Omelia Domenica delle Palme 2020

05-04-2020

Omelia. Palme 2020. Teletrasmessa.

Carissimi fratelli e sorelle di Acerenza e dell’Arcidiocesi, che dalla cattedrale state seguendo in modo telematico il sacro rito delle Domenica delle Palme e della Passione di nostro Signore Gesù Cristo, forzatamente in questa forma, a causa delle restrizioni sanitarie e sociali per evitare il contagio della presente e dolorosa epidemia. Ma questa quarantena non ci toglie la possibilità di ascoltare la parola di Dio, che rafforza la nostra speranza, e di assistere, seppure coi mezzi moderni, alla liturgia in diretta, con valore di orazione e di devozione.

In questa Domenica anzitutto ricordiamo l’ingresso solenne di Gesù in Gerusalemme, salutato dal popolo che, agitando rami di alberi, lo acclama Figlio di Davide, che lo benedice perché viene nel nome del Signore, che lo riconosce profeta. Ma il vangelo di S. Matteo ci ha fatto ricordare la profezia di Isaia. “Dite alla figlia di Sion, ecco a te viene il tuo re mite” (Mt 21,5; Is 62,11).  Anche noi accogliamo nella nostra vita il re mite, Cristo, Figlio di Dio. La mitezza del Signore si manifesta a Gerusalemme in tutta la sua realtà. Dopo l’osanna, Gesù sa che ci sarà il disprezzo e il rifiuto: non si opporrà, non si vendicherà, non reagirà con l’odio e la vendetta, ma con il perdono e la pace. Invochiamolo anche noi: “Gesù, re mite e umile, regna sulla nostra vita, entra nella nostra esistenza, donaci la tua mansuetudine, la tua pazienza, la tua bontà, la tua forza”.

Abbiamo bisogno di coraggio e di forza, di fede e di amore, in questo tempo di sofferenza e di timore, per la salute delle nostre famiglie e dell’intera umanità. Ci viene incontro la prima letture dal profeta Isaia: “Il Signore mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato” (Is 50,4). Si, o Signore, molte persone sono sfiduciate a causa di questa prova, molti cristiani invocano il tuo intervento di salvezza e l’intercessione dei tuoi Santi, molti deboli e fragili soccombono, la scienza che tu ci doni sta fronteggiando e riconosce i suoi limiti, i governanti trovano difficoltà a gestire efficacemente l’impatto sociale, i sacerdoti sono umiliati poiché non possono offrire totalmente il servizio sacramentale al popolo cristiano. Il profeta Isaia, parlando di sé stesso e delle sue sofferenze e oltraggi sofferti per l’annuncio della parola di Dio, profetizza di un altro Sofferente che sarà flagellato, colpito nel volto, insultato e offeso, il Messia futuro, che verrà a condividere con l’umanità il dolore e la morte: Gesù. Dio assiste e dona la fortezza di superare le umiliazioni e di non restare confusi, e questo tramite il suo Servo, il Cristo.

Chiediamo al Signore dunque tanta fede e tanta grazia per non restare sconvolti e disorientati davanti alla croce che uomini e nazioni stanno vivendo in questo momento: lui che ha preso su di sé i nostri peccati e ci ha guarito con le sue piaghe. Gesù Cristo non ci ha mai promesso magie e sortilegi, ma lui che è Dio ci è venuto accanto svuotando sé stesso e assumendo la condizione di servo, diventando uomo, umiliandosi nell’obbedienza massima, fino alla morte di croce. Così ci ha assicurati l’apostolo Paolo nel brano della lettera ai Filippesi che abbiamo ascoltato. Nella sofferenza, nel disagio, nel pianto, sappiamo noi cristiani che Dio non ci abbandona, ma proprio nella prova ci tiene in braccio e cammina lui al nostro posto. È lui che sorregge noi e la nostra croce, come ha fatto una volta per tutte nel cammino del Calvario. Sappiamo però che la gloria viene sempre dopo l’umiltà.

Dal Vangelo di S. Matteo abbiamo proclamato la passione e morte di Gesù: ascoltiamo questi episodi evangelici sempre con commossa partecipazione. Ogni parola dei Vangeli della passione ha un messaggio particolare e sempre nuovo in ogni tempo. La passione di Gesù nei quattro Vangeli dovrebbe essere meditata e approfondita continuamente, non basta che sia annunciata la Domenica delle Palme e il Venerdì Santo o rivissuta nelle sacre rappresentazioni oppure nelle processioni e nella pia pratica della via crucis. Invito tutti a tenere a portata di mani i Vangeli, anche nelle edizioni tascabili, per rileggere sempre il culmine della missione di Gesù Cristo, che è appunto il racconto della sua condanna a morte e della sua vittoria nella risurrezione. Nelle preghiere singole o familiari, nelle associazioni e nei ritiri, nei pellegrinaggi e nelle devozioni, nella predicazione e nella vita interiore, avere sempre la lettura meditata di quei versetti scarni e potenti per farci capire l’amore di Dio che oltrepassa ogni aspettativa. Gesù offre il suo corpo e il suo sangue, già prefigurato durante l’ultima cena e portato a compimento nella vittoria della risurrezione.

