Omelia per la festa di S. Gianuario

25-08-2017

Omelia per la festa di S. Gianuario. Marsico nuovo, 25 agosto 2017

Vi saluto, carissimi fratelli e sorelle, saluto il reverendo parroco e i sacerdoti concelebranti, un saluto al seminarista. Ossequi al signor Sindaco. Rivolgo un fraterno e affettuoso saluto a mons. Salvatore Ligorio, arcivescovo di questa Arcidiocesi e metropolita di Basilicata. Ringrazio per l’invito rivoltomi a presiedere questa liturgia in occasione delle festività in onore di san Gianuario, vescovo e martire dell’antica Lucania. Dalla Sacra Scrittura noi apprendiamo maggiormente il ruolo, la fisionomia e la missione dei santi.

Dalla prima lettura, che abbiamo ascoltato, il brano dell’Apocalisse, ci vengono comunicati tre realtà avverse a Cristo e alla sua azione di salvezza: il drago, la bestia e il falso profeta.  Se avviciniamo con molta attenzione il libro profetico del Nuovo Testamento noi possiamo capire qualcosa di più profondo, come era l’intenzione dell’autore sacro e la mozione dello Spirito Santo quando il testo ispirato fu scritto. Il drago è il serpente antico, Satana, il diavolo, che odia e combatte contro Dio fin dal momento della sua ribellione superba. La bestia rappresenta tutti i regni e gli imperi che, con tutto ciò che ammaliano e schiavizzano, alleati con il drago, combattono contro l’unico Dio e suo Figlio Gesù Cristo. Il falso profeta rappresenta tutte quelle false religioni e sette che, alleate di Satana e dei tiranni, con magie e superstizioni adorano il diavolo, seducono la fragile umanità e ingannano e opprimono gli uomini di retta fede e coscienza. Possiamo ricordare due passi. “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo” (), il Diavolo infatti è stato precipitato, colui che significa “divisione” e “separazione”, cioè colui che opera per allontanare sempre gli uomini dall’amore di Dio, il diàbolos è stato vinto e spodestato dalla morte e risurrezione di Cristo.

I santi martiri non diedero alcuna possibilità al Demonio di separarli da Cristo, preferirono l’apparente sconfitta del supplizio e dell’atroce morte, perché credevano fermamente alla vita eterna e beata che avrebbero conseguito da Cristo. Dice ancora l’apostolo S. Giovanni infatti: “Essi hanno vinto grazie al sangue dell’Agnello e alla parola della loro testimonianza, non hanno amato la loro vita fino a morire” (Apoc 12,10). San Gianuario, cioè, ha scelto la morte pur di vivere in eterno, al contrario di coloro che nel tradimento verso Cristo presumono di scegliere la vita e invece vanno verso la morte eterna.

Nella seconda lettera a Timoteo S. Paolo esorta il suo discepolo vescovo: “Ricordati di Gesù Cristo…per il quale io soffro fino a portare le catene come un malfattore…ma la parola di Dio non è incatenata! Se moriamo con lui, con lui vivremo” (2Tim 2,9). E’ proprio così: i santi martiri non solo si ricordavano di Cristo perseguitato e condannato a morte e da lui ricevevano la forza, ma erano essi stessi memoria di Cristo crocifisso dando esempio e dimostrazione ai pagani che gli idoli non davano nulla perché erano nulla, mentre Cristo dava la forza di affrontare anche le torture più orribili e donava la potenza dello Spirito Santo e anche di perdonare i carnefici e di offrire preghiere per la loro salvezza e conversione. S. Gianuario condivise le catene della prigionia e della condanna per amore di Cristo, perché sapeva bene che quand’anche fosse impedito lui, la parola di Cristo non era bloccata, anzi proprio perché arrestati e uccisi i cristiani erano molto più testimoni della parola e della fede, che non il contrario.

Dal vangelo di Giovanni abbiamo accolto la rivelazione di Gesù che si rivolge al Padre, guardando i suoi: “Abbiano in sé stessi la pienezza della mia gioia…Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo…consacrali nella verità, la tua parola è verità…” (Gv 17,13-14.17). La pienezza della sua gioia si acquista se partecipi alla pienezza del suo dolore e della sua passione. È il dono della parola di Dio, che è verità, che se testimoniato fino all’effusione del sangue, genera odio da parte del mondo ostinato e avverso alla luce della fede in Cristo.

