Omelia del 28 gennaio 2018

28-01-2018

28 gennaio 2018, Genzano S. Michele, omelia per l’istituzione di lettore.

Carissimi fratelli e sorelle, rev.di fratelli sacerdoti e diaconi, rev.do rettore canonico don Filippo Nicolò e superiori del Seminario Maggiore Interdiocesano di Basilicata, rev.do direttore don Cesare Mariano e giovani dell’Anno Propedeutico, cari giovani seminaristi. Un saluto al giovane Alberto Lardiello che oggi viene istituito lettore in questa comunità parrocchiale di ministero pastorale, guidata dal parroco don Tommaso. Un saluto alla comunità parrocchiale di origine in Tolve rappresentata da molti fedeli, guidati dal parroco don Enzo e dal vicario don Francesco. Un saluto ai cari genitori e familiari del nuovo lettore.

L’occasione della istituzione di un lettore ci invita oggi a considerare ancora più precisamente l’importanza centrale della Parola di Dio nella liturgia e nella vita spirituale del cristiano. Già i titoli e i contenuti del recente magistero della Chiesa su questo argomento sono quanto mai eloquenti: Dei Verbum del concilio Vaticano II, Evangelii nuntiandi di Paolo VI, Verbum Domini di Benedetto XVI, Evangelii gaudium di papa Francesco. La Divina Rivelazione, che ha come fonti la S. Scrittura e la Tradizione, è per noi cristiani luce, verità e pace. In particolare è Cristo che ci parla, che si rivela, che ci fa vedere il Padre, che ci dona lo Spirito Santo. E’ lui la Parola eterna che si è fatta carne, è lui la profezia assoluta e definitiva del Padre, lui il vero maestro, lui l’evangelizzatore, lui il liberatore.

Ascoltate oggi la voce del Signore” abbiamo acclamato al salmo 94. Siamo riuniti per saziarci e dissetarci a questa voce eterna di Dio: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”(Mt 4,4; Deut 8,3). Il ruolo del lettore nell’assemblea liturgica, nella evangelizzazione, nella testimonianza della sua vita, è quello di ascoltare la voce di Dio e trasmetterla agli altri. Partecipa chiaramente in quanto battezzato e cresimato del munus propheticum della Chiesa: annuncia in parole e opere la parola di Dio.

Nella prima lettura odierna da libro del Deuteronomio abbiamo ascoltato: “ Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto” (Deut 18, 18-19). Sappiamo a chi il Signore Dio si riferisce, al suo Figlio Gesù Cristo, che manderà al tempo prefissato per la salvezza degli uomini. Infatti al battesimo di Cristo al Giordano la voce del Padre dalle nubi del cielo si udrà: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento” (Mt 3,17). E alla Trasfigurazione si udrà dire: “Ascoltatelo” (Mt 17,5). Nel battesimo e nel dono del Crisma divino noi siamo incorporati a Cristo e resi membri della sua Chiesa, per cui si verifica quanto detto dal profeta Gioele: “ Diventeranno profeti i vostri figli e le vostre figlie” (3,1). Il cristiano è profeta di Cristo e del vangelo in mezzo ai fratelli, sulla sua bocca è posta la parola del Signore, che prima viene accolta dall’orecchio e dal cuore. Il cristiano non porta la sua parola, ma quella di Dio, dice quello che il Signore comanda, annuncia a nome di Dio, che domanda conto se non viene ascoltato, cioè obbedito, amato, seguito. Ovviamente prima chiede conto all’ascoltatore-lettore-profeta di quanto comunica, e poi agli altri che beneficiano dell’annuncio. Un grande mistero e ministero di verità!

Nel vangelo di Marco che abbiamo proclamato si vede Gesù che insegna nella sinagoga di Cafarnao: è il vero e definitivo profeta suscitata dal Padre. La sua parola provoca stupore perché è autorevole ed autoritativa. Così deve essere la proclamazione, la predicazione, l’evangelizzazione ad opera della Chiesa, che non deve proporre se stessa e le sue difficoltà di fronte al mondo e alle mode cangianti, ma è costituita dal Cristo a continuare il suo insegnamento d’autorità e di verità.

Non come gli scribi di turno nelle loro interpretazioni e non loro stile sempre pronto al politicamente corretto per piacere al mondo. Il mondo è sotto il potere del maligno, menzognero fin dal principio. In principio era il Verbo di verità, il Figlio benedetto, all’inizio si oppose la superbia e la menzogna di Satana. E anche l’uomo con il peccato originale fu posseduto dallo spirito impuro e per secoli il suo grido disperato e mortale si sentì nel mondo e in tutto l’universo. Finalmente nella sinagoga di Cafarnao si trovarono tutti e tre: Cristo, l’uomo e il demonio. Una scena drammatica ed emblematica. Ci colpisce oltremodo. E’ la tristissima scena che sperimentiamo ogni giorno in noi, nell’ambiente che ci circonda, nell’epoca in cui viviamo.

Pover’uomo! Pover’uomo che grida nella sinagoga di Cafarnao, uomo d’ogni tempo straziato dal demonio del possesso, del piacere e del successo. Pover’uomo! Chi lo salverà? Però lì a Cafarnao per la prima volta nella storia dolorosa dell’umanità accade una novità strabiliante. Satana ha paura, per la prima volta ha paura: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. Adesso è tutto diverso: un uomo è posseduto, l’altro no e non scende a dialogo e compromessi come il primo uomo, non gli da retta ne tregua, non credito o curiosità come nell’Eden perduto. Cristo ordina severamente con la sua parola onnipotente: Taci! Esci da lui!”. Il serpente antico, il bugiardo ingannatore dell’uomo, per la potenza della parola di Cristo esce e va via senza proferire altro. Adesso c’è la parola di Cristo, finisce per sempre la sua perfidia. La parola di Cristo sana, guarisce, libera, perdona, illumina, salva.

Siamo qui, con questo giovane seminarista che nel suo cammino di formazione e di studio si prepara al sacramento dell’Ordine sacro con l’istituzione di lettore, siamo qui per esaltare, lodare, desiderare la parola di Cristo. Che pronunci su di noi, sull’umanità confusa e sfinita, sulla Chiesa odierna che sembra avere qualche dubbio sulla potenza del Salvatore, la parola che contrasta il male e il maligno. Taci ed esci! Stasera dobbiamo ripetere la nostra professione di fede nella potenza di questa Parola: taci ed esci, spirito impuro, dal cuore dell’uomo contemporaneo frastornato dai falsi profeti; taci ed esci dai popoli in lotta fratricida; dalle nostre famiglie funestate dalla divisione e dall’egoismo; dai nostri giovani disorientati dagli idoli vani di una cultura di morte; taci ed esci, spirito impuro, che ti sei insinuato tra i discepoli di Cristo per seminare discordia e tentazione. Taci ed esci per l’autorità del nuovo insegnamento di Gesù il Cristo!

Preoccupiamoci delle cose del Signore, come possiamo piacere al Signore, comportiamoci degnamente e restiamo fedeli al Signore, senza deviazioni, ci dice oggi per il nostro bene l’apostolo Paolo, nella prima lettera ai Corinti. In questa liturgia di istituzione nel lettorato del giovane Alberto ci sentiamo coinvolti e interpellati ancora più profondamente dall’annuncio, dal kerigma, dalla importanza della catechesi che oggi non può essere che mistagogica e impegnata nell’accompagnamento della fede, come ci chiede papa Francesco nella Evangelii gaudium.

Parola di Dio! Parola del Signore! Proclamiamo nella liturgia, e rispondiamo: Gloria a te, o Signore! Lode a te, o Cristo!