Omelia per la festa di Maria SS. delle Grazie

10-08-2020

Omelia per la festa di Maria SS. delle Grazie, in occasione dell’indizione dell’Anno Mariano Interparrocchiale Cittadino, nel 400° anniversario del rinvenimento della sacra Icona della Madre di Dio, e Messaggio a tutti i fedeli e a tutte le persone di buona volontà in Genzano di Lucania, 10 agosto 2020.

Carissimi fedeli di Cristo e devoti di Maria, in Genzano di Lucania, reverendissimi don Pasquale Orlando, rettore del santuario cittadino, e don Tommaso Fradusco, parroci rispettivamente delle parrocchie di “S. Maria della Platea e di Maria SS. delle Grazie” e di “S. Michele Arcangelo”, cari sacerdoti operanti nella Cittadina, care Suore, stimate autorità civili e di sicurezza sociale, tra le quali saluto il sindaco dott.ssa Viviana Cervellino, cari collaboratori dei parroci, tra i quali i consiglieri parrocchiali, i fedeli associati, le confraternite, i membri del comitato. E’ con grande gioia che partecipo a questo giorno festivo e presiedo questa celebrazione eucaristica, che corona l’anno di preparazione alle ricorrenze del quarto centenario, seppure interrotto dalle problematiche gravi e dolorose provocate dall’evento epidemico, e apre il periodo 2020-2021 dell’Anno Mariano Interparrocchiale e Cittadino per i 400 anni dal ritrovamento della venerata icona della Santa Vergine, Madre di Dio, “sostegno e difesa della nostra fede”. Desidero che il titolo dell’Anno Mariano sia questo e che il motivo biblico sia il cantico del Magnificat, come espongo di seguito.

Infatti come si evince da una copia di una platea del 1701, conservata nell’archivio diocesano di Acerenza, nell’anno 1619 un giovane di 14 anni, Pietro di Giovan Filippo, custodendo i suoi buoi, nel luogo delle Stirpare, ebbe l’apparizione di una Donna vestita di bianco, che lo invitò a riferire agli abitanti di Genzano di scavare nella grotta vicino a Capodacqua, nella vigna di un certo don Fabio, per rinvenire la sua immagine. Il giovane esitò per qualche giorno finché la Donna dell’apparizione ripeté il medesimo invito. Il giovane Pietro allora si decise e rivelò l’episodio. Si determinò di iniziare lo scavo nella grotta, trovando indizi, ma null’altro. Si continuò a scavare e, essendovi roccia arenaria, si produsse una grande frana che rivelò un abitacolo superiore con tracce di dimora, forse di antichi eremiti. Pensando che non si potesse andare oltre o cercare altro, sul luogo vi si costruì una cappella secondo il desiderio della Donna vestita di bianco, usando pietre e materiale della frana. Mentre si asportava il materiale da costruzione si sentiva sempre un odore soave e seguendo tale profumo, tra pietre crollate e depositate, scoprirono l’icona della Madre di Dio: un bellissimo dipinto su pietra calcarea. Era il 25 marzo del 1621, alle venti di sera, annota la platea, mentre non lontano in alto, a Genzano, nel monastero dell’Annunziata si cantava il Magnificat. Il culto della Icona iniziò in quella sera memorabile e continuò ininterrotto non solo nella Cittadina, ma anche nei paesi limitrofi e anche oltre, dopo le indagini e le autorizzazioni della curia diocesana e delle autorità locali.

Miei cari, da allora gli occhi dei cristiani si posano su questa immagine, piccola e bella, per incontrare gli occhi della Madre che, fissando il fedele spettatore, lo riporta agli occhi del Figlio Gesù, che a sua volta rivolge i suoi occhi alla Madre. Un circolo di sguardi che non sfugge a chi prega e contempla, a chi cerca e si fa parlare, a chi vuole convertirsi a fede matura e alla carità verso il prossimo. La Vergine Odigitria, che indica Cristo, cioè il Verbo incarnato nel suo seno, mostra che Lui è la via, è odòs, la verità e la vita. Ci suggerisce, tramite l’effige, che siamo chiamati da Gesù a seguirlo, ad amarlo, a desiderarlo, ad ascoltarlo. Nell’effige la mano del divino Bambino, elegante nel collettino bianco, è raffigurata al centro della raffigurazione nell’atto della benedizione trinitaria. Tramite l’intercessione della Madonna, Dio che è Amore si rivela a noi e ci accoglie con la potenza del Padre, la grazia del Figlio Gesù Cristo e la comunione dello Spirito Santo.