Essi non sono del mondo come Cristo non è del mondo. Cari fratelli e cari sacerdoti, c’è qui un punto che deve essere messo in luce. Nel Nuovo Testamento il mondo, kòsmos, ha almeno tre accezioni. Il mondo creato che in sé è buono, ma ormai inficiato dal limite e fragilità, conseguenza del peccato dell’uomo. Il mondo quindi sotto il potere del maligno, quindi sempre tendente al male e alla lotta contro la bontà e la bellezza di Dio creatore. Il mondo redento e salvato dal sacrificio di Cristo sulla croce e santificato poi dal dono dello Spirito, mondo di cui fa parte la stessa Chiesa, primizia della redenzione. Evidentemente i martiri come il nostro vescovo S. Gianuario, allorché si opponevano al potere mondano violento e idolatra, intendevano opporsi a quell’aspetto negativo e malefico del mondo sotto il segno di Satana. In questo senso Cristo e i suoi seguaci non sono del mondo, e mai lo devono essere, altrimenti non sarebbero più appartenenti a Cristo. Come afferma il sacro testo, essi sono consacrati nella verità, cioè sono di Dio e del suo Cristo, sono unti dallo Spirito Santo nella sua Parola, nei Sacramenti, nei comandamenti, nella carità, nella preghiera.

Cari fratelli e devoti di S. Gianuario questa è la fede e la santità cristiana. Dagli antichi racconti tramandati sappiamo che il vescovo S. Gianuario proveniva dall’Africa cristiana, accompagnato dai diaconi Felice e Onorato, peregrinando per la Calabria e l’Abbruzzo, giunse finalmente in Lucania, ove subì il martirio sotto l’imperatore Diocleziano. Sapete meglio di me, o fratelli di Marsiconuovo, del sogno di Susanna che fu indirizzato da questo segno a scoprire le reliquie del martire e iniziare qui nell’antica Lucania il culto e la memoria, a cui il santo ha corrisposto con continua intercessione presso il trono di Dio. Anche voi, non solo dovete allestire la festa popolare, ma ancor di più la festa interiore di conversione, di amore verso il prossimo e i poveri, di grande fiducia in Dio, di una vita ecclesiale genuina e la testimonianza di giustizia e verità nella società in cui si è inseriti. Sognate anche voi il santo, sognate il martire, il pastore, l’annuncio del Vangelo in opere e parole. Non fate passare invano le feste cattoliche di Cristo, la Madonna e i Santi.

Anche io ho un sogno su Marsiconuovo: il Beato Domenico Lentini di Lauria, ordinato sacerdote qui il 8 giugno 1794, Pentecoste. Venne a piedi, attraversando l’impervio ed elevato monte Sirino e la valle d’Agri per diventare ministro di Cristo. Si mantenne puro e santo per tutta la vita, come era uscito dal rito di consacrazione. Le sue mani profumarono di crisma per tutti i suoi anni e dal suo capo, dall’imposizione delle mani del vescovo Bernardo Maria La Torre, lo Spirito Santo non andò via mai. Venimmo qui in pellegrinaggio nel 1997 in preparazione alla sua beatificazione. Eravamo numerosi e dopo la visita a Viggiano, al trono della santa Vergine, giungemmo in questa cittadina pregando e cantando, fra lo sguardo curioso e gioioso degli abitanti. Il parroco d’allora ci fece entrare appena all’uscio, poiché la cattedrale era ancora chiusa per i lunghi lavori di restauro, dopo il terremoto del novembre 1980. Stemmo in silenzio, siamo stati in preghiera per molti minuti. Immaginavamo la scena liturgica di quel giorno in cui qui a Marsiconuovo è nato sacerdote il nostro santo prete don Domenico Lentini. Alcuni studiosi affermano che non avvenne in cattedrale, ma nell’altra bella chiesa di S. Gianuario poco distante, la sostanza dell’evento non cambia. Da tempo si è pensato di porre una iscrizione, o altro consono, a memoria di quel giorno benedetto: non ci siamo ancora riusciti. Me ne rammarico.

Ma ritorniamo infine alla luce della Parola di Dio. Ancora da San Paolo, mentre si rivolge a Timoteo, abbiamo ascoltato: “Tu invece mi hai seguito da vicino nell’insegnamento, nel modo di vivere, nei progetti, nella fede, nella magnanimità, nella carità, nella pazienza, nelle persecuzioni, nelle sofferenze…Quali persecuzioni ho sofferto! Ma da tutte mi ha liberato il Signore!” (2 Tim 3, 10-11).

Carissimi, ecco S. Gianuario, ecco tutti i Santi martiri e confessori! Anche noi però dobbiamo essere così, anche noi. Gloria a Cristo, re dei martiri. Grazie.