Omelia, S. Messa in Coena Domini, 14 aprile 2022

14-04-2022

Carissimi fratelli e sorelle, cari fedeli che da battezzati e cresimati, pentiti nella confessione dei peccati ai ministri di Cristo, vi nutrite del Corpo e del Sangue del Signore crocifisso e risorto; cari sacerdoti che consacrate il Pane celeste e il Calice di salvezza, e ve ne corroborate l’anima per la vostra santità e, anche con l’aiuto dei diaconi, li amministrate ai fratelli per la loro crescita spirituale. Cari giovani e adulti della comunità di riabilitazione per il disagio giovanile qui in Acerenza, denominata “Il Giardino di Alice”, insieme ai vostri responsabili, operatori e operatrici, convenuti in cattedrale per la S. Messa e per il gesto liturgico della lavanda dei piedi.

È un sentimento di gioia e di fede celebrare l’Eucaristia nel Giovedì santo, in cui la Parola divina ci ricorda l’Agnello dell’Esodo di liberazione dalla schiavitù d’Egitto, dell’agnello senza difetti e senza macchia, immolato, consumato in famiglia e con le case segnate dal suo sangue per salvezza dal passaggio dell’Angelo di Dio, mandato a punire il faraone, ostinato nell’opprimere il popolo di Abramo. Quell’agnello antico sacrificato, mangiato, il cui sangue salvava dalla morte, è la prefigurazione profetica di Cristo, vero Agnello di Dio, Colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla sua Cena!

Nella seconda lettura S. Paolo, conferma quello che anche lui ha ricevuto, che nella celebrazione dell’Eucaristia si perpetua ciò che il Signore ha operato nell’Ultima Cena con i suoi Apostoli, che il pane dell’altare è il suo Corpo e il vino è il suo Sangue. Nel Vangelo di Giovanni, ora proclamato, Gesù, al momento della cena, si inginocchia dinanzi ai suoi Apostoli e, come fa un servo, lava loro i piedi e li asciuga nel servizio totale della sua persona che si farà servo sulla croce, insegnando a tutta la Chiesa come bisogna amarsi: piegandosi nell’umiltà, donandosi come sulla Croce, offrendosi come nell’Eucaristia.

Nella Messa è sempre la Cena di Gesù e il suo sacrificio d’amore sulla croce, ma anche la sua risurrezione e l’attesa della sua venuta alla fine dei tempi. È sempre il suo comandamento d’amore: “Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato”, è sempre l’offerta di se stesso in cibo spirituale per il cammino, è sempre il riferimento ai sacerdoti che devono celebrare il memoriale perenne. “Questo è il mio Corpo”, come dire, nella lingua biblica, “questa è tutta la mia persona per voi”. “Questo è il mio Sangue”, come dire “questa è tutta la mia vita per voi”. E non sono parole consolatorie e simboliche, la parola di Dio è efficace, per cui sotto il velo sacramentale veramente, realmente e sostanzialmente, è il suo Corpo e il suo Sangue per la nuova ed eterna Alleanza.

La Celebrazione Eucaristica si caratterizza proprio per questo: noi partecipiamo alla Pasqua del Signore, lo ascoltiamo nella sua Parola che prepara il Sacrificio e poi comunichiamo al suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Nella Messa all’ostensione dell’Ostia santa, il sacerdote annuncia e proclama: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo, beati gli invitati alla cena dell’Agnello”. “Ecco Colui”, per non dare adito ad equivoci, dubbi ed eresie, nel dono dell’Eucaristia è Lui, è presente: “Sono proprio io, toccatemi”, ci dice.

Cari fratelli e sorelle, nei secoli e anche oggi la fede nell’Eucaristia ha avuto sempre tentazioni e attacchi. La stessa Ostia consacrata è stato oggetto, ed è tuttora, di orribili bestemmie, profanazioni continue e noncuranza generale, come se il bacio di Giuda continuasse permanentemente, come se l’odio di Satana verso Cristo nel Sacramento non desse mai tregua, come se le sue ferite sanguinassero in perpetuo, come se il suo Corpo fosse flagellato e sfigurato con staffilate e battiture senza sosta, e il suo Sangue sempre versato dalla croce.

