Omelia Natale 2020, cattedrale, S. Messa della notte e del giorno

24-12-2020

Omelia Natale 2020, cattedrale, S. Messa della notte e del giorno

 

Carissimi fratelli e sorelle, carissimi sacerdoti concelebranti don Domenico, parroco, e don Antonio, presidente del Capitolo, caro diaconi Alberto e Antonio. “Rallegriamoci tutti nel Signore, perché è nato nel mondo il Salvatore. Oggi la vera pace è scesa a noi dal cielo” (Liturgia).

Abbiamo bisogno assolutamente della pace del Signore Gesù. Come si ascolta dal profeta Isaia, attualizzando in questo tempo di disagio, sofferenza, malattia e morte, noi camminiamo nelle tenebre del corpo e dell’anima: abbiamo necessità della luce e della gioia che si effonde dal Bambino Gesù.

Spezza, o Signore, il giogo che ci opprime, la sbarra che grava sulle nostre spalle, infrangi il bastone di questo morbo aguzzino, segno di ben più gravi colpi che il peccato e la lontananza da te ci provocano (Is).

Scrivevo per Natale, nei miei voti oranti, ad amici e conoscenti: “Eppure tra tanti disagi, come oggi la pandemia, egli nacque lo stesso per noi”. Sì, il Bambino è nato per noi, il Verbo eterno si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi (Gv): è il Figlio di Dio, ma è stato dato come figlio anche a noi, tramite la Vergine Maria. Vogliamo questo Figlio nell’ansia e nella tristezza dei tempi, come Consigliere mirabile, poiché la confusione e il frastuono governa la nostra mente e il nostro cuore; lo vogliamo come Dio potente nell’amore e nel bene contro i prepotenti e i violenti che si vogliono impadronire della nostra libertà e della nostra dignità; lo vogliamo come Padre per sempre, in questa eclissi della famiglia e della vocazione dei genitori, nello smarrimento della identità dell’uomo e della donna; lo vogliamo come Principe della pace, che scaccia le nebbie della guerra e dell’odio, quell’odio esterno tra persone e popoli e interno nel groviglio negativo del nostro cuore (cfr Is).

L’esperienza del fallimento delle ideologie, dei progetti umani di grandezza, della superbia di dominare tutto e tutti, ci fa comprendere, davanti alla grotta di Betlemme, che in quel mistero del Bambino, vero Re del mondo, possiamo trovare la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini. Lo dice S. Paolo nella lettera a Tito: in una società che ha fatto dell’empietà, dell’iniquità e dei desideri mondani la sua idolatria, noi, come la famiglia di Betlemme e di Nazaret, siamo chiamati a vivere in questo mondo con sobrietà, giustizia e pietà, perché questo Bambino è il nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Non è venuto per essere servito, ma per servire, per vivere la sua missione di re, facendosi nostro servo e dando se stesso per formare un popolo puro che gli appartiene pieno di impegno per il bene, cioè la Chiesa, cioè noi, battezzati e cresimati (cfr Tt 2,11-14). E’ anche il cammino che come Diocesi vogliamo percorrere in questo Anno Pastorale.

Il Vangelo ci fa osservare che Gesù nasce tra vicende difficili e avverse: il viaggio del censimento con la guida sicura di Giuseppe, la sofferenza di Maria SS., già pronta per il parto, la difficoltà di trovare un alloggio confacente alla nascita del Bambino. Sentiamo la famiglia di Gesù e questo Bambino divino così vicini a noi, alle nostre quotidiane prove, alle nostre impellenti preoccupazioni, ai nostri continui timori. Però c’è anche la loro presenza silenziosa e obbediente: nel racconto evangelico dicono niente o poche parole. Avevano già detto quel poco che bastava all’annuncio degli angeli, adesso eseguono, obbediscono, fanno. Non dovrebbe essere anche per noi così: ascolto della Parola, preghiera di risposta, pratica di vita. Maria e Giuseppe sono totalmente dediti al Bambino, a cui mettono il nome rivelativo di Gesù, “il Signore salva”, e sanno che è l’Emmanuele, cioè il Dio con noi. Vedono che la gente indaffarata non si accorge del Bambino, tanto da essere relegati in un angolo in fondo, scavato nella roccia e ricoperto alla meglio, come era nelle abitazioni dei poveri dell’epoca. Sono lì, vicini a Lui, solo il cuore immacolata di Maria, solo il cuore fedele di Giuseppe, solo la potenza del Padre e l’amore dello Spirito Santo, solo gli angeli nel cielo della città di Davide, che pure molti secoli prima aveva visto il piccolo Davide, pastorello umile e piccolo, sui monti di Giudea, e poi eletto da Dio a diventare re del suo popolo e prefigurazione del Messia, buon Pastore.

