Omelia, 7 aprile 2022, Seminario Maggiore di Basilicata

07-04-2022

Omelia, 7 aprile 2022, Seminario Maggiore, su Gn 17,3-9; Gv 8,51-59.

Il Signore si è ricordato sempre della sua alleanza”, abbiamo acclamato al salmo 104, l’alleanza con Abramo e la sua stirpe.

Il capitolo ottavo di S. Giovanni, nel dialogo serrato e drammatico con i Giudei, insieme al settimo, avviene a Gerusalemme, alla festa delle Capanne. Le discussioni coinvolgono tutti: autorità religiose e civili, le guardie, i notabili, gli studiosi e i dottori, il popolo. L’epilogo è pieno di ira e sospetto nelle autorità, fra la gente stupore, adesione e perplessità: al nono capitolo tutto aumenta con la guarigione del cieco nato.

Ma cosa dice Gesù? E’ bene riassumere. Presenta la rivelazione dell’innalzamento del Figlio dell’uomo che manifesta la conoscenza che lui è Io-Sono e compie l’azione e comunica la parola del Padre. Il Padre è il suo mandante e lui è il gradito del Padre. A queste parole molti credettero in lui.

Sembra un gran successo fra i Giudei, sembra che la cosa sia fatta. Anche Gesù avrebbe potuto accontentarsi, almeno per il momento. Invece rivela ancora rincarando la dose: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Cominciano a reagire, poiché Gesù mette in dubbio la libertà dei figli di Abramo, per Gesù anche loro sono schiavi del peccato, fuori della casa. Solo il Figlio, cioè lui, che vi resta sempre, li farà liberi. Ma loro invece lo vogliono toglierlo di mezzo: “Costui, il figlio, è l’erede, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!”, secondo la parabola dei Sinottici. Controbattono risentiti: “Il nostro padre è Abramo. Il nostro padre è Dio. Non siamo figli di prostitute”. Si sono offesi. La cosa si complica, ma Cristo insiste. “Se Dio fosse vostro padre mi amereste, da lui sono uscito e vengo, non da me stesso sono venuto. Ma lui mi ha mandato”.  Cristo è l’Apostolo del Padre e chi osserva la sua parola non morirà in eterno, come chi mangia la sua carne e beve il suo sangue.

La reazione è furiosa, il successo di prima svanisce d’un colpo. Gesù non fa sconti sulla sua persona, sulla sua identità, sulla persona e identità del Padre: in ultima analisi sulla identità ed essenza di Dio. Per i Giudei, di cui molti pur si erano avvicinati, ora è un demonio. “Tutti sono morti, pure il padre Abramo. Chi credi di essere?”. La sua gloria è il Padre, lui conosce il Padre, nel senso totale di amore. Accusa i suoi interlocutori di menzogna. Abramo vide il suo giorno e ne gioì. E’ ancora giovane, non è morto e ha visto Abramo? Si domandano adirati gli ascoltatori. Allora Gesù dà il colpo finale. Ossia la verità che libera: “Prima che Abramo fosse, Io-Sono”. Furiosi e scandalizzati, lo voglio lapidare perché lo ritengono un bestemmiatore da condannare a morte all’istante, perché si fa Dio usurpando per se stesso il Nome divino e rivelando una sua esistenza eterna, prima di Abramo. Ma non era giunta ancora l’ora, in cui anche il Tentatore si sarebbe presentato, e Gesù si sottrae.

L’ottavo capitolo giovanneo vuole mettere in evidenza ancor di più il motivo principale della condanna a morte di Gesù, alla Croce, perché lui che è uomo si fa Dio. I Giudei avrebbero potuto credere perché nell’antica Alleanza Dio si era rivelato storicamente accanto al suo popolo e aveva parlato ad Abramo, a Mosè, ai profeti, faccia a faccia o con segni visibili e inoppugnabili. L’attesa del Messia poteva suggerire loro la presenza di Dio in una forma ancora più accessibile, ma erano troppo chiusi nei loro pensieri e nelle loro convinzioni contingenti e diciamo pure autosufficienti. Sì, Dio è il Trascendente, ma è anche onnipotente, e può anche incarnarsi. La mente degli interlocutori di Gesù però si confonde, vedono il Maestro di Nazaret che dice di essere il Dio del Sinai, poi dice che è anche il Figlio eterno del Padre eterno e che la carne non giova a nulla, ma è lo Spirito che dà vita. E’ uno e unico? Sono due oppure tre? Si è fatto carne? Bisogna mangiare la sua carne? Potrebbero vedere una continuità, ma è grande anche la discontinuità. Conoscono la preparazione, misconoscono la novità. Allora due sono le soluzioni: o quel Gesù dice la verità e allora per essere liberi bisogna credergli, oppure è un impostore bestemmiatore, e bisogna eliminarlo al più presto. E’ sempre così, sia nella nostra coscienza, come nei cristiani stessi, ancor più tra i non cristiani e non credenti.

Gesù è morto in croce per amore del Padre, per rivelarlo al mondo e rivelare se stesso Figlio, pieno di obbedienza al Padre nello Spirito Santo. Per salvare l’umanità, schiava del peccato, e non libera come spesso si illude o desidera, occorreva che Dio stesso scendesse tra gli uomini, uomo vero e santo, pur sapendo che gli uomini, ingannati da Satana e deboli nella loro carne, non avrebbero accettato l’Emanuele, Dio-con-noi, troppo grande e impegnativo, che l’avrebbero annientato. Ma, tertia die