Omelia, Visitazione, 31 maggio 2019, Castelluccio Inferiore

31-05-2019

Omelia, Visitazione, 31 maggio 2019, Castelluccio Inferiore.

Carissimi fratelli e sorelle, caro parroco don Paolo, caro don Raffaele nostro decano per l’anzianità e l’esperienza. Rivolgo un omaggio al nostro vescovo mons. Vincenzo Orofino che ha la responsabilità pastorale della nostra Diocesi, così vasta e impegnativa.

Miei cari Castelluccesi, oggi celebriamo la vigilia della famosa festa dell’Addolorato qui in Castelluccio. Molti mi hanno sempre domandato: ma perché il primo di giugno? L’Addolorata non si ricorda in Quaresima e Settimana Santa? Non si festeggia forse in settembre? Perché a Castelluccio l’uno giugno? Si risponde che il primo giorno di giugno 1896 la sacra immagine della Madonna Addolorata manifestò dei segni prodigiosi davanti al popolo, la mozione degli occhi per circa due giorni. Si situa bene questa festa della Visitazione, trasferita con l’ultima riforma liturgica, al 31 maggio per comprendere ancora meglio cosa accadde e cosa il Cielo volle comunicare con quegli avvenimenti di fine secolo XIX a Castelluccio Inferiore, mentre a Castelluccio Superiore si ultimava il funerale della serva di Dio Maria Angelica Mastroti, che per sei anni era stata in queste due comunità testimoniando umile fede e profumi di virtù penitenziali, mistiche e caritative.

Anzitutto in quegli anni i paesi del Sud, della Basilicata e della vicina Calabria, vivevano una grande crisi. Lo Stato unitario aveva indebolito la Chiesa, incamerando beni e strutture, il clero numeroso non poteva avere facilmente la possibilità del sostentamento, la catechesi e la evangelizzazione mancava di forze efficaci, la pietà popolare era rimasta ancorata a stili e usanze non più rispondenti alle esigenze spirituali del tempo, ormai  l’anticlericalismo si diffondeva ovunque e anche negli strati sociali popolari, la povertà sociale attanagliava le famiglie, l’emigrazione nelle lontane Americhe stava dissanguando tutta la popolazione, a Sud non vi erano moderni stabilimenti di produzione e di sviluppo, ancora il lavoro della terra era il centro economico, posseduta dai nuovi proprietari che erano subentrati ai nobili e al clero. Una situazione di estrema precarietà che come sappiamo, dopo l’illusione scientista e positivista, finirà nella tragedia della prima guerra mondiale. In questo contesto si situano i fenomeni religiosi di visioni, apparizioni, di manifestazione mariane di quell’epoca.

Nel secolo XIX vi erano state le famose apparizioni della Francia, cioè dell’Immacolata a Rue du Bac di Parigi e a Lourdes, dell’Addolorata a La Salette, avvenimenti che si stavano diffondendo in notorietà e devozione. Nel Sud dell’Italia il centro mariano di Pompei si stava ormai affermando, a Castelpetroso nel Molise l’apparizione dell’Addolorata nel 1888, altri fenomeni si erano verificati all’inizio del secolo con icone mariane che si rianimavano.  Nella valle calabro-lucana del Mercure nel 1700 si erano diffusi i racconti delle apparizioni o prodigi mariani sul monte Pollino e sul monte Alto. La devozione all’Addolorata era diffusa da tempo con il santuario delle Cappelle a Laino, fondato secoli prima dal pio pellegrino di Terra Santa Domenico Longo proprio al centro del suggestivo territorio, già mille anni prima eparchia monastica del Merkurion. I fatti di Castelluccio non avvennero dunque in un contesto atipico, ma si inserirono in un vasto fenomeno popolare ed ecclesiale, che i Vescovi e i sacerdoti vigilavano per valutare il genuino da ciò che era spurio.

