Omelia Solennità di San Canio, Cattedrale, 01 settembre 2018

01-09-2018

1 settembre 2018,cattedrale, solennità di S. Canio, omelia.

Carissimi fratelli e sorelle, reverendi sacerdoti concelebranti, riveriti canonici, illustri autorità civili, stimate religiose, cari seminaristi, a maggio festeggiamo la traslazione delle reliquie di S. Canio dalla Campania ad Acerenza, al primo settembre la sua festa solenne da calendario liturgico. Il martire, il pastore, il patrono: sono questi i titoli con cui lo ricordiamo ascoltando sul suo esempio la parola di Dio e avvicinandoci alla Mensa eucaristica, al pane vivo disceso dal cielo, perche chi mangia la carne di Cristo e beve il suo sangue ha la vita eterna.

  1. Canio: anche il modello, l’intercessore, il fratello nelle gioie, l’amico nelle avversità. Coltiviamo volentieri la devozione verso di lui, da accentuare l’imitazione delle sue virtù morali e cristiane, il suo insegnamento come vescovo, la sua testimonianza suprema come martire. Non dimentichiamo il suo patrocinio: come desidererei insieme a voi rinvenire dopo secoli il suo sacro deposito, le sue reliquie benedette, custodite in un punto misterioso di questa augusta basilica cattedrale, per poterle venerare insieme al suo bastone pastorale, per poter toccare le sue ossa ed entrare più vivamente in relazione con la sua anima beata. Ma non solo questo, ancor di più seguire le sue orme sulla strada del Vangelo, attingere come lui la grazia dalla liturgia sacramentale della Chiesa, rafforzarci sulla via della carità e della fraternità, dell’accoglienza e del perdono, come lui da cristiano esemplare e da gran sacerdote ha fatto eroicamente e ha spronato gli altri seguaci di Cristo a fare altrettanto senza riserve, sia in Africa, sia in Italia. Si tratta sempre del kèrygma cristiano: “Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore” (2 Tim 2,8-9), scrive S. Paolo nella seconda lettera a Timoteo, che abbiamo ascoltato.
  2. Canio ha visto la gloria di Dio: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria”, abbiamo ascoltato dal profeta Isaia (6,3). Non si può spiegare la santità cristiana, la missione dei vescovi pastori santi senza comprendere la loro vita contemplativa della potenza e dell’amore di Dio santissimo. Afferma papa Francesco nella esortazione apostolica Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo che: “Ci occorre uno spirito di santità che impregni tanto la solitudine quanto il servizio, tanto l’intimità quanto l’impegno evangelizzatore, così che ogni istante sia espressione di amore donato sotto lo sguardo del Signore” ( n. 31). Se sui santi antichi a volte abbiamo notizie scarne e talvolta rivestite di elementi morali e simbolici, abbiamo una biografia sicura nelle pagine del Vangelo, perche i santi sono il miglior commento al Vangelo e la copia del Signore Gesù. Ogni vocazione è sempre una contemplazione: si è contemplati da Dio dall’eternità, si risponde con uno sguardo contemplativo e obbediente alla sua volontà.

