Omelia, Messa del Crisma, 13 aprile 2022

13-04-2022

Omelia, Messa del Crisma, 13 aprile 2022

Carissimi fratelli e sorelle nella consacrazione del battesimo e della confermazione, carissimi fratelli sacerdoti nella consacrazione dell’ordine sacro, cari sofferenti fortificati dall’unzione degli infermi, cari tutti su cui lo Spirito del Signore si posa per portare ai poveri il lieto annunzio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi e a proclamare l’anno di grazia del Signore.  Permettete anche un saluto commosso e grato al caro mons. Michele Scandiffio, arcivescovo emerito di Acerenza e membro eccellente del nostro clero.

Nella consacrazione del Signore, di cui abbiamo ascoltato nel Vangelo, trova essenza e consistenza la consacrazione di ogni cristiano per la missione nel mondo: ma non per unirsi al coro e alle mode, ma per portare un giudizio diverso e una speranza eterna, cioè lui il Messia, il Cristo, il Consacrato, Figlio di Dio Benedetto, re di pace e di perdono. La sua parola è balsamo di soavità per la nostra vita difficile, il suo olio catecumenale per essere forti nella battaglia contro il Maligno, la nostra durezza di cuore e inclinazione al male, l’unguento crismale per far di noi un popolo regale, profetico e sacerdotale, per ungere consacrare non solo i fedeli battezzati e confermati, ma anche per consacrare i sacerdoti della nuova Alleanza: annunciatori credibili della verità evangelica, ministri dei sacri misteri, esemplari nella carità e nel sacrificio per i poveri e i sofferenti, cioè le membra doloranti di Cristo crocifisso.

Miei cari fratelli e sorelle, convenuti in cammino sinodale dalle parrocchie e dalle comunità dell’arcidiocesi di Acerenza,  tempi difficili ci circondano da ogni parte: le malattie endemiche, nuove o già note, le crisi sociali ed economiche, le crisi etiche e culturali, la politica indecisa e a volte incapace, la fede traballante e finanche perduta, le guerre fratricide e sanguinose che oggi bussano anche alle nostre porte, la prevaricazione e la prepotenza di nazioni bellicose che aggrediscono popoli più deboli e persone innocenti ed inermi, la difesa violenta della aggrediti che, pur nel diritto di difesa, comunque seminano morte e odio, le famiglie decimate dalla denatalità e dall’instabilità della coppia dell’uomo e della donna, i cari giovani disorientati e delusi: un panorama desolante, miei cari, che fa tremare anche i più forti. In ogni epoca travagliata della storia e della Chiesa un solo nome di salvezza rifulge: Cristo e la sua croce di passione e di gloria, quella croce, di cui frammenti per antica tradizione conserva e venera anche Acerenza, in questa Pasqua esposti in ostensione straordinaria.

Tutti abbiamo visto ormai la vanità delle buone intenzioni, l’inadeguatezza dell’impegno umano che da solo non riesce per la giustizia e la salvezza del genere umano. Inutile nascondersi dietro parole, dottrine, ipotesi e opinioni: solo lui si è presentato come via, verità e vita, come luce e risurrezione, come Dio potente che, incarnandosi, è diventato uomo giusto e santo. Solo il suo sangue ha potuto pagare il cumulo di peccati dell’umanità, sempre pronta ad essere in agguato e ad abbattere la clava sull’innocente Abele. Neppure le dottrine religiose dell’umanità hanno potuto frenare l’impeto omicida e il furore sanguinario dell’uomo sull’uomo: Cristo ha accettato questa sfida immane e ha abbracciato la croce, e la morte orrenda di malfattore, al nostro posto, per uccidere la morte eterna e ridonare a noi la pace e godere del suo amore infinito.

Miei cari sacerdoti, eccomi a voi. Anzitutto vi ringrazio per le vostre continue preghiere per me e il mio servizio episcopale nella nostra amata Arcidiocesi: ad ogni celebrazione eucaristica, dopo aver detto “in unione con il nostro papa Francesco”, continuate e dite “e il nostro vescovo Francesco”, ne sento ogni giorno la benedizione e la forza, io che, in quel momento liturgico, debbo dire a Dio “me indegno tuo servo”. Quanta verità!

