XIX Anniversario Beatificazione del B. Domenico Lentini

12-10-2016

Lauria, 12 ottobre 2016, omelia XIX anniversario della beatificazione del sac. Domenico Lentini da Lauria

Eccellenza Revma Mons. Vincenzo Orofino, nostro amato Vescovo, carissimo parroco di S. Nicola mons. Vincenzo Iacovino, carissimo parroco di S. Giacomo e decano del clero di Lauria don Franco Alagia, carissimo parroco della Madonna del Carmine in Seluci di Lauria mons. Giuseppe Cozzi, carissimi fratelli nel sacerdozio, convenuti a questa solenne celebrazione eucaristica, gentile sindaco di Lauria dottor Lamboglia e altre spettabili autorità amministrative, civiche e militari della Città.

Carissimi fratelli e sorelle tanto stimati e mai dimenticati, devoti del santo sacerdote, “gloria di Lauria e dell’Italia onor”, come si canta ormai da tanto tempo “alle sue sacre ceneri, al venerato avel”. Vi ringrazio con tutto il cuore per le preghiere e per la partecipazione alla mia ordinazione episcopale in Tursi, quando il nostro caro Vescovo mons. Orofino mi ha imposto le mani e unto il capo, immettendomi nella serie ininterrotta della successione degli Apostoli, e al mio ingresso in Acerenza, quando dopo la lettura del mandato del Papa Francesco, ho ricevuto la sede cattedrale per essere servo della parola di Dio e guida umile del Popolo santo. Ho servito anche questa indimenticabile parrocchia di S. Nicola per 17 anni, da vicario e da parroco; grazie a tutti, a chi è in cielo e a chi è su questa terra, sacerdoti e fedeli laici, per la collaborazione cristiana che mi avete sempre offerto, per la stima, l’amicizia, i sacrifici, la gioia di essere discepoli di Cristo.

Piazza S. Pietro, 12 ottobre 1997, tremila e più laurioti, altre migliaia dalla diocesi di Tursi-Lagonegro e dalla Basilicata, altri ancora da fuori Regione: San Giovanni Paolo II dichiarava beato il sacerdote diocesano don Domenico Lentini da Lauria, fu un vero coronamento del suo magistero, poiché il sacerdote lucano corrispondeva in pieno a quanto aveva scritto nella Esortazione Pastores dabo vobis. “Vi darò pastori secondo il mio cuore”: don Domenico fu presbitero secondo il cuore di Dio, infatti il suo cuore si era fatto vittima gradita al Signore per amore dei fratelli.

Una giornata di sole a Roma, a Lauria pioggia autunnale. Il vescovo diocesano Mons. Rocco Talucci, accompagnato dal postulatore diocesano don Franco Alagia, presentò al Papa Wojtila un profilo breve ed efficace del Lentini; don Antonio Spagnuolo, il più anziano del clero lauriota, presentò la reliquia; io sul sagrato della basilica, postato accanto alla grande statua di s. Pietro, vedevo tutta la scena, impegnato a commentare la diretta TV della S. Messa. Il Papa, ancora in buona salute, pronunciò il decreto di beatificazione. Si scoprì l’arazzo con il ritratto del nuovo beato, sulla spianata un tripudio di foulards, di bandierine, di fazzoletti,di cappellini gialli: il colore che dalla Prefettura Pontificia ci avevano assegnati per distinguerci dagli altri pellegrini che erano intervenuti per le altre beatificazioni. Sono passati 19 anni, ma mi sembrano 19 giorni: chiediamo al Signore di rinnovare stasera quella stessa gioia e quello stesso ringraziamento alla sua provvidenza e alla sua potenza, alla sua indulgenza e misericordia, per fare Giubileo in questa rinomata chiesa parrocchiale.