Cari fratelli e sorelle della nostra Arcidiocesi, radunati nelle vostre case, chiese domestiche, vorrei ricordare con voi solo due momenti della passione di Cristo che abbiamo ascoltato. Il primo nel Getsemani: la solitudine, l’angoscia di Gesù, con alcuni discepoli per vegliare e pregare, ma il conforto della presenza dei discepoli viene meno perché sono stanchi e affranti. In questo periodo Gesù ci ha chiesto di vegliare con lui, una Quaresima diversa quest’anno: chi l’ha vissuta nel silenzio e nell’ascolto ha compreso molti risvolti della propria vita e una luce maggiore dalla volontà divina. Nel Getsemani, che significa frantoio, Gesù vive la sua agonia in anticipo, il suo spirito viene frantumato dalla tristezza, dalla visione del calice del suo sangue versato di lì a poco, e prega: “Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!” (Mt 26,39). Ecco come dobbiamo vivere questo momento di malattia pandemica, come dobbiamo affrontare ogni prova della vita: chiedere a Dio di alleviare le prove, ma sempre secondo la sua volontà, che è sempre orientata al nostro bene, e nella sua volontà c’è sempre anche la potenza sufficiente per affrontare e bere il calice della sofferenza.

Ascoltando il vangelo della passione di Cristo, secondo l’apostolo Matteo, vorrei pensare anche al momento in cui la folla chiede la liberazione di Barabba e la condanna di Gesù: una crudeltà che colpisce anche il governatore Pilato, che in quanto a crudeltà era maestro. Un rifiuto dell’uomo-Dio Gesù che ci stupisce e ci addolora ogni volta che pensiamo a questo evento. Ma come, un colpevole assassino viene salvato e un innocente viene condannato e fatto morire? In Barabba siamo rappresentati tutti noi e ciascuno di noi, l’Agnello innocente Cristo si è sacrificato per liberare e perdonare noi colpevoli e peccatori. Barabba rappresenta ognuno di noi che solo per grazia viene salvato: cerchiamo di non incatenarci ancora con le nostre stesse mani.

Per decisione di S. Giovani Paolo II, la cui santa morte abbiamo rievocato in questi giorni, la Domenica delle Palme, a ricordo dei giovani e dei fanciulli ebrei che accolsero Gesù a Gerusalemme, è dedicata, ormai da tanti anni, ai giovani e ai ragazzi. Mi rivolgo adesso a loro: miei cari, vorrei profittare per salutarvi tutti. Molti di voi li ho già incontrati durante la prima tappa della Visita Pastorale. Cari figli nostri, ci dispiace tanto per questa sofferenza, provocata dal virus, che ha coinvolto anche voi, però anche questa è un’esperienza della vita, che farete ricordare in tutto questo secolo: ascoltate il vostro cuore in questa lunga pausa in casa, ascoltate i genitori e gli altri familiari, ascoltate di più la parola di Dio. Anche a voi il Signore vuole donare un messaggio speciale e profondo: chissà quanti pensieri hanno attraversato il vostro cuore, certamente avete pensato a Gesù. Non abbiate paura! Il Signore, che entra a Gerusalemme con dolcezza e mitezza, fa ingresso nella nostra vita e ci sta sempre vicino.

Papa Francesco vi dona un messaggio speciale per la presente Giornata della Gioventù, vi invito a leggerlo tutto sui vostri social. Il Papa ci ricorda quello che Gesù disse al ragazzo morto, davanti alla mamma vedova che aveva solo quel figlio, mentre lo portavano al sepolcro: “Ragazzo, dico a te, alzati!” (Lc 7,14). Gesù ha compassione di questa mamma, di questo giovane morto, della comunità che piange e porta alla tomba un ragazzo. Gesù vede il dolore e la morte, ha pietà ed affetto, si avvicina e tocca la bara su cui è posto il giovane morto, interviene donando vita. Papa Francesco vi chiede di farvi toccare da Gesù nelle varie situazioni di sconforto, delusione, stanchezza, paura, sofferenza oppure nelle situazioni di superficialità, di peccato, di violenza. Ma anche, come Gesù, avvicinatevi a chi soffre, a chi ha bisogno, a chi attende, a chi è nella morte, con la preghiera, con il soccorso, con l’accoglienza. L’esperienza dell’epidemia ci sta facendo comprendere ancora di più che noi siamo per il Signore e per gli altri, non per noi stessi. Gesù viene a noi e ci fa rialzare, ci fa risorgere per andare incontro agli altri, farli rialzare ed essere testimoni di fede e amore verso di loro, e farli risorgere. Giovani della nostra Diocesi, e gli altri amici che ascoltano, forza, rialzatevi, non scoraggiatevi per questi gravi disagi momentanei. Lo so, anche questo secolo vostro è iniziato anche con molto male, prima con il virus del terrorismo globale, adesso con quello della pandemia, potreste deprimervi e fermarvi. Ma Christus vivit! Gesù, anche nel Getsemani, disse ai suoi amici, anche se deboli e impauriti: “Alzatevi! Andiamo!” (Mt 26,46).