Santa Messa in Coena Domini 2025

Giovedi Santo

Carissimi fratelli e sorelle che partecipate al sacrificio eucaristico e vi nutrite, ci nutriamo, del Corpo e del Sangue di Cristo, nella Pasqua vero Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo.

Cari   sacerdoti   concelebranti, che con   anima   convertita   e   le   mani   profumate   di crisma, consacrate  per  opera  dello Spirito Santo,  il  pane  e  il  vino che  diventa  sull’altare  il  Corpo  e  il Sangue del Salvatore, inizia  il Triduo Santo, culmine del tempo quaresimale  e  pasquale, centro dell’anno liturgico e apice della vita spirituale di ogni fedele cattolico.

Riprendo ancora l’inno antico Vexilla  regis, che, con  la luce delle Scritture,  mi ispira  in questa Settimana Santa. “Salve ara, salve victima, de passionis gloria, qua vita morte  pertulit et morte vita reddidit”.Ti salutiamo o altare della croce, ti salutiamo o Cristo vittima, gloriosa è la tua passione, con cui  la  vita  porta  la  morte  e  la  morte  rende  la  vita.

Sì, è  proprio  così.

Dal  libro dell’Esodo  abbiamo  appreso  che  fu  la  morte  dell’agnello senza  difetto  che  portò  la  vita  di salvezza  al popolo di Israele nel momento del passaggio dell’angelo sterminatore  per il  popolo egizio.  Immolato  al tramonto,  viene  mangiato  in  sacrificio  di  comunione  dalle famiglie,  con  a capo il  padre di famiglia, e con il suo sangue vengono segnate le porte delle case del popolo di Dio  per essere salvato.  E  lo sterminio “passò oltre”,  in  ebraico  pesah,  pasqua.  E i segnati  dal sangue  sugli  stipiti  e  i  comunicati  a quella  carne,  passata  al fuoco, ebbero  salva  la  vita.  Dio comandò  questo  come  rito  perenne,  di  generazione  in  generazione,  che  sarà  celebrato  al tempio, la dimora della gloria.

Sappiamo  che il  popolo eletto ebbe  più  volte  la  distruzione  del  tempio  e  più  volte  il sacrifico dell’agnello  pasquale fu  interrotto,  e  nelle  varie  persecuzioni  e  dolorosi  esili fu  senza  tempio, ebbe solo la  riunione  del sabato e venerazione  della  Legge di  Mosè, in  attesa  di ripristinare  il tempio  e  i  sacrifici  di  pasqua  esodale.  Ma  tutto  ciò  era  solo  una  preparazione  per  un  altro Agnello vero e definitivo, Gesù Cristo, senza difetto e senza macchia, il Figlio di Dio, che nella sua carne, ossia il vero tempio, realizzerà il sacrificio perenne, la Pasqua eterna, offrendo sulla croce il suo corpo e il suo sangue, annunciato già nella Cena dell’ultima sera.

Nella lettura odierna della prima lettera ai Corinzi, S. Paolo afferma che lui stesso ha ricevuto dal Signore  il  nuovo  rito  perenne  dell’Eucaristia  che  trasmette  alla  comunità:  nella  notte  del tradimento Gesù spezzò il pane azzimo e disse “Questo è il mio Corpo, fate questo in memoria di me”, e  nella  cena  prese  il  calice  del  vino e  disse: ” Questo calice  è la nuova  alleanza  nel mio Sangue, bevendolo, fate questo in memoria di me”. La parola  biblica “memoria” non si riferisce ad  una commemorazione simbolica, ma invece a un ri-accadimento sacramentale che ti riporta, ti fa rivivere, ti coinvolge di nuovo, all’evento fondante.

Infatti   l’apostolo nel brano della lettera ai primi cristiani che celebravano l’eucaristia, la Messa  per intenderci, dice con chiarezza: “Ogni volta che mangiate questo  pane e bevete a questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché  egli venga“. Come acclamiamo anche  ora  nella  liturgia, dopo  l’invito del sacerdote  alla adorazione del mysterium fidei, mistero della fede.

