Omelia Monastero di Picciano del 12 maggio 2019

12-05-2019

Omelia Monastero di Picciano 12. 05.19

Carissimi fratelli e sorelle, cari padri benedettini, saluto il priore p. Raimondo, mando un saluto da questo colle santo al caro fratello l’arcivescovo di Matera mons. Antonio Giuseppe Caiazzo. Cari devoti della Madonna di Picciano che in questo tempo di Pasqua e mese di maggio siete venuti in pellegrinaggio a questo rinomato e suggestivo santuario mariano per ascoltare la parola di Dio e ricevere la grazia dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. E’ la Santa Vergine che vi ha invitato, lo Spirito Santo vi ha sospinti a fare il viaggio per attingere qui alle fonti della salvezza. Dio Padre vi ama, Cristo risorto vi inonda con la sua luce e la sua pace. Ci siamo radunati numerosi, per ascoltare la parola del Signore, per rallegrarci e glorificarla, non per respingerla con la distrazione della mente e il cuore lontano, cosi da non giudicarci degni della vita eterna, come abbiamo udito dalla prima lettura: noi siamo qui, davanti alla sacra icona della Madonna, per essere come lei pieni di gioia e di  Spirito Santo, come abbiamo ascoltato dal libro degli  Atti degli Apostoli  (cfr Atti 13, 44.46.48.52).

In questa IV domenica di Pasqua il Signore risorto si presenta a noi, dalle Sacre Scritture come il buon Pastore, la guida del suo gregge, cioè la santa Chiesa. Dal Vangelo dell’apostolo Giovanni apprendiamo subito che tra Cristo buon Pastore e le sue pecorelle e i suoi agnelli si verifica l’ascolto, la conoscenza e la sequela. La similitudine del pastore e del gregge non solo veniva spontanea dalla civiltà rurale e pastorale dell’ambiente sociale e storico in cui Gesù parla e rivela il sua identità, ma ancor più pregnante in questa similitudine è la rivelazione della divinità di Cristo, poiché nell’Antico Testamento Dio si era rivelato al suo popolo Israele come il vero e unico pastore, e le altre guide scelte e mandate da lui erano soltanto rappresentanti della sua autorità e del suo servizio al popolo eletto per amore. Gesù riprende il paragone del pastore e del gregge per confermare quindi con la profezia del testo antico che lui è Dio. Ecco perché afferma che il suo gregge, cioè il suo popolo, ascolta la sua voce, dove ascolto in senso biblico significa obbedienza affettuosa. C’è tra lui e il suo popolo il legame della conoscenza che nelle Sacre Scritture non significa solo una conoscenza mentale e intellettuale, ma ancor di più significa legame di amore, come un padre e una madre conoscono i figli. Proprio in questo vincolo di ascolto attento e premuroso, di conoscenza intima e confidente, si radica la sequela verso Cristo buon pastore: i suoi si fidano e si affidano, lo seguono con fede e fiducia.

Cosa attira le pecorelle verso il proprio pastore, cosa attirava il popolo d’Israele verso il suo Dio? Perché il pastore buono, e non il mercenario, protegge, difende, guida con sicurezza, porta il gregge al cibo desiderato e salutare, ai pascoli erbosi lo fa pascolare, alle acque tranquille lo conduce. Dice Gesù nel vangelo proclamato: “Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano” (Gv 10, 28). Noi piccolo gregge del Signore vogliamo la vita, quella eterna, quella piena, quella che sazia per sempre, quella vera e totale. Nessuno può donarcela, anzi i lupi diabolici e i loro accoliti ce la vogliono togliere, solo il buon Pastore Cristo, che sul legno della croce ha affrontato i lupi offrendo la propria vita per salvare noi, lui che li ha vinti risorgendo dai morti, lui solo può donarci la vita per sempre.