In più, i peccati che si commettono nella vita, che tradiscono il Credo proclamato con la bocca, il sacrilegio che prima o dopo la comunione eucaristica commettiamo, andando all’Eucaristia senza il cuore libero oppure, dopo averla ricevuta, subito ne dimentichiamo la forza risanatrice e volutamente ricadiamo negli stessi peccati, se non più gravi. Attenzione fratelli miei, facciamo attenzione: la crisi della frequenza a Messa è perché tanti cristiani non hanno compreso, non dico tutta, la luce dell’Eucaristia, ma almeno molti dei suoi splendidi raggi. Mi chiedo: come si fa ad essere e rimanere cristiani, cioè discepoli di Gesù, se non si frequenta assiduamente la Comunione Eucaristica, la S. Messa, tutti i giorni se si può, almeno la Domenica e le Solennità, e si può. Escluso impedimenti oggettivi. Gesù ci lava i piedi, sacrificandosi, donandosi attualmente nell’Eucaristia.  Come sacerdote vescovo, vi prego di continuare fermante o di ricominciare o di cominciare a frequentare spessissimo la Messa, liturgia della parola e liturgia eucaristica: da lì nasce la pace, la testimonianza cristiana, la carità al prossimo, il pentimento di ogni peccato.

Mi chiedo anche in questa guerra europea. Me lo chiedo con papa Francesco, che ne sta soffrendo tanto: come fanno i cristiani di Russia e di Ucraina, quelli che lo sono veramente, a celebrare l’Eucaristia, la Pasqua, quando uno aggredisce e distrugge, e l’altro, pur di difendersi, è costretto a rispondere comunque con violenza alla violenza e al sopruso. Cosa pensa di noi Cristo, da quest’Ostia santa, Lui che si è piegato ai nostri piedi per indicarci il vero sinodo, ossia quello che lui, che è Maestro e Signore, ha fatto, insegnando a fare anche noi così.

Le restrizioni pandemiche e le paure sociali, l’inerzia religiosa e il facile comodo, hanno provocato anche la difficoltà della catechesi e dell’evangelizzazione dei ragazzi e dei giovani: sempre più lontani dal Corpo eucaristico di Cristo. Faccio appello a tutti voi, genitori, nonni, catechisti e membri di associazioni cattoliche, in Acerenza e in Arcidiocesi, lasciate che i ragazzi vengano a Cristo, non glielo impedite, con la leggerezza e a volte con la vostra assenza, che pure in tanti ci si definisce cattolici.

Ecco perché, con il parroco don Nico, abbiamo pensato quest’anno alla comunità di accompagnamento, operante in Acerenza, a favore di questi cari fratelli e sorelle. Sono persone per lo più in giovane età che hanno già incontrato sofferenza, disagio, ansia. Grazie miei cari, abbiamo fatto l’incontro di spiritualità e vi siete confessati con i sacerdoti, adesso per voi e con voi, con il gruppo di rappresentanza, il gesto del servizio, come tra di voi e con i vostri responsabili e operatori. Abbiamo bisogno l’un dell’altro, sempre: nessuno può dire “basto a me stesso, non ho necessità di nessuno”. Questi cari fratelli che abitano con noi, ci dimostrano ogni giorno che dove “c’è la carità e l’amore fraterno, lì c’è Dio”, nel nostro cuore, in chiesa, nei Sacramenti, nelle famiglie, nei centri di cura o di fraternità, sui posti di lavoro, nella società.

Madre Maria, Madre del dolore e della gioia, eri nel cenacolo e vedesti tutto quella sera, come quel tuo Figlio divino si piegò, nell’umiliazione, ai piedi degli Apostoli. Come si offrì a tutti, Corpo e Sangue, nella Cena. Come li rese sacerdoti della nuova ed eterna Alleanza. Come parlò di croce e di morte. Come annunciò la sua vita per sempre. Madre, ti preghiamo, aiutaci a comprenderlo, aiutaci a riceverlo sempre alla mensa eucaristica. Con i nostri piedi da lui lavati, aiutaci a camminare insieme, per lavare i piedi degli altri, ossia la loro vita.