Ohime! Io sono perduto perche un uomo dalle labbra impure io sono!”, esclama Isaia davanti alla gloria divina (6,5). I santi sono ben coscienti della loro creaturalità e fragilità. Alcuni si sono convertiti da una vita peccaminosa e triste, altri si sono affinati nella grazia con un cammino ascetico e umile, altri hanno ricevuto fin dall’infanzia la pace di Dio che però hanno dovuto difendere e arricchire continuamente nel cammino. Ho sperimentato anche io, che santo non sono, questa dinamica interiore quando ebbi la chiamata al sacerdozio. Ci pensavo commosso quando nelle tre tappe del sacramento dell’Ordine mi sono prostrato sul pavimento, tutte ricorrenze per me nel mese di agosto: il diaconato l’11, il presbiterato il 3, l’episcopato il 20. La prostrazione: sentivo tutto il mio nulla, disteso sulla terra, chiamato ad essere humilis dal termine humus, terra, terreno. Ma proprio perché la terra è cosi, nel senso che sta sotto, tutti la attraversano e nessuno se ne accorge, proprio per questa assoluta necessità della terra ignorata, nasce la vita e il frutto. Lessi con piacere nelle opere di San Giovanni Paolo II questi suoi pensieri: quando era prostrato sul pavimento, nel rito di ordinazione, sentiva il passaggio su di sé dello zoccolio del gregge di Cristo. Ecco, devono passare sul sacerdote le pecorelle del Signore, lui deve essere il terreno fresco e fiorito, fertile e profumato, su cui gli altri possono passare per arrivare a Cristo. Come S. Canio sacerdote e vescovo, noi sacerdoti dell’Arcidiocesi e della Chiesa universale, siamo al servizio degli altri fratelli: questa non solo è la nostra missione, ma ancor di più è la nostra identità.

Allora uno dei serafini volò verso di me, teneva in mano un carbone ardente..mi toccò la bocca e mi disse- Ha toccato le tue labbra …e scomparsa la tua iniquità…chi manderò e chi andra per noi?… E io risposi -Eccomi, manda me!” (6,6-8), abbiamo proclamato dal profeta Isaia. S. Canio vescovo santo ha risposto di sì, come gli Apostoli, come la Vergine Maria. Dopo la purificazione della sua vita e delle sue paure, inondato da quella gloria contemplata, obbedisce gioiosamente al Signore per l’annuncio della sua parola fino all’effusione del sangue. Miei cari fratelli sacerdoti, siamo servi della parola di Dio, non delle nostre parole che spesso, frutto delle nostre passioni e dei nostri limiti, ci tengono le labbra chiuse e non pure. Ho sempre invocato il serafino del tempio della visione di Isaia che, nella mia missione di annunciatore della parola, mi ponesse sulle labbra il carbone ardente dell’altare. Anche quando il 3 settembre 2016 feci l’ingresso per essere a servizio di questa amata comunità diocesana, sotto la protezione di S. Canio e della Madonna Assunta, chiesi al Signore di purificare le mia labbra e di farmi rispondere sempre, anche nei momenti più difficili, “eccomi, manda me”.

Cari fratelli sacerdoti, cari neoparroci, predicatori della parola, se festeggiamo i pastori martiri, non dimentichiamo che la loro prima testimonianza fu l’evangelizzazione di un mondo lontano da Cristo, l’annuncio della vera fede, la catechesi continua e mistagogica, la predicazione della verità onorata fino alla prova estrema. “La parola di Dio non è incatenata!” (2 Tim 2,9), afferma l’Apostolo nella seconda lettera a Timoteo. Dopo un biennio in cui abbiamo approfondito la grande missione che Cristo ci ha affidato, ossia la gioia del Vangelo, l’Evangelii gaudium, il munus docendi Ecclesiae, non teniamo incatenata la Parola di Dio, nella nuova evangelizzazione dell’Arcidiocesi, nell’annuncio nelle nostre famiglie e parrocchie, nella catechesi permanente, nella predicazione e nell’omelia, nella carità operosa, nella testimonianza quotidiana in ogni ambito e da parte di tutti. Se mi attardo nelle catechesi e nelle omelie è per questo motivo, perché la rivelazione di Dio non deve essere impedita, non deve essere incatenata, non solo dalle persecuzione esterne del mondo, ma ancor di più dagli impedimenti interni a causa delle resistenze e delle obiezioni degli stessi cristiani.

Tutti quelli che vogliono rettamente vivere in Cristo saranno perseguitati” (2Tim 3,12), come assicura S. Paolo a Timoteo, nel brano già proclamato in questo solenne ricordo liturgico del martire S. Canio. E apriamo un nuovo biennio sulla missione di santificazione, sul munus sanctificandi che Cristo Figlio di Dio ci ha donato: la liturgia, i sacramenti, la preghiera. La fede celebrata e pregata, la parola di Dio attuata nella celebrazione e nell’efficacia dei sacramenti, sarà il nostro prossimo cammino diocesano.