In questa omelia, che diventa anche messaggio per i fedeli cattolici di Genzano e dell’Arcidiocesi, e per gli uomini di retta coscienza che sinceramente cercano il senso della loro vita e desiderano incontrare la risposta nell’amore di Dio in Cristo, voglio riprendere la lettura dell’Antico Testamento che vede in Giuditta la prefigurazione della Vergine Santa. L’antica donna coraggiosa, solo con l’aiuto di Dio, aveva sconfitto l’esercito nemico e il suo comandante. La tradizione derivante dal Nuovo Testamento vi ha visto una prefigurazione di Maria di Nazaret che, con la sua fede assoluta nella potenza divina, sconfigge l’esercito infernale di Satana, generando il Salvatore Gesù e partecipando alla sua azione di salvezza. In questo Anno Mariano Interparrocchiale e cittadino 2020-2021 voglio anche io, insieme a voi e ai fedeli diocesani, rivolgere a Maria SS. le stesse parole che in antico furono rivolte a Giuditta, ma con senso pieno e realizzato. Mentre Maria SS. esorta il popolo a lodare Dio, perché non ha distolto la sua misericordia dal suo popolo, noi rispondiamo, adorando e benedicendo Dio che l’ha creata immacolata per diventare Madre del suo Figlio, e, riprendendo quelle parole bibliche, a Lei acclamiamo: “Benedetta sei tu, o Maria, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare la testa del capo dei nostri nemici. Davvero il coraggio che ti ha sostenuto non sarà dimenticato dagli uomini, che ricorderanno per sempre la potenza di Dio. Dio compia per te queste cose a tua perenne esaltazione, ricolmandoti di beni, in riconoscimento della prontezza con cui hai esposto la vita di fronte all’umiliazione della nostra stirpe, e ti sei opposta alla nostra rovina, comportandoti rettamente davanti al nostro Dio” (cfr Gdt 13,17-20). Davanti a questa immagine secolare, che prodigiosamente fu ritrovata dopo visioni e sogni, esclamiamo per tutto l’anno e per sempre “amen, amen”, cioè così è e così sia, così crediamo e così sia fatto.

Cari giovani e ragazzi, alla grotta di Capodacqua un giovane come voi fu scelto dalla Madonna per richiamare tutti al Signore. Al momento Pietro ebbe timore di non essere creduto, di essere schernito, forse ebbe anche lui dei dubbi, poi, rincuorato ancora dalla Madonna, si fece coraggio e manifestò a tutti la sua devozione, la sua fede, il messaggio affidatogli. Non tiratevi indietro, la Madre di Gesù vi vuole, vi ama, desidera offrire al vostro cuore il giovane suo Figlio Gesù: “Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo”, ci dice papa Francesco nella Esortazione Apostolica Christus vivit (n. 1). Forza, coraggio, gioia, con l’iuto dei genitori, dei sacerdoti, delle persone oneste e fedeli, riuscirete a sconfiggere il Maligno, le sue insidie e i suoi seguaci, che vi portano solo tristezza e morte.

Mi rivolgo a voi tutti fedeli adulti. Per due anni si lavorò, tra preghiere e speranze, per scavare nella grotta di Capodacqua, per trovare, oltre i segni e i sogni, la realtà indicata da quel giovane figlio. I nostri antenati avrebbero potuto scoraggiarsi, desistere, abbondonare l’impresa, illusi e delusi: invece continuarono, nonostante insuccessi, frane, ostacoli, difficoltà. Alla fine la vittoria: ritrovarono l’icona dagli occhi belli, ma dopo due anni, e poi ancora c’era l’opera di costruzione e di accertamento. Cari fratelli e sorelle, occorre impegnarsi molto, scavare, lavorare, sia per la vita ordinaria, sia a maggior ragione per l’impegno e la testimonianza della fede. Pregare, frequentare, ascoltare la parola di Dio, ricevere frequentemente la Comunione eucaristica, confessarsi spesso e sinceramente, accogliere con devozione obbediente tutti gli altri Sacramenti e seguire con umiltà i santi Comandamenti. Tutto questo è da vivere nella Chiesa di Cristo, con le famiglie, sul lavoro, nella società, nella prova e nella gioia. Il racconto dei Genzanesi che, intrepidi, scavarono, trovarono, pregarono, costruirono, tramandarono, ci insegna che anche oggi, a 400 anni, si può ancora fare, si può desiderare, si può vivere la fede, la speranza e la carità nell’amore di Dio al di sopra di ogni cosa e nell’amore al prossimo come a se stessi.

Nel pieno ancora della Visita Pastorale in Diocesi, in cui risuona il verso evangelico: “Benedetto il Signore Dio che ha visitato e redento il suo popolo” (cfr Lc 1,68), facciamo nostro quanto ci rivela il vangelo dell’apostolo S. Matteo. Nell’entusiasmo anche noi diciamo a Cristo che, in questa prodigiosa e miracolosa Icona, contempliamo Bambino fra le braccia della Madre: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato” e ci facciamo dire dal Figlio: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (cfr Lc 11,27-28). Proprio come mia Madre che mi ha generato, vuol dire Gesù. Ecco lo stile dell’Anno Mariano genzanese!

Miei cari, che la grazia di Cristo e le grazie di Maria ci siano abbondanti, non solo durante questo Anno Mariano interparrocchiale e cittadino di Genzano, ma per tutto il cammino della nostra vita fino alla felicità eterna. Vi benedico.

Acerenza, 10 agosto 2020                                                      +Francesco Sirufo, arcivescovo