Prima riflessione per la Quaresima dell’Arcivescovo Mons. Francesco Sirufo
Le pietre, il pane e la Parola
Carissimi, vi saluto con vero affetto e cristiana comunione.
Dal Mercoledì delle Ceneri è iniziata per noi cristiani cattolici il tempo favorevole della santa Quaresima, che resta a maggior ragione tempo della salvezza, anche e specialmente in questo particolare e grave frangente. Molti descrivono questi mesi come il “tempo del coronavirus”, noi dobbiamo andare oltre. Se questa temibile epidemia trova la Chiesa pronta a far il proprio dovere sul fronte sanitario e sociale, a noi è richiesto un cammino e una risposta molto più profonda e impegnativa.
La cenere che abbiamo cosparso sul capo quest’anno non è stato soltanto un rito liturgico evocativo, ma si sta rivelando un’efficace profezia; il “convèrtiti e credi al vangelo”, che il sacerdote in quel momento ci ha detto, non era solo la citazione di un versetto evangelico, ma una chiara rivelazione; l’espressione liturgica e biblica “polvere sei e polvere diventerai” che abbiamo sentita, oltre a un monito morale, si sta concretizzando in una situazione esistenziale e attuale, nella fragilità e debolezza umana, nonostante il progresso delle conoscenze scientifiche e tecniche, che sono un dono divino che non dobbiamo deprezzare e boicottare.
La tecnoscienza tanto avanzata sta fronteggiando l’emergenza, ma non basta, e deve fare i conti con l’imponderabile e con il limite. I grandi interrogativi dell’umanità si affacciano al nostro animo e alla mente in maniera preponderante e inarrestabile. L’uomo è tenuto sempre a cercare e a dare delle risposte di senso e di orientamento, non gli basta sapere come si presenta il virus, come si propaga e quali precauzioni o come si può curare l’ammalato e a che punto siamo con la statistica e le previsioni: anche questo. Ma le domande dell’uomo sono anche altre. Perché è così? Perché proprio adesso? Perché a me o perché ad un altro? Perché in tutto il mondo, anche vicino casa, e non sempre altrove, presso i soliti popoli poveri e indigenti? Perché le malattie, l’anzianità così fragile? Perché la vita e perché la morte? E che c’è dopo? Il nulla? qualcosa o Qualcuno? Emerge imperiosamente un nome dimenticato o emarginato: Dio, il Signore… Cristo suo Figlio. Allora viene in mente che esiste la preghiera, il silenzio, la sua Parola, i Sacramenti che non possiamo ricevere per lungo tempo, la Messa pubblica che non c’è più e per settimane, le chiese aperte ma da evitare per pericolo di affollamento… Che Quaresima è? per quale Pasqua quest’anno?
Carissimi, le risposte ci sono e sono tutte lì: nella Parola di Dio che comunque accompagna i nostri passi come lampada e luce sul nostro cammino. Stiamo vivendo le tre tentazioni di cui abbiamo ascoltato l’annuncio nella prima Domenica quaresimale.
Per adesso vorrei meditare con voi la prima. Quella delle pietre che potrebbero diventare pane, e Gesù che ci annuncia: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. E’ ora sospeso il pane della vita frenetica, delle giornate immerse nel frastuono cittadino, delle relazioni innumerevoli banali e fugaci, del divertimento continuo come un interminabile carnevale, delle distrazioni e delle evasioni, dello stile di una dolce vita senza doveri e senza impegno: questo pane adesso è sospeso. Ci ritroviamo nel deserto, soli con noi stessi o al massimo con le persone di famiglia, con cui ci si vedeva poche volte al giorno tra cellulari, televisione e social. Adesso, per settimane, resta la nostra coscienza e la parola di Dio.