Vorrei ricordare con voi, carissimi fratelli e sorelle, le parole di S. Giovanni Paolo II durante l’omelia di 19 anni fa, riguardanti il nostro Beato: mi sembrano talmente attuali per il Giubileo straordinario della Misericordia. Il Papa per riferirsi al santo sacerdote lauriota iniziò citando un verso del salmo di quella celebrazione: “Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio”. Forse che in questo Giubileo abbiamo invocato altro, se non la bontà divina, la divina misericordia? Giovanni Paolo II affermò che il Beato Domenico era profondamente consapevole della bontà del Signore tanto da invitare tutti instancabilmente alla conversione e al ritorno a Dio. Ecco il punto! Il Giubileo, la misericordia di Dio, resterà inefficace se noi non l’accogliamo in un cammino sincero di conversione. A diciannove anni di distanza ora ne siamo ancor di più convinti: abbiamo bisogno, direi necessità, del ritorno a Dio, come singoli, come cristiani, come società. Non si vince la crisi umanitaria di cui soffriamo tutti se non ritorniamo a Dio, la nostra origine e il nostro fine. Lo abbiamo ascoltato. Gesù all’inizio del suo ministero pubblico proclama: “Convertitevi e credete al Vangelo; il regno dei cieli è vicino”, e subito chiama i primi apostoli, i quali si convertono, credono in lui e lo seguono lasciando tutto.

Giovanni Paolo II quindi poté definire don Domenico Lentini, lì in piazza S. Pietro, assiduo ministro del confessionale, dispensatore della misericordia divina e testimone della vita nuova in Cristo. La vita battesimale del cristiano si rinnova e cresce se ricorre continuamente al sacramento della Confessione, con termine più esatto Penitenza o Riconciliazione, e al sacramento dell’Eucaristia, la comunione con Cristo. Il beato Lentini amministrò, dispensò e testimoniò la misericordia di Dio tramite la predicazione e i sacramenti, lasciando a noi sacerdoti, presbiteri e vescovi, l’esempio sicuro della fondamentale missione pastorale.

Ancora. Il Giubileo indetto da papa Francesco insiste su questa direttiva: se riceviamo indulgenza e misericordia da Dio, siamo chiamati, direi obbligati, a donare indulgenza e misericordia al prossimo, ai fratelli e alle sorelle che incontriamo sulla strada del nostro pellegrinaggio terreno. Siamo chiamati a “misericordiare”, secondo il neologismo usato da Papa Francesco. Il beato Domenico fu definito da S. Giovanni Paolo II appunto “sacerdote dal cuore indiviso, fedele a Dio e fedele agli uomini”, specialmente con una carità ardente verso i giovani e verso i poveri. I giovani e i poveri, sulla cui scia lentiniana anche il parroco don Vincenzo ha insistito in questi anni con la conferma e l’impulso alle attività oratoriali per giovani e ragazzi e la promozione del “pane del Lentini” per le persone in difficoltà e in necessità. Dunque, dobbiamo avere un cuore indiviso: al contrario il cuore diviso e oscillante è la malattia dei nostri tempi, belle intenzioni e nobili proponimenti, pochi fatti e scarsa testimonianza. Questa dicotomia prende anche il cuore dei cristiani in una adesione teorica al Vangelo e alla fede, spesso lontana però dalla prassi quotidiana e dalle grandi scelte di vita personale e collettiva. Il cuore indiviso, cioè il cuore tutto di Dio e tutto per gli altri, è la “proesistenza”, di cui parla molto la teologia e la spiritualità contemporanea riferendosi a Cristo e ai suoi santi, tra i quali il nostro caro fratello e protettore don Domenico da Lauria. D’altronde la prima lettura biblica di questa celebrazione non ce lo ricorda? Accanto al culto e alla liturgia, alla devozione e alla giusta pietà religiosa, occorre praticare la giustizia e l’amore verso i poveri, i bisognosi, gli emarginati, gli “scartati”, termine quest’ultimo con cui il papa Francesco ci sta martellando continuamente, trovando spesso orecchi chiusi, perfino tra noi cristiani cattolici.

