Venerdì Santo

14-04-2017

Omelia venerdi santo 2017

 

     Miei cari fratelli e sorelle, “molti si stupirono di Lui, tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo”, dice il profeta Isaia nel brano che abbiamo annunciato. Sfigurato e deformato, aveva predetto Isaia, secoli prima. Così contempliamo nel Venerdì santo il nostro Signore. Gesù servo obbediente “si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori…Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe siamo stati guariti”, così il testo del profeta. Gesù Cristo flagellato, umiliato, crocifisso, ci fa vedere nel suo corpo e nella sua anima come ci riduce il peccato. Ci annienta, ci disumanizza, ci ferisce a morte. Nel suo corpo innocente tutte quelle piaghe sono le nostre, i nostri tradimenti, i nostri egoismi, i nostri odi, i nostri peccati, le nostre omissioni di fare il bene, il nostro fascino per il male. Cristo, Figlio di Dio, ci poteva salvare diversamente, ma non avremmo avuto tutta la prova del suo amore immenso per noi peccatori, tutta la sua misericordia per questa sua creatura testarda e fragile, quale siamo noi tutti.

Adoriamo le sue sante piaghe, baciamo questo corpo macellato per noi, piangiamo le nostre colpe, confessiamo i nostri peccati, perdoniamoci a vicenda: il Crocifisso ci dimostra in modo inoppugnabile tutta la tragedia dei nostri peccati. Il suo corpo martoriato all’inverosimile, ci mostra al vivo anche le conseguenze dei nostri peccati: il corpo e le persone di tanti nostri fratelli e sorelle innocenti, bambini, ragazzi, giovani, anziani, che nel mondo sono vessati e perseguitati, torturati e uccisi, per mancanza di giustizia o perché sono cristiani. Ma perché la croce di Gesù è tanto potente? Perche quest’uomo, appeso sul legno dalle autorità ebraiche e romane, fa del suo supplizio atroce la causa di salvezza per tutto il genere umana? Come può fare un solo uomo, seppur profeta potente in opere e parole, ma giustiziato con condanna infamante, pretendere di salvare me, voi, tutti, dal peccato e dalla morte eterna? Chi è veramente costui che abbraccia la morte e afferma di farla morire? Nel Getsemani, secondo il vangelo di Giovanni che risuona ad ogni Venerdi santo, mentre Giuda lo consegna e gli Apostoli fuggono, Gesù ancora rivela la sua identità: “Chi cercate?”… “Gesù il Nazareno”… “Sono io!”. I soldati indietreggiarono e caddero a terra. Perché caddero a terra? Che cosa videro? Nel giardino del Getsemani videro l’uomo di Nazaret, ma nelle sue parole sentirono la voce di Dio che al Sinai si era rivelato a Mosè con il suo nome ineffabile “IO SONO”.

     Cristo ci ha salvato perché non è solo un uomo dell’antichità, giusto e innocente, condannato per la cattiveria e la meschinità degli uomini, ma è il Figlio di Dio, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre, luce da luce, Dio vero da Dio vero. Se ci sfugge la vera identità di Gesù Cristo, la seconda Persona divina della Trinità, la morte in croce di Gesù diventa una memoria dolorosa, da ricordare nella liturgia e nelle processioni, o nelle tradizioni e sacre rappresentazioni, ma nulla di più. La sua morte non aggiungerebbe nulla alla nostra morte, la sua sofferenza indicibile, sarebbe solo un’aggiunta ai già numerosi patimenti di questa nostra umanità condannata a una tragica storia. Lui ci salva perché è vero uomo, con la croce ha preso tutto il carico immenso delle nostre iniquità, solo lui poteva portarle sulle spalle, si è fatto inchiodare su questo patibolo inimmaginabile, ha bevuto il calice fino in fondo, ha condiviso con noi l’esperienza terribile della morte e il buio della tomba. Però “nei giorni della sua vita terrena, offri preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo dalla morte da morte e , per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito”, proclama la lettera agli Ebrei che abbiamo annunciato. Come uomo prese la nostra morte, come Dio ci donò la vita eterna. Dimostrò la sua divinità vincendo la morte: la morte assalì come al suo solito la vita dell’uomo Gesù, ma essendo anche Dio, la morte fallì il suo abbraccio fatale e fu sconfitta per sempre. Celebriamo dunque la vittoria della santa Croce e di Colui che in essa fu appeso. Esaltiamo la santa Croce di Cristo che da strumento di morte è diventata, per i secoli dei secoli, trofeo di gloria.

Nella Vangelo della passione secondo Giovanni, davanti a Pilato, governatore dell’impero romano in Giudea, Gesù afferma “Io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”. Adoriamo il nostro Re, mite e umile di cuore, martire della verità: è venuto nel mondo per dirci e darci la verità. Lui è la via, la verità e la vita. Noi abbiamo bisogno della sua verità come abbiamo bisogno della luce, dell’aria, del respiro. “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, afferma la Scrittura e abbiamo meditato in Quaresima. In questo giorno santo facciamo penitenza pubblica, digiuno, astinenza, preghiera per tutti, riflessione, pentimento, ma anche carità per dare aiuto ai cari cristiani sofferenti della Terrasanta e dare sostegno per i santuari e le opere presso i luoghi biblici e i luoghi della vita terrena di Cristo e di Maria.

   La Madonna, l’Addolorata: dalla Croce il Figlio divino, nella persona dell’apostolo Giovanni, ci affidò tutti a lei, “Donna ecco tuo figlio”, e affidò lei a tutti noi, “Ecco tua madre!”. Raccogliamoci attorno a Lei, accogliamola nella nostra vita, nelle famiglie, nelle parrocchie, nella confidenza interiore. Ci stringiamo al suo cuore di madre dolorosa: lei che sta trafitta dalla spada di dolore sotto la croce, ci indica l’alba vicina in cui il Figlio risorgerà. Con la Vergine addolorata acclamiamo e veniamo all’adorazione della Croce e del Crocifisso e acclamiamo: “T’adoriamo , o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo!”.