 

Ecco  perché  nei  luoghi  giubilari  di  confessione  dei  peccati,  di  misericordia  e  di  indulgenza,  in questo Anno Santo, vi è  posto in vista immediata  il Crocifisso: perché in quella  morte atroce si comprende  la  potenza  di  amore  di  Dio  in  Cristo,  venuto  per  affrontare  e vivere  quell’Ora prefissata,  punto di arrivo dell’esodo antico e delle  parole  profetiche, della storia del popolo di Israele.

Le braccia di Cristo, appeso sul legno, si apriranno a tutti i popoli per ce1ebrare da battezzati il rito perenne della nuova alleanza della Pasqua del crocifisso risorto. Ecco perché in questa Settimana Santa ci attira e mi attira l’effige del Crocifisso, in particolare anche l’effige all’abside della cattedrale, in questa espressione drammatica di forti grida e lacrime, mentre perdona e grida: “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Ho la sensazione che anche noi tante volte celebrando l’eucaristia tra distrazione e abitudine, pretese e equivoci, non sappiamo quello che facciamo, procurando al Signore ancora ferite sanguinanti. Chiediamo perdono, chiediamo più luce per comprendere la forza di amore del Cenacolo, del Golgota, della tomba vuota, del corpo del Risorto, della nostra testimonianza eucaristica a servizio dei fratelli e delle sorelle che incontriamo ogni giorno per le vie del mondo.

“Fate questo in memoria di me”. Se facciamo la memoria della sua morte e risurrezione nell’eucaristia, celebrata nella comunità radunata con la insostituibile presidenza del sacerdote ministro ordinato, una volta celebrata e mangiata la pasqua del corpo e bevuto il sangue, nella vita quotidiana deve diventare memoria effettiva nell’azione e nel comportamento, nelle scelte e nelle convinzioni, essere eucaristia per gli altri, “Fate questo in memoria di me”. Mi domando e domando, specie a noi che frequentiamo ogni giorno o almeno alla domenica la pasqua eucaristica, ne siamo poi testimoni autentici? Si vede, si percepisce? C’è una vita diversa in noi, una rivoluzione che colpisce chi ci incontra, non ovviamente nella ostentazione, ma nella semplice provocazione che incontrano qualcuno che ha incontrato Gesù Cristo. Una trasparenza che, senza parlare, promana dal corpo e dal sangue del discepolo ormai trasfigurato nel Corpo e nel Sangue del Signore, nelle prove e nelle gioie, in attesa che egli venga.

Gesù spiegò ai discepoli, in quella sera, il senso profondo di quel pane offerto e di quel vino versato, lavando i loro piedi, servizio dello schiavo verso il padrone: lo riporta il vangelo di Giovanni che abbiamo proclamato, come già Gesù aveva annunciato nei discorsi di Cafarnao sul pane disceso dal cielo, che bisognava mangiare la sua carne e bere il suo sangue per avere in noi la vita. Piegandosi davanti agli apostoli, Gesù è corpo spezzato e sangue versato, si fa servo verso tutti noi nutrendoci e lavandoci nel battesimo e nell’eucaristia. “Quello che ho fatto io fate anche voi, fate questo in memoria di me“.

Lava i piedi agli apostoli, offre pane e vino, li fa sacerdoti della nuova alleanza nel suo sangue, li porta a pregare nel Getsemani, anche se stanchi entristi, si fa baciare da Giuda, si awia verso la croce come agnello mite e muto verso il macello, consegna il suo corpo deposto alla madre Maria, al terzo giorno ribalta la pietra del sepolcro e alita il suo Spirito. “Fate questo in memoria di me e alla Messa e alla vita per essere veri cristiani.

E solo Amore, Amore infinito. Afferma papa Francesco nella recente enciclica Dilexit nos: “Questa è anche la tua missione. Ognuno la compie a modo suo, e tu vedrai come potrai essere missionario, missionaria. Gesù lo merita. Se ne avrai il coraggio, Lui ti illuminerà. Ti accompagnerà e ti rafforzerà, e vivrai un’esperienza preziosa che ti farà molto bene. Non importa se riuscirai a vedere i risultati, questo lascialo al Signore che lavora nel segreto dei cuori, ma non smettere di vivere la gioia di cercare di comunicare l’amore di Cristo agli altri” (DN 216).

    Omelia Giovedì Santo 2025

                                                                                                                                                                                                                                                                                                       Mons. Francesco Sirufo