Miei cari fratelli, sono passati tanti anni, eppure ancora è come quel giorno. Il nostro popolo si raduna per le celebrazioni eucaristiche, ricorre al sacramento della Penitenza, desidera incontrare lo sguardo di Maria, così espressivo in questa venerata immagine custodita nella bella chiesa di S. Nicola di Mira o di Bari, che dir si voglia. Cosa accadde? Avvenne la visitazione. Una visita di gioia e di conforto in quel periodo di stenti e di difficoltà del popolo e della Chiesa. Abbiamo ascoltato dal profeta Sofonia che si rivolge al popolo di Israele affranto e disperso: “Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!” (Sof 3,14). Il profeta annuncia la visita di Dio, che è Signore in mezzo al suo popolo, il quale ormai non temerà più sventure, non si scoraggerà, perché il Signore sarà un Salvatore potente, Lui stesso gioirà, rinnoverà con il suo amore, esulterà per il suo popolo. Il profeta parla della visita del Messia Gesù al suo popolo, e l’appellativo “figlia di Sion”, nel senso cristiano, è rivolto alla Vergine di Nazareth, rappresentante eletta del nuovo popolo di Dio, la Chiesa. La Madonna, con il prodigio di Castelluccio, venne a visitarci e a portare un messaggio di salvezza e di coraggio. Nello stesso tempo, essendo rappresentata in una icona dell’Addolorata, indicava nella passione, croce e morte di Cristo la fonte di questo coraggio e rinnovamento, nella luce della vittoria della Pasqua. Così come anche il suo volto materno, nello spasimo del dolore per il Figlio, esprimeva tutto il suo patimento per i figli traviati dalle nuove idee dannose, per i figli che partivano per terre lontane, per i figli doloranti che restavano e che di lì a pochi anni sarebbero stati falcidiati dalla strage della guerra. Una visita di gaudio e di ammonimento, di incoraggiamento, ma anche di premonizione: “State attenti, figli, vigilate e convertitevi poiché verranno tempi di sofferenza”.

Ma nel Vangelo proclamato possiamo intravedere di più. S. Luca ci descrive che, dopo l’annunciazione, Maria parte subito per visitare Elisabetta sua parente in attesa del suo figlio Giovanni. Nell’incontro delle due donne si incontrano anche i due bambini concepiti nel loro grembo, Giovanni il precursore e Gesù Figlio di Dio.  I nostri antenati quel primo giorno di giugno 1896 dovettero fare la stessa esperienza della famiglia di Zaccaria e di Elisabetta. La Madonna li visitava, e dovettero esclamare anche loro, come stasera noi: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. A che cosa devo che la madre del mio Signore venga a me…beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,42-43.45). Un popolo stupito e commosso: quale era il merito per avere una visita cosi meravigliosa con i segni che vedevano tutti? Nessun merito, ma solo grazia dalla volontà celeste che aveva scelto una piccola comunità, ai confini calabro-lucani, per mandare uno sguardo sulla terra, a quella umanità ferita e a quei figli cristiani disorientati. La Madonna guarda noi suoi figli affidati a Lei dal suo Figlio sotto la croce, perché Dio onnipotente ha guardato Lei e all’umiltà della sua serva, facendola chiamare beata da tutte le generazioni e facendo in Lei grandi cose, come la stessa Vergine esulta e canta nel Magnificat. La misericordia di Dio è per quelli che lo temono, cioè i poveri di Jahweh, come era larga parte della gente cattolica del tempo fra la superbia dei miscredenti e lo sfruttamento dei padroni. Nella visita di Maria dei dolori, il popolo di Castelluccio e di tutta alla valle del Mercure e oltre i suoi confini, ebbe il privilegio e la grazia di riascoltare la parola di Maria, che cioè Dio dispiega la potenza del suo braccio, disperde i superbi e rovescia i potenti, rimanda i ricchi a mani vuote, mentre innalza gli umili e ricolma di beni gli affamati. Sentì di nuovo che la storia della salvezza, come aveva promesso ai padri e ad Abramo, non era terminata nei tempi calamitosi di quegli anni, ma continuava ancora, in quanto l’Onnipotente e il Santo, tramite quell’evento di Castelluccio, si era ricordato della sua misericordia.

Ogni evento miracoloso ha fatto sempre riprendere nel popolo cristiano nuovo ardimento e nuovo impulso per il rinnovamento e la conversione, cosi avvenne in quei giorni, cosi continuò fino ad oggi. Miei cari fratelli e sorelle, stimati compaesani, conserviamo sempre nel cuore la parola di Dio che abbiamo ascoltato e quella visita singolare della Madre dolorosa, ma anche luminosa, che venne a comunicarci la fiducia in Dio, ricco di amore e misericordia.