Mi piace dire abitualmente che il beato Domenico piace ai fedeli laici perché è il prete che vorrebbero avere, piace ai preti perché è il prete che vorrebbero essere. Ancora sono convinto di questo mio pensiero, nato qui vicino alla tomba del Beato e fra di voi devoti ammiratori, e spero fedeli imitatori, del Lentini. Perché questa affermazione? Perché il beato Domenico fu un prete ricco, ricco, ricco, a fronte della nostra povertà e inadeguatezza sperimentate ogni giorno: ricchissimo di fede, speranza e carità, come i lunghi processi canonici di beatificazione hanno dimostrato, e specialmente riguardo a noi sacerdoti, egli fu ricco solo del suo sacerdozio! Lo affermò di nuovo in piazza S. Pietro in Roma, davanti a migliaia di fedeli, Giovanni Paolo II riprendendo la definizione famosa di papa Pio XI. Si, ormai lo sappiamo anche noi sacerdoti, dopo le illusioni e le delusioni pastorali e le tante iniziative infruttuose di questi decenni, il popolo cristiano desidera da noi prima di tutto la ricchezza traboccante del nostro sacerdozio, da cui solo può nascere la ricchezza della proposta pastorale. Vado a termine: il beato Domenico durante la sua agonia, nella povera casetta del Cafaro, ripeteva continuamente la frase latina “transivimus per ignem et aquam”, “siamo passati per il fuoco e per l’acqua”. I biografi avevano interpretato giustamente questa frase di don Domenico riferita ai bagni di acqua ghiacciata con cui si cercava di alleviare l’alta febbre che lo bruciava. Una mattina invernale di quegli anni miei , pregando l’ufficio e le lodi vicino al focolare qui in canonica di via Annunziata, insieme al sacerdote colombiano don Giorgio, ad un tratto attirò la mia attenzione il salmo 66, numerazione ebraica 65, con il verso “siamo passati per il fuoco e l’acqua”, mi balenò chiaro nella mente che il sacerdote febbricitante e infreddolito, in quella povera casetta, citava proprio quel salmo quasi a testamento della sua vita. Fui incuriosito e, dato che nei pochi ritagli di tempo studiavo anche qualcosa del Lentini, andai a consultare il testo latino del salmo nella Vulgata in uso a quell’epoca e come lo avrebbe recitato infinite volte nel breviario d’allora. Ebbene, il Lentini agonizzante ci ha consegnato con quel salmo la chiave interpretativa della sua vita sacerdotale, il segreto della sua spiritualità nascosta e umile. E’ un salmo di ringraziamento, di lode a Dio, in cui si rievocano le grandi opere del Signore nell’esodo, per la comunità e per l’orante. Il testo sacro invita a riconoscere la presenza del Signore anche nel presente doloroso e soggetto alla prova: “Acclamate Dio voi tutti della terra, cantate la gloria del suo nome, dategli gloria con la lode…a te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome…Popoli benedite il nostro Dio, fate risuonare la voce della sua lode; è lui che ci mantiene tra i viventi, e non ha lasciato vacillare i nostri piedi”, il Lentini ci rivela che la sua vita è stata una continua glorificazione di Dio e delle sue opere. Poi nei versi successivi viene il riferimento alle sue penitenze e alla sua agonia, “O Dio, tu ci hai messo alla prova,ci hai purificato come si purifica l’argento. Ci hai fatto cadere in un agguato, hai stretto i nostri fianchi in una morsa. Ha fatto cavalcare uomini sulle nostre teste, siamo passati per il fuoco e per l’acqua, poi ci hai fatto uscire verso l’abbondanza…”, infine ci rassicura che Dio è con lui e lo conduce verso la gioia e l’amore eterna, “Venite ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto…se con il mio cuore avessi cercato il male, il Signore non mi avrebbe ascoltato. Ma Dio ha ascoltato, si è fatto attento alla voce della mia preghiera. Sia benedetto Dio che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia”. Il testamento spirituale e sacerdotale del beato Lentini!

Se vogliamo essere come lui dobbiamo raggiungere la misericordia divina passando per il fuoco e l’acqua, cioè il fuoco dello Spirito santo, della parola di Dio Padre, della Pasqua di Cristo, luce del mondo, che si perpetua nell’Eucaristia, nell’ amore verso i fratelli; dobbiamo passare tramite l’acqua del battesimo e degli altri sacramenti, tramite la grazia di Cristo, acqua viva che zampilla per la vita eterna.

Grazie beato Domenico, fratello nostro, per questo fuoco ardente di fede e quest’acqua salutare di grazia che ci intercedi continuamente presso Dio. Grazie Lauria, che da due secoli e mezzo hai tanto amato, e ami tuttora ancor di più, questo santo sacerdote, infuocato dall’amore di Dio e fonte d’acqua inesauribile per gli assetati di Cristo e del Vangelo. Grazie ai tanti sacerdoti nativi o operanti nel ministero qui in Lauria, del passato e del presente, che hanno creduto e tuttora ammirano la santità sacerdotale del Beato Lentini, e ne conservano la memoria e la devozione in grande benedizione. Grazie a Dio onnipotente, tre volte Santo, che suscita nel mondo i santi , per la sua gloria immortale e per la nostra dolce consolazione. Sia lodato Gesù Cristo.