Noi vogliamo la vita e lui il buon pastore è la nostra vita. Afferma papa Francesco nella recente esortazione apostolica dedicata a tutti noi e specialmente ai nostri giovani: “Cristo è vivo e vuole che anche noi siamo vivi…” (Christus vivit, 1). Dio Padre ci ha consegnato a lui, dalla sua mano creatrice ci ha posto nella mano redentrice di Cristo suo Figlio, perché il Padre e il Figlio sono comunione assoluta nello Spirito Santo. Nessuno ci può più strappare dalla sua mano, basta starci e rimanerci, come un bambino che tiene stretta alla mano del papà o della mamma per camminare sicuro per la strada, a volte accidentata e con ostacoli e difficoltà.

Nella mano del Padre e del Figlio nello Spirito Santo non siamo soli e non siamo in pochi, abbiamo ascoltato dagli Atti degli Apostoli che città e villaggi si aprivano allo Spirito Santo, si convertivano, si battezzavano, e quelli destinati alla vita eterna credevano in gran moltitudine, così nei secoli, così anche oggi. E se in Occidente notiamo in molti ambiti l’abbandono e l’oblio della fede, in altri  luoghi della terra la fiaccola della fede per la vita eterna, la sequela del buon Pastore, continua e si sviluppa, anche fra persecuzione e martirio. E’ la visione dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato. L’apostolo Giovanni parla del gregge di Cristo come di una moltitudine immensa che nessuno può contare, tutti davanti al trono del Padre e all’Agnello Cristo che siede alla sua destra, tutti con l’anima candida e vittoriosi nella testimonianza che hanno reso e rendono tuttora all’Agnello immolato e al suo sangue prezioso. Al suo servizio in terra e in cielo, sotto la tenda del Signore, ormai senza fame, nè sete nè arsura, senza più dolore, perché l’Agnello divino immolato è risorto ed è diventato il loro buon pastore che guida alle fonti delle acque della vita. ( cfr Apoc 9.14-17).

Oggi si prega tanto il Pastore divino per coloro che ha scelto nella Chiesa per servire i fratelli: i suoi ministri. “Io ti ho posto per essere luce delle genti perchè tu porti la salvezza sino all’estremità della terra” (Atti 13,47).  Il Papa, i vescovi, i presbiteri, i diaconi, il sacramento dell’ordine sacro: c’è tanto bisogno di giovani e di anime generose che rispondano di sì alla vocazione del Signore nella vita sacerdotale. Ma anche di tanti e tanti che corrispondano alla vocazione monastica, consacrata, missionaria. Ma anche di tanti e tanti che scelgano la vocazione matrimoniale e familiare con fedeltà e indissolubilità, con amore alla nascita dei figli e al dono di sé tra coniugi in unità e dedizione totale. Invochiamo il buon Pastore che ci doni santi e numerosi sacerdoti, coraggiosi missionari della Parola di Dio, sposi e genitori affettuosi che si sacrificano per la famiglia e per i figli, cristiani impegnati nella testimonianza autentica del vangelo nella società e negli ambiti più svariati dove si trovano a condurre la propria vita.

Siamo davanti alla Vergine Maria, che ci aiuta a vivere questo tempo pasquale in attesa della festa della Pentecoste. Siamo consapevoli delle nostre mancanze, dei peccati, delle fragilità che rattristano la nostra vita. Conosciamo bene tutto il dolore e la sofferenza che l’egoismo e la violenza generano nel mondo a discapito dei poveri e degli innocenti. “Dio asciugherà ogni lacrima dai loro volti” (Apoc 7,17), abbiamo ascoltato dalle letture bibliche odierne. Maria SS., Madre di Cristo Dio e Madre nostra, intercedi presso la SS. Trinità che sia asciugata ogni lacrima dai nostri occhi quando la prova o il dubbio ci assale, che sia asciugata ogni lacrima dagli occhi dei nostri figli che soffrono, dagli occhi piangenti degli ammalati, dei bisognosi, dei perseguitati, degli emarginati. Madre nostra di Picciano, guarda quanti ricorrono a te e con le tue braccia innalzate rivolgi pietosa le nostre suppliche a Dio onnipotente e la tuo Figlio buon Pastore risorto da morte, quelle tue braccia oranti, quelle tue mani pure. Madonna di Picciano, guarda le nostre lacrime e invoca Dio per noi!