Omelia Solennità Cristo Re dell’Universo

Seminario Maggiore - Festa delle Famiglie dei seminaristi
20-11-2016

20 novembre 2016, Solennità di Cristo Re, omelia per la festa delle famiglie dei seminaristi, Seminario Maggiore, Potenza.

Carissimi fratelli e sorelle, cari seminaristi e care famiglie, stimatissimi don Filippo Nicolò, rettore, don Angelo Gioia, vicerettore, don Leonardo Verre, padre spirituale, cari fratelli sacerdoti e diaconi, presiedo questa santa Eucaristia nella solennità di Cristo re e rappresento la Conferenza Episcopale di Basilicata in qualità di delegato per la pastorale familiare, a tal proposito saluto con affetto S.E.R. Mons. Salvatore Ligorio, arcivescovo metropolita di Potenza- Marsico Nuovo-Muro Lucano.

Andremo con gioia alla casa del Signore”. Siamo qui riuniti nella casa del Signore, non solo in questa nostra cappella principale, ricca di ricordi e di gratitudine verso il Signore per tanti di noi che in questo luogo sacro da giovani abbiamo pregato e adorato Cristo Re e venerato la sua santissima madre Maria Immacolata, ma siamo qui riuniti perché la liturgia è la casa del Signore, il nostro cuore di fedeli è la casa del Signore, dal nuovo ambone la parola di Dio risuona nella casa del Signore che è la nostra vita, sul nuovo altare si prepara il cibo di eternità e viene offerto a tutti coloro che vivono nella casa del Signore.

Siamo riuniti con gioia dunque figli e genitori, papà e mamme, fratelli e sorelle, altri familiari, i sacerdoti responsabili che in quanto educatori sono genitori e padri di questi cari giovani che si preparano al sacerdozio nel discernimento attento e orante della loro vita. “Ringraziate con gioia il Padre che ci ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce”, ci dice S. Paolo nel brano odierno della lettera ai Colossesi. È la vocazione al matrimonio e alla famiglia, è la vocazione al sacerdozio e alla famiglia ecclesiale: Dio ci fa capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. Ci rende capaci di partecipare al Regno del Figlio del suo amore, regno eterno e universale, regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, d’amore e di pace, canta il prefazio odierno.

Il Signore Gesù Cristo è prima di tutto e tutto sussiste in lui, è immagine del Dio invisibile perché chi vede lui vede il Padre, egli è principio e primogenito di coloro che risorgono dai morti. Si, la regalità di Cristo rifulge dalla croce, per mezzo della croce di Cristo abbiamo ottenuto la redenzione e il perdono dei peccati, per mezzo del suo sangue versato sulla croce è stato pacificato il cielo con la terra. Cristo è il Re perché non pensa a salvare se stesso, ma il suo gregge, proprio per questo è l’eletto di Dio. Pur non avendo fatto nulla di male, abbraccia la croce come trono, riceve le spine come corona, i chiodi come scettro, la lancia al cuore come omaggio regale, gli oltraggi e gli insulti come onori, il Golgota come capitale del suo regno: regnat Christus a ligno crucis, e servirlo è regnare con lui.

Oggi nasce sulle nostre labbra l’invocazione fiduciosa e sincera: “Ricordati di me nel tuo regno!”. Ricordati di questi giovani che nella preghiera e nello studio ti cercano nella via vocazionale, assistiti con il tuo Santo Spirito nel cammino di formazione e di crescita verso la vita adulta e matura: siano pronti per una scelta responsabile e generosa, con la guida dei superiori e professori. Ricordati, o re crocifisso, di queste care famiglie nel cui grembo è sbocciato il fiore della vocazione sacerdotale, aiuta questi papà e queste mamme, insieme agli familiari, a sostenere la vocazione dei figli, con l’incoraggiamento affettuoso e la collaborazione nei vari momenti, specie quelli delicati e difficili; ricordati Gesù nel tuo regno di noi vescovi e sacerdoti per la missione grave ed esaltante di curare queste pianticelle nel seminario, che significa “ vivaio”, per condurle per mano sulla via di Cristo buon Pastore e eterno sacerdote di amore, di gioia , di riconciliazione.