C’è però qualcuno che si accorge di Gesù, oltre ai santi Sposi di Nazaret e agli angeli di Dio. Proprio questi ultimi prorompono di gioia nel cielo di Betlemme e vanno a portare il vangelo della nascita del Messia Salvatore ai pastori in veglia del gregge. I pastori! Fra le categorie più disprezzate nel popolo di Israele, poiché vivevano ai margini della società e del culto liturgico al tempio, anche digiuni di istruzione religiosa. Dice S. Luca che la gloria del Signore li avvolse di luce e provarono grande timore.  Nel linguaggio biblico significa che hanno l’esperienza viva di Dio che non li disprezza, ma li abbraccia con il suo amore e la sua predilezione. Ricordiamo che la gloria del Signore stava solo nel tempio e sull’arca santa. Ma adesso non è più tempo del timore e della lontananza da Dio, la gioia è di tutti, poveri e ricchi, se tutti si convertono al Cristo Signore.

Si mettono in cammino, anche perché sanno che non devono andare in un palazzo o una reggia, ma ad un abitacolo di uomini e animali, ad una mangiatoia dove c’è un Bambino povero come loro, ma anche infinitamente ricco perché Dio egli stesso.  Nella nuova formula dell’inno del Gloria accanto all’antica espressione “pace in terra agli uomini di buona volontà”, e speriamo che ce ne siano sempre tanti, adesso si canta come nel verso evangelico “e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”. Sì, Dio, in Cristo che si è incarnato, ama tanto tutti gli uomini e li chiama a prendere il cammino verso di lui come gli umili e reietti pastori di Betlemme, che si avviarono senza indugio (Lc). Si avvera la profezia di Isaia, per cui la venuta del Salvatore fa sì che diventiamo popolo santo, redenti dal Signore e nuova Sion, cioè la Chiesa di Cristo, sarà chiamata “Ricercata, Città non abbandonata” (Is 62-12).

Vorrei invocare il Signore per il mistero della sua incarnazione nel grembo della Vergine e della sua nascita a Betlemme affinché la sua Chiesa oggi sia chiamata “Ricercata”, non solo per noi cristiani e sacri ministri, perché siamo deboli e peccatori, ma specialmente per quello che siamo nella comunità del Signore: la sua famiglia dove si può attingere la grazia, il perdono e la salvezza; “ricercata”, per il messaggio della parola di Dio, ricercata per il dono immenso dei sette Sacramenti; “ricercata”, perché nel suo seno la persona fedele può avere l’aiuto per vivere il Decalogo; “ricercata”, perché ambiente di preghiera al Padre, nostro che ci dona tutta la forza di amarlo e di amare gli altri come noi stessi.

La Chiesa diventi “città non abbandonata”: tanti non la conoscono e quindi non conoscono Cristo, tanti si sono allontanati da essa preferendo le sirene del mondo, tanti fanno fatica a restarci o a ritornarci perché ormai sono sfiniti dalle vanità e dalle inutilità di una vita senza senso, altri oppressi da vicende dolorose e da malattie sfibranti hanno perduto ogni speranza. Città non abbandonata ma ricercata, ecco la Chiesa di Cristo, la Chiesa che proviene da Betlemme e da Nazaret, che trova in quel Bambino il centro, come nella vita degli sposi di Nazaret, dei poveri pastori e degli angeli osannanti. La Chiesa: cioè Gesù, Maria e Giuseppe, i poveri nello spirito, gli angeli, tutto a gloria di Dio.

Papa Francesco, proprio in questo Avvento e S. Natale, pensando alla santa Famiglia con al centro Gesù, ha voluto dedicare un anno particolare a S. Giuseppe, esortando tutti i cattolici a invocare il patrono della Chiesa universale, il custode del Redentore, per chiedere a lui con il “cuore di padre” la pace all’umana società e il rinnovamento spirituale e pastorale alla Chiesa contemporanea. Lui protettore alle soglie della morte, protettore delle famiglie e dei sofferenti, interceda sempre per tutti in questo periodo in cui i disagi e le epidemie stanno provando i nostri cuori.

“La grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo: Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18).  A tutti voi, in questa solennità della Natività del Signore, la grazia e la verità che vengono da Gesù Cristo.