Dio ha permesso il segnale dell’epidemia, ma ancor più sta offrendo un segnale più sottile, quello di una Quaresima che nessuno più faceva da decenni. Oltre al pane comprato in fretta nei negozi rimasti aperti e da consumare solo in casa, ci sta offrendo la possibilità di cogliere un altro segnale, un altro cibo, quello di ascoltarlo. “Questi è il mio Figlio, l’amato, ascoltatelo!”, abbiamo sentito proclamare a Messa, Domenica scorsa, II di Quaresima, per chi vi ha partecipato. “Ascoltami!… Ascoltatelo!”: è l’invito di Dio più frequente a suo riguardo e nel donarci il Figlio. Ascoltare significa amare. Ascoltarlo… e purtroppo ora neppure nelle chiese, ma nel nostro cuore, nelle famiglie, quasi che quel vangelo “chiuditi nella tua camera”, che abbiamo sentito distrattamente alle Ceneri, d’un tratto è diventato cosi reale da stupirci e disorientarci. C’è nelle case, in un luogo dimenticato, la Bibbia o almeno l’estratto dei Vangeli, potremmo riprendere e ascoltare finalmente qualcosa di Dio, personalmente o, sorprendentemente, tra coniugi e con i figli. Da anni stiamo dicendo che in famiglia inizia l’esperienza e la trasmissione della fede: ci siamo riusciti in pochi. Adesso Dio ci dà il segnale, attingendo da un’emergenza: pregare in famiglia, con le preghiere quaresimali e pasquali, con la lettura attenta della S. Scrittura, magari seguendo il lezionario liturgico giorno per giorno (basta cliccare “letture di oggi”), con le Lodi e i Vespri, con le orazioni tradizionali del mattino e della sera. Perché non riprendere la preghiera del rosario, della via crucis, di altre devozioni significative? Perché non ricominciare una vera devozione e sentirci uniti alla Madonna e ai Santi, nostri cari fratelli e sorelle che sempre ci assistono dal cielo con la loro intercessione? Perché non riprendere in famiglia, pregando per loro, il ricordo dei nostri cari defunti, in un tempo in cui i nipoti dimenticano ben presto i loro nonni e a volte perfino i figli i propri genitori passati all’eternità. Già, l’eternità: fa capolino anche quest’altra parola rimossa, nella cultura dominante e asfissiante del “cogli l’attimo fuggente”!
I media si affannano a suggerire cosa bisogna fare per occupare il tempo di questa sosta forzata, noi suggeriamo di fare seriamente la Quaresima per una Pasqua che quest’anno sarà e dovrà essere certamente, e finalmente, diversa. Quaresima dunque. Ne avevamo dimenticato persino il nome, adesso abbiamo imparato in milioni di persone il termine quarantena, che ha la stessa origine etimologica e lo stesso rigore. Stiamo comprendendo meglio cosa significano anche le penitenze pubbliche che la Chiesa, seppur con l’attuale parsimonia, ci indica in questo tempo: il digiuno e l’astinenza, cioè allenamento esteriore che ci sprona a ben altre rinunce, ossia quelle interiori della rinuncia al peccato, ai vizi, all’adorazione dell’io e dei piaceri, in tutti gli ambiti e in tutti i sensi.
Speriamo con tutto il cuore che le pietre interiori dell’indifferenza e della chiusura diventino, questo sì, desiderio ardente del Pane eucaristico e pane di carità e di fraternità per tutti coloro che hanno fame e sete di giustizia. Grazie, Signore, che profitti degli eventi terreni, anche dolorosi e misteriosi, per guidarci come Padre amorevole, pur permettendo e introducendoci nelle prove, ma sempre tenendo in braccio le nostre anime come “bimbi svezzati”.
Carissimi fratelli e sorelle, piccoli e grandi, noi sacerdoti stiamo celebrando e pregando per tutti voi ogni giorno. Lo faremo anche la prossima Domenica III di questa Quaresima, seppure anche noi “nel segreto della nostra camera”. Unitevi a noi nella preghiera e nella comunione spirituale, uniamoci agli anziani e ai sofferenti di ogni malattia, purifichiamoci e convertiamoci di più all’amore del Signore, da cui scaturisce il vero amore per il prossimo. Io, vostro vescovo e con voi cristiano, Domenica prossima celebrerò la S. Messa nella cappellina dell’episcopio, come spesso accade, e guardandovi da Acerenza, sui monti e nei pianori, starò ad ascoltare il Figlio di Dio, l’Amatissimo, nell’adorazione eucaristica per tutta la giornata, invocando per me, indegno suo servo, e per voi ogni bene in quest’ora difficile e silenziosa, ma che tanto ci coinvolge e ci parla. Grazie.
Acerenza, 12 marzo 2020 +Francesco