OMELIA DEL PRIMO GENNAIO 2018

01-01-2018

1 gennaio 2018, cattedrale di Acerenza, omelia , solennità di Maria SS. Madre di Dio.

Carissimi fedeli di Cristo, “figli ed eredi per grazia di Dio”, come si esprime l’apostolo Paolo nella lettera ai Galati che abbiamo proclamato (Gal 4,7). Reverendi presbiteri, reverende suore, serviamo Cristo Dio, concepito nel grembo della Vergine Maria, ed essendo Cristo vero Dio e vero uomo, senza separazione né confusione fra le due nature, giustamente la gloriosa Vergine Maria venne ed è chiamata Madre di Dio. “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno. A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me!”, esclama Elisabetta nel vangelo di Luca. E la Chiesa subito risponde: “Santa Maria, Madre di Dio , prega per noi peccatori!…Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, o santa Madre di Dio!” (Liturgia).

Eccoci a questa grande solennità mariana del 1° gennaio, una festa dedicata alla Madonna, come le altre dell’anno liturgico, penso l’8 dicembre, il 15 agosto, l’8 settembre fra le altre più importanti. Ma la presente festività ha una particolarità: nel clima di preghiera e di meditazione del tempo natalizio, si pone nell’ottava di Natale, a coronare degnamente la celebrazione dell’incarnazione e della nascita del Redentore. Infatti abbiamo ascoltato dal vangelo di san Luca che i pastori di Betlemme trovarono il Bambino Gesù custodito e amato da Maria e Giuseppe, ma il testo evangelico insiste su un aspetto. I pastori partono senza indugiare, trovano il Bambino, lo vedono, ascoltano, tornano glorificando e lodando Dio, riferiscono ciò che hanno udito e visto, tutti quelli che odono si stupiscono delle cose dette da loro. Il testo sacro vuole sottolineare una esperienza fondamentale accaduta ai pastori: l’incontro con Gesù Bambino e l’annuncio, il kèrigma, che gli angeli, Maria e Giuseppe propongono loro. Quel bambino è veramente il Salvatore Cristo Signore, come hanno annunciato gli angeli nei cieli, e loro non si attardano, ne fanno l’esperienza. Maria e Giuseppe spiegano ancora l’identità e la missione di quel Bambino, l’atteso dei secoli è rivelato proprio a loro, semplici e disprezzati, emarginati e guardati con sospetto, ma proprio loro, abitanti sui monti di Betlemme come l’antico pastorello Davide, futuro re del popolo eletto, prefigurazione del buon pastore e re di pace, proprio loro, i pastori, vedono per primi il Messia.

La Madonna annuncia la verità del suo Figlio e nello stesso tempo custodisce e medita questo mistero nel suo cuore: viene dal cielo, è il Figlio di Dio, ha dato il suo assenso umile e sublime all’incarnazione del Verbo eterno e divino, quel Verbo che era in principio, che era presso Dio, che era Dio, quel Verbo che si era fatto carne e che era venuto ad abitare in mezzo a noi, a porre la sua tenda in mezzo a noi per farci vedere la sua gloria, la gloria dell’Unigenito, pieno di grazia e di verità. Tutto questo si era verificato nel suo grembo, ma non bastava il seno verginale a contenere il Lògos di Dio, ci voleva tutto il suo cuore puro e immacolato. Maria, la Vergine, offrì il suo grembo e il suo cuore, dal momento dell’annunzio fino al momento della croce, dalla gioia della risurrezione del Figlio fino alla sua assunzione al cielo in anima e corpo. Come è bello celebrare la divina maternità e la perpetua verginità di Maria, in questa basilica cattedrale di Acerenza tutta dedicata alla esaltazione della Madre di Dio, “ha guardato all’umiltà della sua serva, ecco ora tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Lc 1,48).