Cristo re universale, ricordati di tutti noi a termine di questo Giubileo straordinario, donaci ancora e sempre la tua misericordia, la tua indulgenza, la tua benevolenza: nel grigio cammino di questa vita solo tu sei la luce, solo il tuo Vangelo ci può mostrare ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è grazia e ciò che è peccato, ciò che è la tua volontà e ciò che è il nostro capriccio o durezza di cuore, ciò che è verità e ciò che è tenebra. Ricordati della Chiesa, tua diletta Sposa, estendi la tua regalità di Crocifisso d’amore su tutti i suoi membri, dal nostro caro e amato papa Francesco fino ad ogni membro del popolo di Dio: i tempi sono inquieti e violenti. La pace nelle famiglie, nelle comunità cristiane, fra le nazioni, è sempre in bilico, la persecuzione dei cristiani non accenna a mitigarsi, i poveri gridano a te e a noi per avere pane e dignità; ricordati di noi tutti nella tua regalità. La tua potenza è l’amore, la tua vendetta è il perdono, il tuo dominio è l’offerta di te stesso in sacrificio. Sei venuto a portare il fuoco sulla terra, il fuoco del tuo Santo Spirito, sei venuto a portare la guerra nel mondo, la guerra a Satana, al peccato e alla morte. Ricordati di me nel tuo Regno. Cristo Re è il capo della Chiesa che è il suo corpo, afferma l’apostolo Paolo in questa domenica solenne: come già l’antico Israele si riconosceva in Davide, figura di Cristo vero re e messia, cosi anche noi in questa liturgia veniamo al Signore nostro pastore e guida, dicendogli: “Ecco noi siamo tue ossa e tua carne, siamo il popolo dei battezzati e cresimati, siamo il popolo del matrimonio e dell’ ordine sacro, stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo di tua conquista, noi siamo il tuo corpo, tu sulla croce hai concluso con noi un’alleanza nuova ed eterna. Cristo Re perdonaci, salvaci, amaci!”.

Un nuovo anno liturgico di spiritualità e di testimonianza si prepara davanti a noi: facci degni del dono di questo nuovo tempo, di questo nuovo passo nella costruzione del tuo regno, per la santificazione del tuo nome, perché sia fatta la tua volontà. L’Avvento si apre dinanzi a noi, donaci o Cristo Re lo sguardo verso le realtà definitive ed eterne per poter giudicare rettamente le realtà terrene e passeggere, donaci la grazia di tenere le lucerne accese per attendere il Signore che verrà nella gloria e le cinture ai fianchi, per servire il Signore che viene sempre nei poveri e nei fratelli bisognosi.

L’odierno vangelo di S. Luca: “In verità io ti dico: oggi sarai con me ”, ci risponde il Re crocifisso con quella sua divinità che ci convince: come si potrebbe credere alla promessa di paradiso, cioè di vita piena e beata, che proviene dalle labbra screpolate e tumefatte di un suppliziato moribondo, seppur innocente? Solo la certezza di fede verso un Dio d’amore, annichilito sul legno per noi, ci fa gridare con il ladrone pentito “ricordati di me”. Proprio perché lui è il Dio con noi, fino in fondo, fino alla croce, e noi, se ci affidiamo totalmente, saremo con lui; già siamo con lui a causa della Pasqua perenne in attesa della Parusia.

Cari giovani seminaristi, attingete volentieri all’ amoris laetitia dei vostri genitori, al loro affetto, alla loro fede, ai loro sacrifici, alle loro gioie: la famiglia è il primo seminario di apertura alla vita, all’amore, alla pace, a Dio. Cari genitori, annunciate l’ evangelii gaudium a questi giovani figli vostri, testimoniate loro la gioia del Vangelo, del matrimonio, della fedeltà a un solo amore, della comunione e dell’accoglienza, della sobrietà e della temperanza, della saggezza e dell’esperienza. Il Lumen fidei non si spenga nella vostra famiglia, nella vostra parrocchia, nel vostro ambiente, nel seminario, e fioriscano ovunque sante e numerose vocazione al sacerdozio, alla vita consacrata e missionaria, al matrimonio cristiano.

Oggi ricorre anche la data della nascita e del battesimo di un grande e santo sacerdote lucano, il beato Domenico Lentini da Lauria, ultimo di cinque figli. Ebbene, anche lui, come ogni sacerdote, è frutto di una fervente famiglia cristiana. La madre Rosalia offrì la sua vita per salvare quella del marito ammalato e assicurare un sostegno sicuro ai suoi piccoli figli, in quei tempi di dura povertà. Il padre Macario, guarito e rimasto vedovo, impegnò tutta la sua salute e i suoi magri possedimenti, cioè una casetta, una povera bottega d’artigiano, un asinello e una piccola vigna, per portare avanti la famiglia e gli studi del giovane Domenico, chiamato dal Re Crocifisso a diventare sacerdote. Lo vide all’altare e mori poco tempo dopo. E don Domenico, povero, devoto e umile come la sua mamma e il suo papà, come tutta la sua famiglia, si fece prete santo, Dio lo fece santo . Viva Cristo Re!