Il Vangelo di san Luca che il diacono ha proclamato ci riporta l’episodio del dissenso in mezzo ai discepoli su chi di loro fosse il più grande. Una divergenza che, ahinoi, ha attraversato sempre la comunità dei cristiani, come tentazione perenne: “Perché a te? Come mai quello? Che c’entra quell’altro! Tocca a me! Io conto di più! Io merito di più!”. Gesù, con la sua divina pazienza e misericordia, fa notare ai suoi discepoli, quindi a noi, che non siamo come i re, i governanti e i potenti di questo mondo, ma ci dice dolcemente: “Chi tra voi è più grande diventi come il più piccolo, il più giovane, e chi governa come colui che serve…io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22, 24-27). Come vorrei fino in fondo realizzare questo principio evangelico: l’autorità come servizio, come obbedienza all’Obbediente per eccellenza, cioè Cristo che sta in mezzo a noi come colui che serve. Ecco il nostro ruolo: servitori dei fratelli per amore di Cristo. Questa è la mia preghiera per l’ufficio affidato ai parroci dell’Arcidiocesi, per i nuovi parroci, per i responsabili di curia e per i direttori di uffici pastorali, per il nuovo vicario generale don Domenico Baccelliere, che ringrazio di cuore per la disponibilità, per tutti noi, sacri ministri, religiose e fedeli laici, consiglieri e collaboratori in tutti i settori parrocchiali e diocesani, Siamo servi, non padroni, e servire Cristo è regnare.

   “Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno come il Padre mio l’ha preparato per me perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno” (Lc 22, 28-30) , dice il Signore Gesù nel Vangelo che abbiamo baciato. Perseverare nel battesimo e nella cresima, perseverare nell’ordine sacro e nel matrimonio, perseverare mangiando il Pane eucaristico di vita. Penso nel prossimo anno liturgico, dedicato a Cristo nostra vita, di iniziare la visita pastorale, preludio a un prossimo sinodo diocesano. Penso di dedicare già dal prossimo autunno un’attenzione particolare alle associazioni e ai movimenti cattolici. Penso di continuare a camminare con i giovani, con gli adolescenti, con i ragazzi, sulla scorta del Sinodo episcopale di ottobre e le indicazioni da esso scaturite. Al più presto sarà istituito l’ufficio diocesano per la tutela dei minori e delle vittime degli abusi. Troppo ormai è lo scandalo e il dolore dei fratelli più piccoli di Gesù! Papa Francesco chiede aiuto a tutti i fedeli per sconfiggere l’abuso e la violenza, ovunque sia, perpetrata a danno degli innocenti. Anche la nomina dell’esorcista diocesano sarà a gloria della potenza di Dio contro le forze del male e del Maligno. Invochiamo ancora in questo anno giubilare diocesano il b. Egidio da Laurenzana, potente intercessore contro le insidie del diavolo.

Ho detto penso: ma questi miei desideri dovranno essere discussi negli organismi diocesani di consultazione, con il clero diocesano, con i settori di governo e di pastorale, per diventare un desiderio e un impegno comune, dei cristiani laici, delle religiose e dei ministri sacri. S. Canio, martire e vescovo, glorificato in cielo perche su questa terra hai perseverato con Cristo, chiediamo a Dio, per tua intercessione, di percorrere la tua stessa via. Gesù Cristo ci dice: “Io sono la via, la verità e la vita… Senza di me non potete far nulla” (Gv 14,6. 15,5).

Vi ringrazio con tutto il cuore per la squisita fraternità e ospitalità che in questi due anni mi avete offerto, sono un missionario di passaggio. Siamo tutti di passaggio. La meta è altrove. Grazie, prego per voi, pregate per me, e vi benedico.