato, che provocano scandalo in chi non conosce Cristo e spezza il nostro legame vitale con lui.
Miei cari, l’Eucaristia è il tesoro più grande che abbiamo. Tutte le chiese e i monumenti religiosi che abbiamo costruito, con ricchezza di arte e di storia, tutto l’abbiamo fatto per indicare il centro, cioè l’altare e il tabernacolo, cioè dove Cristo rinnova la sua passione e dove il il suo Corpo santissimo resta con noi per donare fortezza agli ammalati e per offrirsi all’adorazione della nostra anima, a pregustare la dolcezza e la gioia del Paradiso. Ricordiamo le sue parole, mentre salì al cielo: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). In tanti modi resta con noi, specie con coloro che lo amano e lo cercano con cuore sincero, ma la sua presenza sostanziale nell’Eucaristia è il massimo del suo amore e della sua grazia.
Non ci fu santo, noto o ignoto, che lo diventò se non, come battezzato e cresimato, nutrendosi assiduamente e umilmente dell’Ostia pura, cioè della vittima immacolata sull’altare della croce. O Sacramento della nostra continua giovinezza e sacramento particolare dei giovani! Giunge proprio in questi giorni la notizia della beatificazione di un ragazzo italiano, Carlo Acutis, che fece della sua vita di bambino e di adolescente un solo amore per Cristo presente nell’Eucaristia, che lui definiva “la mia autostrada per il cielo”, ed è arrivato subito, prima di noi a solo 16 anni, dopo una leucemia che durò appena tre giorni: Cristo lo volle subito a sé perché era troppo il suo amore per il Pane disceso dal cielo, per la Manna nascosta piena di dolcezza, e lo volle saziare subito per l’eternità. Carlo era tanto e tutto di Cristo eucaristico che fece di tutto per farlo conoscere. Lui, ragazzo cristiano di questi tempi, esperto della comunicazione telematica, approfittò della rete internet per annunciare che chi mangia la carne e beve il Sangue di Cristo ha la vita eterna.
E adesso ci rivolgiamo alla Vergine Maria, lei che conosce perfettamente che cosa significhi essere in comunione con Cristo, lei che lo ha concepito nel suo grembo per opera dello Spirito Santo e per volontà dell’eterno Padre, lei che è rimasta in comunione con lui sempre e adesso è accanto a lui nella gloria dei cieli, a lei ci rivolgiamo chiedendo la sua intercessione per amare, ricevere, adorare, rispettare, testimoniare di più il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore. Come lei, come lei, con il suo Cuore immacolato verso il Cuore eucaristico e sacratissimo del suo Figlio, Pane vivo disceso dal cielo.