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Carissimi fratelli e sorelle, caro parroco don Paolo, caro don Raffaele nostro decano per l’anzianità e l’esperienza. Rivolgo un omaggio al nostro vescovo mons. Vincenzo Orofino che ha la responsabilità pastorale della nostra Diocesi, così vasta e impegnativa.

Miei cari Castelluccesi, oggi celebriamo la vigilia della famosa festa dell’Addolorato qui in Castelluccio. Molti mi hanno sempre domandato: ma perché il primo di giugno? L’Addolorata non si ricorda in Quaresima e Settimana Santa? Non si festeggia forse in settembre? Perché a Castelluccio l’uno giugno? Si risponde che il primo giorno di giugno 1896 la sacra immagine della Madonna Addolorata manifestò dei segni prodigiosi davanti al popolo, la mozione degli occhi per circa due giorni. Si situa bene questa festa della Visitazione, trasferita con l’ultima riforma liturgica, al 31 maggio per comprendere ancora meglio cosa accadde e cosa il Cielo volle comunicare con quegli avvenimenti di fine secolo XIX a Castelluccio Inferiore, mentre a Castelluccio Superiore si ultimava il funerale della serva di Dio Maria Angelica Mastroti, che per sei anni era stata in queste due comunità testimoniando umile fede e profumi di virtù penitenziali, mistiche e caritative.

Anzitutto in quegli anni i paesi del Sud, della Basilicata e della vicina Calabria, vivevano una grande crisi. Lo Stato unitario aveva indebolito la Chiesa, incamerando beni e strutture, il clero numeroso non poteva avere facilmente la possibilità del sostentamento, la catechesi e la evangelizzazione mancava di forze efficaci, la pietà popolare era rimasta ancorata a stili e usanze non più rispondenti alle esigenze spirituali del tempo, ormai  l’anticlericalismo si diffondeva ovunque e anche negli strati sociali popolari, la povertà sociale attanagliava le famiglie, l’emigrazione nelle lontane Americhe stava dissanguando tutta la popolazione, a Sud non vi erano moderni stabilimenti di produzione e di sviluppo, ancora il lavoro della terra era il centro economico, posseduta dai nuovi proprietari che erano subentrati ai nobili e al clero. Una situazione di estrema precarietà che come sappiamo, dopo l’illusione scientista e positivista, finirà nella tragedia della prima guerra mondiale. In questo contesto si situano i fenomeni religiosi di visioni, apparizioni, di manifestazione mariane di quell’epoca.

Nel secolo XIX vi erano state le famose apparizioni della Francia, cioè dell’Immacolata a Rue du Bac di Parigi e a Lourdes, dell’Addolorata a La Salette, avvenimenti che si stavano diffondendo in notorietà e devozione. Nel Sud dell’Italia il centro mariano di Pompei si stava ormai affermando, a Castelpetroso nel Molise l’apparizione dell’Addolorata nel 1888, altri fenomeni si erano verificati all’inizio del secolo con icone mariane che si rianimavano.  Nella valle calabro-lucana del Mercure nel 1700 si erano diffusi i racconti delle apparizioni o prodigi mariani sul monte Pollino e sul monte Alto. La devozione all’Addolorata era diffusa da tempo con il santuario delle Cappelle a Laino, fondato secoli prima dal pio pellegrino di Terra Santa Domenico Longo proprio al centro del suggestivo territorio, già mille anni prima eparchia monastica del Merkurion. I fatti di Castelluccio non avvennero dunque in un contesto atipico, ma si inserirono in un vasto fenomeno popolare ed ecclesiale, che i Vescovi e i sacerdoti vigilavano per valutare il genuino da ciò che era spurio.