Grazie ancora per i vostri sacrifici e i vostri impegni ministeriali, spesso con frutto non immediato e forse lontano, per le vostre sofferenze, ansie, timori, ma anche per la pazienza e la speranza nella potenza divina, che nonostante i nostri limiti fa progredire sempre verso il suo Regno di amore e di pace e ci dona gioia pur nelle ristrettezze del presente.

Giustamente in questo giorno della Messa Crismale voi guardate alle vostre mani, quando il Vescovo le unse con il crisma di salvezza: quelle mani crismate sacerdotali furono strette dalle mani del Vescovo con la parola: “Prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e obbedienza”, “Sì, lo prometto” diceste quel giorno. Lo dissi anche io, certo. Faccio appello a quelle mani nelle mani in un unico crisma divino per una disponibilità e una docilità al servizio della Chiesa intera nelle comunità che man mano siete chiamati a servire. Non è solo un’obbedienza all’autorità, è una risposta generosa a un bisogno dei fedeli battezzati e cresimati, molti dei quali vivono il sacramento del matrimonio nella missione secolare: voi ora in questa famiglia parrocchiale, ora in quell’altra, per diffondere il buon profumo di Cristo. Certo, miei cari sacerdoti, certo che costa a volte, lasciare un campo di lavoro per un altro, delle persone care per altre, delle esperienze esaltanti per altre, che non lo saranno da meno. Lo sappiamo tutti, lo sanno anche le comunità. Ma questo è proprio nella logica pasquale del chicco di frumento che viene seminato in varie zolle, che deve frantumarsi in mille stagioni, solo così potrà portare frutto abbondante.

Miei cari sacerdoti, ricordate sempre il gesto della prostrazione al momento dell’ordinazione sacerdotale, gesto liturgico penitenziale commovente e drammatico. Eravamo terra con la terra, humiles con l’humus: per essere offerti come pavimento al passaggio incessante del gregge del Signore, ha scritto S. Giovanni Paolo II ricordando la sua ordinazione sacerdotale. Noi non siamo nostri, noi non siamo proprietà di nessuno, se non di Cristo, noi siamo come lui, viandanti dell’Eucaristia e della Risurrezione, ci fermiamo a Nazareth, ci fermiamo a Cafarnao, a Gerusalemme, ad Emmaus, a Tiberiade, ma per il tempo necessario, ovunque lo Spirito, che ci ha conquistati, ci sospinge.

Grazie per il lavoro diuturno e faticoso che avete svolto in un campo, grazie per la disponibilità a lavorare in una altra vigna del Signore, operai pronti e servi buoni e fedeli. Grazie alle comunità che vi hanno seguito e custodito per gli anni concessi, che hanno beneficiato del vostro servizio sacerdotale arrivando alla maturità laicale per donarvi ad altre comunità di fratelli e sorelle, nell’unica Diocesi e nell’unica Chiesa. Miei cari tutti, lasciate a noi sacerdoti, presbiteri ed episcopi, la libertà e la fede: lasciateci arrivare, lasciateci partire. Il Figlio dell’uomo, Cristo nostro Maestro, che ci ha chiamato a questa vita consacrata sacerdotale, non ebbe una pietra dove poggiare il capo e alla fine ebbe solo il duro legno su cui lo reclinò, pieno di amore.

Infine profitto per salutare le Suore della Diocesi che nei voti evangelici di povertà, castità e obbedienza, vissuti nell’umiltà e nella carità, ci testimoniano che saremo tutti come “angeli del cielo”. Saluto i nostri giovani seminaristi e i coetanei che stanno percorrendo un primo cammino di discernimento vocazionale, come pure i giovani presenti e i loro amici sparsi nei nostri paesi e cittadine: aprite la vita a Cristo, che nulla toglie e tutto dona.

E ancora si elevi il grido di pace per le nazioni martoriate dalla brama espansionistica di altre, il grido di pace dai cuori affranti e angosciati sotto le bombe e i missili, il grido di pace da un mondo preda del furore satanico. Gesù Cristo, vero e solo principe della pace, ci ottenga il dono della pace con la potenza della sua croce pasquale, adorata anche là, dai cristiani ortodossi o cattolici, dove, alle nostre porte, ferve la battaglia e la morte.

Vergine santa, Madre addolorata, Madre dei consacrati cristiani, laici e sacerdoti, ecco noi i tuoi figli. Ci ha affidati a te Cristo crocifisso, metti la tua dolce mano tra nemici e contendenti e fa fiorire la pace.