Omelia San Rocco 2025

16-08-2025

Carissimi fratelli e sorelle, cristifideles, fedeli di Cristo tra cui si annovera gloriosamente il santo pellegrino laico cristiano S. Rocco di Montpellier, reverendi sacerdoti concelebranti, reverendo don Francesco parroco di questa parrocchia di S. Nicola e rettore della basilica santuario diocesano di S. Rocco in Tolve, gentili autorità civiche, militari e culturali presenti con il sindaco della cittadina, il presidente della regione e altri illustri esponenti amministrativi locali, provinciali, regionali. Un saluto speciale ai pellegrini giubilari che devotamente stanno visitando questo santuario con indulgenza plenaria da me concessa su bolla dell’Anno Santo promulgato da papa Francesco e continuato da papa Leone: confessione, comunione, conversione sincera, opere di carità e di perdono per la remissione delle colpe peccaminose e delle pene del Purgatorio per sé o per i defunti. Questo è il senso del giubileo, giubilo per il perdono e la misericordia di Dio Padre per i meriti di Cristo, di Maria SS., in agosto venerata Assunta in cielo in anima e corpo, dei meriti dei Santi quali S. Rocco, il più amato dai lucani.

Il Santo della fede, vera, autentica, precisa, cattolica: viveva e viaggiava, non per filantropia o per girovagare senza meta, a perditempo, ma perché credeva nei due misteri principali della fede cristiana, unita e trinità di Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo e in Cristo Figlio di Dio, incarnato, morto e risorto per la salvezza dell’umanità. Visitando i luoghi santi dell’Europa e di Italia, Roma con la tomba dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo, e il soglio del Papa, successore del Principe degli apostoli, s. Rocco, nei monasteri e santuari dei cammini giubilari, nelle cattedrali e nelle parrocchiali, intendeva ascoltare la parola di Dio, esplicita nella Scrittura, Antico e Nuovo Testamento, e ricevere la grazia indulgenziata dei Sacramenti, specie la confessione e la comunione eucaristica.

Il Santo della pace: s. Rocco, come tutti i romei, o i giacobei o i palmieri di Terrasanta, attraversava regni e potentati dell’Europa del tempo, spesso in contrasto e guerra tra di loro, perfino città limitrofe per motivi politici, economici e religiosi, si scontravano in diatribe e dissidi. Il costume morale era spesso in decadenza nelle famiglie, tra le persone, negli ambienti, perfino negli ambiti a ecclesiastici. Non condannava con superbia, non giudicava con arroganza, non biasimavano con invettive, ma sapendosi anche lui peccatore, in nome di Dio creatore del mondo per il bene di tutti, di Cristo morto in croce per pacificare cielo e terra, dello Spirito Santo Paraclito di concordia e di riconciliazione, dappertutto era operatore di pace di quella beatitudine proclamata dal Redentore nel discorso della montagna: beati i poveri in spirito, i miti, i misericordiosi, i perseguitati per la giustizia e la fede. Non solo sapeva i dieci comandamenti, ma li metteva in pratica, sapendo bene dal dettato biblico e di Gesù Cristo che tutta la legge divina si riassumeva e si riassume nell’amore di Dio con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte le forze e nell’amore del prossimo come se stessi, e si offriva s. Rocco  per alleviare le ferite del prossimo provocate da guerre, fame , sete, miseria, peste, usura, violenze, odio, dei malvagi a scapito dei poveri innocenti. Sapeva che doveva fare e agire come Cristo che aveva comandato, prima di salire sulla croce, “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”, cioè morendo per voi. La nostra fede religiosa in Cristo non è come i terroristi fanatici che usano il nome di Dio per uccidere gli altri e salvare sé stessi, invece Gesù Cristo è morto lui per salvare gli altri, un amore infinito, ed è risorto e vive per sempre. Chi lo accoglie nel cammino, nel giubileo della croce e della passione fino alla morte, condivide con lui la risurrezione e la gioia eterna. Non c’è delusione per coloro che sono peregrinantes in spem, in cammino verso la speranza e nella speranza umana e teologale, poiché è lui Cristo, vero Dio e vero uomo, la speranza certa.