Miei cari fratelli, sono passati tanti anni, eppure ancora è come quel giorno. Il nostro popolo si raduna per le celebrazioni eucaristiche, ricorre al sacramento della Penitenza, desidera incontrare lo sguardo di Maria, così espressivo in questa venerata immagine custodita nella bella chiesa di S. Nicola di Mira o di Bari, che dir si voglia. Cosa accadde? Avvenne la visitazione. Una visita di gioia e di conforto in quel periodo di stenti e di difficoltà del popolo e della Chiesa. Abbiamo ascoltato dal profeta Sofonia che si rivolge al popolo di Israele affranto e disperso: “Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!” (Sof 3,14). Il profeta annuncia la visita di Dio, che è Signore in mezzo al suo popolo, il quale ormai non temerà più sventure, non si scoraggerà, perché il Signore sarà un Salvatore potente, Lui stesso gioirà, rinnoverà con il suo amore, esulterà per il suo popolo. Il profeta parla della visita del Messia Gesù al suo popolo, e l’appellativo “figlia di Sion”, nel senso cristiano, è rivolto alla Vergine di Nazareth, rappresentante eletta del nuovo popolo di Dio, la Chiesa. La Madonna, con il prodigio di Castelluccio, venne a visitarci e a portare un messaggio di salvezza e di coraggio. Nello stesso tempo, essendo rappresentata in una icona dell’Addolorata, indicava nella passione, croce e morte di Cristo la fonte di questo coraggio e rinnovamento, nella luce della vittoria della Pasqua. Così come anche il suo volto materno, nello spasimo del dolore per il Figlio, esprimeva tutto il suo patimento per i figli traviati dalle nuove idee dannose, per i figli che partivano per terre lontane, per i figli doloranti che restavano e che di lì a pochi anni sarebbero stati falcidiati dalla strage della guerra. Una visita di gaudio e di ammonimento, di incoraggiamento, ma anche di premonizione: “State attenti, figli, vigilate e convertitevi poiché verranno tempi di sofferenza”.

Ma nel Vangelo proclamato possiamo intravedere di più. S. Luca ci descrive che, dopo l’annunciazione, Maria parte subito per visitare Elisabetta sua parente in attesa del suo figlio Giovanni. Nell’incontro delle due donne si incontrano anche i due bambini concepiti nel loro grembo, Giovanni il precursore e Gesù Figlio di Dio.  I nostri antenati quel primo giorno di giugno 1896 dovettero fare la stessa esperienza della famiglia di Zaccaria e di Elisabetta. La Madonna li visitava, e dovettero esclamare anche loro, come stasera noi: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. A che cosa devo che la madre del mio Signore venga a me…beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,42-43.45). Un popolo stupito e commosso: quale era il merito per avere una visita cosi meravigliosa con i segni che vedevano tutti? Nessun merito, ma solo grazia dalla volontà celeste che aveva scelto una piccola comunità, ai confini calabro-lucani, per mandare uno sguardo sulla terra, a quella umanità ferita e a quei figli cristiani disorientati. La Madonna guarda noi suoi figli affidati a Lei dal suo Figlio sotto la croce, perché Dio onnipotente ha guardato Lei e all’umiltà della sua serva, facendola chiamare beata da tutte le generazioni e facendo in Lei grandi cose, come la stessa Vergine esulta e canta nel Magnificat. La misericordia di Dio è per quelli che lo temono, cioè i poveri di Jahweh, come era larga parte della gente cattolica del tempo fra la superbia dei miscredenti e lo sfruttamento dei padroni. Nella visita di Maria dei dolori, il popolo di Castelluccio e di tutta alla valle del Mercure e oltre i suoi confini, ebbe il privilegio e la grazia di riascoltare la parola di Maria, che cioè Dio dispiega la potenza del suo braccio, disperde i superbi e rovescia i potenti, rimanda i ricchi a mani vuote, mentre innalza gli umili e ricolma di beni gli affamati. Sentì di nuovo che la storia della salvezza, come aveva promesso ai padri e ad Abramo, non era terminata nei tempi calamitosi di quegli anni, ma continuava ancora, in quanto l’Onnipotente e il Santo, tramite quell’evento di Castelluccio, si era ricordato della sua misericordia.

Ogni evento miracoloso ha fatto sempre riprendere nel popolo cristiano nuovo ardimento e nuovo impulso per il rinnovamento e la conversione, cosi avvenne in quei giorni, cosi continuò fino ad oggi. Miei cari fratelli e sorelle, stimati compaesani, conserviamo sempre nel cuore la parola di Dio che abbiamo ascoltato e quella visita singolare della Madre dolorosa, ma anche luminosa, che venne a comunicarci la fiducia in Dio, ricco di amore e misericordia.