Carissimi, papa Francesco per il corrente Anno Santo ha voluto che in ogni luogo giubilare fosse esposta in modo visibile e accessibile la Croce con il SS. Crocifisso Nostro Signore Gesù Cristo, come in questa basilica cattedrale, luogo giubilare permanente di indulgenza e di misericordia. E noi siamo in pellegrinaggio giubilare con la processione delle palme, che commemora l’ingresso di Cristo, Messia e Re, nella città santa di Gerusalemme, dove liberamente e volontariamente accoglierà la passione e la morte per amore di tutta l’umanità affranta e peccatrice.
Risuona l’inno “Vexilla Regis prodeunt”, avanzano i vessilli del re, splende il mistero della croce, il Creatore delle carni nella sua carne è appeso al patibolo. In questa Settimana Santa voglio riprendere l’inno liturgico che Venanzio Fortunato compose in adorazione della reliquia della S. Croce nel VI secolo, a Poitiers. Vorrei meditare le Scritture di questa Settimana principale, riprendendo l’antico inno, ispirato io anche al Crocifisso di Acerenza che solitario e lontano sta al difficile sguardo dei fedeli nell’abside basilicale. È un’opera drammatica per il realismo del supplizio a cui Cristo si sottopose, il volto deformato dalle ferite e dal dolore, il corpo torturato e schiacciato: tanto impressionante per cui, penso, nei secoli non è stato molto mostrato ai fedeli per il raccapriccio che genera nel grido tragico del salmo 21: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”. “Non ha apparenza, né bellezza, uomo dei dolori che ben conosce il patire…, come uno a cui davanti ci si copre la faccia tanto che è sfigurato il suo volto”, afferma la rivelazione biblica.
Fratelli e sorelle, cari battezzati nel suo sangue, “Ecco l’uomo!” dirà Pilato. Ecco noi, quando ci pieghiamo alle insidie di satana e ci facciamo vincere dalla tentazione e dal peccato, e Lui Cristo prese sui di sé le nostre iniquità e i nostri crimini. Il suo corpo martoriato e la sua anima, che elevò al Padre suppliche con forti grida e lacrime, afferma la Scrittura, ripresenta noi e la condizione di estrema fragilità e mortalità, a cui Lui, il Salvatore, dal mistero della croce fa seguitare il trionfo della vittoria sul male e sulla morte. Il volto orribilmente martirizzato, come è raffigurato dal crocifisso di Acerenza, è il volto perseguitato delle vittime della violenza, della fame e della sete, della guerra e dell’ingiustizia, della dittatura e dello sfruttamento, dell’abuso e dell’egoismo. Ma non solo nelle violenze senza fine nel mondo e fra i popoli, ma anche nei misfatti tra i gruppi e tra le persone, nelle comunità e nelle famiglie: la sopraffazione dell’altro. Tutti i mali provocati dalla superbia umana si concentrano nel corpo di Cristo sulla croce. Stiamo molto attenti. Anche noi per un nonnulla possiamo diventare da un momento all’altro carnefici dei nostri fratelli, dei nostri vicini, dei nostri familiari, degli innocenti e degli indifesi.
Chi ci salverà? Chi ci santificherà? Chi ci perdonerà con indulgenza ampia e totale? Gesù Cristo come afferma l’antico inno Vexilla regis: “Confitti con i chiodi le membra, tendendo le mani e i piedi, per la nostra redenzione, qui è stata immolata la vittima “. La vittima, in latino Hostia: come non pensare alla celebrazione eucaristica che riunisce in sé nel sacramento l’ultima Cena, il sacrificio del Golgota, l’alba della risurrezione e il dono del Risorto che è lo Spirito di santità. Confitti con i chiodi le membra: il barbaro supplizio degli schiavi secondo le pene terribili escogitate dai romani, che avevano conquistato il mondo. Eppure in quella crocifissione del Figlio di Dio nella carne umana che aveva assunto nel grembo della vergine Maria, che contempliamo in questi giorni sotto la croce, in quella crocifissione l’impero sarà distrutto come tutti gli imperi che si ergono davanti a Dio per opprimere l’uomo, la sua creatura prediletta.
Anche adesso ci sono tanti imperi che vogliono distruggere la nostra anima e la nostra dignità, non solo quello politico-economico, quello consumistico-mediatico, ma l’impero ancora più pericoloso di chi vuole comandare la nostra libertà, la nostra ragione, la nostra fede, la nostra vita. Hanno toccato l’albero della vita e ne fanno strazio: con l’aborto procurato, con l’eutanasia, con la fecondazione artificiale, con l’eliminazione dell’amore fedele e fecondo tra l’uomo e la donna, con il disprezzo verso gli ammalati e i piccoli, con la privazione del pane agli affamati.
Nella croce di Cristo Re, che innalzato attira tutti a sé, noi possiamo trovare la forza, il coraggio, la grazia, per resistere a chi ci vuole togliere l’anima: sono gruppi potenti e personaggi biechi, di cui si serve il maligno, contro costoro si può vincere. Il volto sarà stravolto, il grido sarà forte, le lacrime scenderanno a rivoli sulle guance, come ci fa vedere il “viso-non-viso” del Crocifisso, come raffigurato in Acerenza, che per la sua obbedienza fu esaudito dal Padre a nuova e eterna vita. Così anche noi.
C’è un pensiero turpe e malvagio nel mondo che ci circonda, come sempre, ma oggi più potente, tracce pericolose di questo pensiero sono penetrate anche nella Chiesa e nei seguaci del Signore, piano piano in questi lunghi anni, quasi senza accorgercene. Non si può restare inerti. “Apritevi porte eterne ed entri il Re della gloria. Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Se noi taceremo, grideranno le pietre insanguinate dalle ferite di Cristo e dei suoi fratelli più piccoli, gli umili emarginati e disprezzati. Trionferà sempre la nuova alleanza nel suo sangue, nel suo corpo dato per noi: Cristo sta in mezzo a noi come colui che serve, abbiamo ascoltato dal vangelo di Luca.
Attenzione. Non rispondiamo a chi ci domanda se siamo dei suoi: “Non lo conosco”. C’è sempre un gallo pronto a cantare per manifestare il nostro tradimento. “Ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno…”. L’Anno Santo serve a questo: un pellegrinaggio, un sinodo, una processione, salire sul monte calvario per dire a Gesù, nel pentimento interiore e sacramentale: “ricordati di me adesso che sei re di amore di perdono nel tuo regno dove il tuo vessillo, la croce, trionfa gloriosa”.
Madre Maria, tu che stai ferma sotto la croce, guidaci tu per vivere una vera Settimana Santa, non soltanto “rappresentata” per le nostre vie, con iniziativa pur lodevole, ma ancor di più “ripresentata” nel nostro cuore e nella nostra vita.