Il Santo della carità, nel senso di amore grande e disinteressato, puro e leale, dono e misericordia. Poteva essere un signorotto della Provenza, ma nessuno l’avrebbe ricordato; poteva essere un giovane delle università di Francia e d’Europa e poi magister nelle scienze di allora; poteva diventare un governante tentato sempre dal profitto personale e dalla violenza, con i suoi complici; poteva diventare un epulone tra svaghi e divertimenti. No, era battezzato e cresimato, si avvicinava alla mensa del Corpo eucaristico di Cristo, rispose alla vocazione della carità, cioè l’amore verso gli ultimi diseredati, vittime dell’egoismo umano: sapeva bene la parabola evangelica del Samaritano e ne fece il suo programma di vita, per le vie pericolose dell’Europa d’allora. Non stiamo parlando del passato di un santo ammirato e invocato in tutto il mondo, stiamo parlando di oggi, in cui la violenza familiare, sociale, mondiale, sta aumentando paurosamente; i cristiani e le persone di buona volontà  sono chiamati, come s. Rocco, a non stare a guardare, ma ad intervenire pagando di persona a nome di Dio e dell’umana dignità, ma anche perché la sciagura si può abbattere su tutti da un momento all’altro, come sta capitando a molti popoli e nazioni: un pezzo della guerra mondiale a pezzi, come diceva il caro papa Francesco, può abbattersi all’improvviso anche su di noi con distruzione e morte.

Miei cari fedeli di Cristo, stimate autorità, con i miei quaranta anni di sacerdozio e sessantaquattro di battesimo non so proprio che cosa ne abbiamo fatto della Madonna e dei Santi, noi meridionali di Italia e di Europa, pur con le nostre tradizioni religiose rinomate e per molti versi ancora positivi. Eppure da tempo delle nostre usanze, e meglio ancora delle nostre convinzioni cristiane, se ne sono impadroniti l’edonismo imperante e il consumismo potente, indotti dai venditori di turno. Ritorniamo alla società sana e alla sincera devozione che miglioravano l’abitudine di vita e ritempravano nel bene contro le tentazioni del male. Se da un lato esprimo gratitudine per la considerazione del governo civile e amministrativo per elargire fondi a favore del folclore lucano ed il senso socializzante in occasione di fede festiva religiosa e patronali, dall’altro lato sappiamo dei bisogni più urgenti della nostra Regione e delle nostre comunità tra infrastrutture non sufficienti e spesso inefficienti e mancanza di lavoro e di speranza per famiglie  e giovani: non possono bastare alla Basilicata quindici o venti giorni all’anno, in agosto, di svago e diversivo per risollevarsi, anzi si potrebbe  prestare il fianco a illusioni e vanità di essere ricchi solo per un giorno.

Le serate canore e musicali le ha inventate l’ambito ecclesiastico degli anni sessanta, in un’epoca in cui non esisteva niente e qualche serata di imitazione della televisione sembrava positiva. Oggi la Chiesa del Sud vede questa cosa anacronistica, problematica, inutile per il progresso della fede, della giustizia e dell’onestà, secondo la vita e la parola di Cristo, di sua madre Maria, dei Santi e di tutta la Chiesa, guidata dai vescovi e dal Papa, con i sacerdoti e i fedeli sinceri. Ecco perché l’arcidiocesi di Acerenza si è dotata da anni dello Statuto e del Regolamento dei comitati festa, nonché di recente del decreto sinodale sulle forme organizzative delle serate in occasione delle feste dei Santi: la parrocchia di Tolve da quest’anno ha optato per la terza delle tre modalità previste. Di tali documenti normativi diocesani ne abbiamo mandato copie ai Comuni e agli Agenti di ordine pubblico e sicurezza sociale, spero non dimenticate negli scaffali e negli archivi.

Per la basilica santuario diocesano di S. Rocco qui in Tolve, sotto la diretta autorità della Diocesi e la reggenza tenace ed efficace del caro parroco don Francesco e suoi collaboratori, ci stiamo sforzando con gravi sacrifici di accrescere la vera gloria del Santo migliorando l’accesso dei disabili e degli anziani; migliorando la struttura architettonica e paesaggistica della facciata e della visuale prospettica; migliorando i locali di accoglienza logistica, culturale e museale, di accoglienza spirituale e formativa dei giovani essendo il santuario dichiarato dalla Conferenza Episcopale di Basilicata “Santuario regionale dei pellegrinaggi giovanili”; migliorando l’offerta culturale di alto profilo con iniziative di convegni e conferenze, con presenza di scienziati e letterati, filosofi e teologi, come i “colloquia vespertina”,  accrescendo il prestigio della basilica con presenze ecclesiastiche di rilievo, confessori e missionari, religiosi e religiosi, laici impegnati e testimoni autorevoli dei difficile tempi odierni.  Alla diocesi e al santuario interessa di più questo, pur nella nostra umile possibilità. Un cantante rinomato e spettacolare è di una sola sera e se ne va, le opere di fede e di amore, della cultura e di struttura restano per tutti e per molto tempo. s. Rocco e il suo santuario, per me e per noi, è questo. Grazie.

 

†Francesco Sirufo

Arcivescovo di Acerenza