E’ la giornata mondiale di preghiera per la pace, istituita dal beato papa Paolo VI nel 1967. Ogni anno il Pontefice offre a tutti un messaggio. Quest’anno papa Francesco cosi titola “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”. Prende l’ispirazione proprio dal Natale di Cristo. Maria e Giuseppe sono in cerca della pace e la trovano in Cristo, principe della pace, i pastori cercano la pace e la trovano nel Bambino adagiato nella mangiatoia, i Magi sono in cerca di pace e la contemplano nel Dio Bambino assiso in grembo alla Madre, noi siamo in cerca di pace e non possiamo trovarla che in Cristo, il mondo anela alla pace e la desidera in Dio. Questi nostri fratelli e sorelle che partono dalla loro patria, affrontando violenze indicibile e pericoli inimmaginabili, rischiando la morte in ogni momento, arrivano alle nostre case in cerca di pace: sembra di vedere in loro, come papa Francesco da anni ci sta dicendo, il viaggio di Maria in attesa del parto verso Betlemme, del viaggio di Giuseppe con la sua sposa verso Betlemme, dove non c’era posto per loro nell’alloggio, sembra di vedere la Santa Famiglia subito in fuga nel paese straniero di Egitto per sfuggire alla furia di Erode che vuole uccidere il Bambino, profughi ed esuli in terra straniera, per trovare rifugio, lavoro, sicurezza e pace. Non possiamo chiudere la porta, quel Bambino dirà un giorno “avevo fame, sete, ero nudo, ero forestiero, ero malato, e tu mi hai soccorso” oppure dirà “tu mi hai ignorato”. Chi accoglie, chi sfama, chi disseta, chi offre riparo, chi perdona, chi è misericordioso, chi non bada al proprio tornaconto, offre la pace. Beati gli operatori di pace perche saranno chiamati figli di Dio, perche fanno come Cristo il Figlio di Dio. Certo, alle istituzioni civili spettano tutte le regole di legalità a difesa della dignità umana senza fini occulti, a noi cittadini il senso della solidarietà sincera senza idealismi o ipocrisie, a noi cristiani ancor di più la competenza della carità a nome di Gesù Cristo.

Ed ecco l’altro motivo che questa solennità della santa Madre di Dio, nell’ottava di Natale, ci riunisce e ci consola: il Santo Nome di Gesù. Già la prima lettura dal libro dei Numeri ci ha fatto ascoltare: “Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò” (Nm 6,27), Il Santo Nome di Dio, Iahweh, era posto sul popolo a benedizione solenne, ma non era ancora compiuta pienamente. Infatti il vangelo odierno di Luca afferma: “Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo” (Lc 2,21). Abbiamo l’onore e la gioia di celebrare e adorare insieme a Giuseppe e Maria il Nome di Gesù, che in lingua biblica significa “il Signore salva”. Pronunciamolo, proclamiamolo, annunciamolo, amiamolo, senza timore o reticenza. Nel nome di Gesù c’è la vera e unica salvezza. Ne hanno terrore i demòni e tutto l’inferno, lo temono i malvagi e coloro che hanno votato la loro vita al male, lo bestemmiano e lo rinnegano i peccatori e i traditori, lo ignorano e lo disprezzano i fanatici di religioni diverse, non lo cercano e lo evitano gli atei pervicaci e coloro che nella miscredenza vogliono seguire i desideri perversi della loro mente. Noi credenti no! Noi discepoli suoi non dobbiamo aver difficoltà a pronunciarlo, anzi ne dobbiamo essere fieri e felici, perché basta dire “Gesù” e hai annunciato tutto il kèrigma, tutto il Vangelo, tutta la verità. Perché diciamo “buon Natale” e non continuiamo la frase “buon Natale di Gesù”? Perché diciamo “buon anno” e non continuiamo la frase “buon anno 2018 dalla nascita di Gesù”? Perché anche noi che lo abbiamo accolto e a cui ha dato potere di diventare figli di Dio, noi che crediamo nel suo nome, che non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio siamo stati generati (cfr Gv 1,12-13), perché abbiamo dimenticato il nome di Gesù, e quasi ci nascondiamo e non lo gridiamo al mondo? E dato che il mondo non vuol sentire il nome di Gesù, noi ci ritiriamo in buon ordine e facciamo finta di non conoscerlo come il primo Apostolo al fuoco delle servette la notte della passione del Maestro. Maria, Madre di Dio, Giuseppe giusto e forte, voi che per primi avete annunciato al mondo con fede e coraggio il santo Nome di Gesù, Figlio di Dio, aiutateci a credergli e ad amarlo come lo amate voi. Pace vera a tutti, la pace di Gesù per tutto l’anno nuovo e per tutto il tempo venturo.