Meditazione per i giovani del Seminario Maggiore di Potenza – Avvento 2018

16-12-2018

16 dicembre 2018, III domenica di avvento, meditazione per i giovani del Seminario Maggiore, Potenza

      Domenica della gioia, domenica “gaudete”! Infatti all’antifona di ingresso si canta il testo paolino “Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto rallegratevi, il Signore è vicino” (Fil 4,4). Il motivo della gioia liturgica e spirituale non è solo perché la festa del Natale del Signore si avvicina, non solo perché il tempo d’Avvento va verso il compimento e ci indica che il Signore glorioso si sta avvicinando man mano che gli anni e i secoli si avvicendano, ma anche perché Gesù risorto e vivente non si allontana da noi, ma ci viene accanto e ci sostiene ogni giorno. E’ il Dio vicino: il tempo tra l’avvento di Cristo nell’umiltà di Betlemme e l’avvento di Cristo nella gloria finale non è un tempo inutile o vuoto, ma è il tempo in cui la comunità cristiana vive la gioia della presenza del Risorto e della potenza del suo Spirito, i frutti nella storia della sua incarnazione e morte in croce, la preparazione del regno di Dio che, pur fra le oscurità e le difficoltà che sorgono continuamente, si fa strada e procede verso il suo compimento.

     Il tempo prima della Parusia è tempo di vivere nella gioia e nel coraggio che Gesù risorto ha dispiegato nella nostra vita di battezzati e, tramite la Chiesa, si riflette sul mondo intero. E’ il tempo dell’impegno e del lavoro per servire il creato, il tempo dell’amore del prossimo e della testimonianza della carità nella società umana, è il tempo della presenza eucaristica di Cristo da ricevere nella comunione e da adorare nella fede sincera, è il tempo della penitenza e della conversione dal peccato alla grazia, è il tempo della preghiera incessante e convinta, è il tempo per invocare la sua venuta, come i primi cristiani, Marana tha, vieni Signore.

   Anche il profeta Sofonia, come si ascolta nella prima lettura, esorta Gerusalemme a rallegrarsi, poiché il Signore libera il suo popolo che non deve più temere. E’ salvatore potente: “Re di Israele è il Signore in mezzo a te” (Sof 3,15). Il profeta si riferisce a una liberazione imminente del popolo eletto, ma anche proietta la sua parola verso una liberazione totale nei tempi messianici e nei tempi escatologici. Infatti la profezia viene ripresa testualmente nell’annuncio a Maria, vera figlia di Sion. Anche a lei l’angelo rivolge il saluto con il rallegrati profetico, anche a lei dice di non temere, anche a lei dice che il Signore ormai è in mezzo al suo popolo nuovo. Ma non soltanto in promessa e profezia, non soltanto nella devozione e nel culto, ma realmente viene al suo popolo nel grembo della Vergine incarnandosi e nascendo da lei, cosicché ogni uomo potrà vederlo e incontrarlo. Il profeta Sofonia parla di due atteggiamenti di gioia: il gaudio di Gerusalemme per la visita del Signore e l’instaurazione del regno di Dio, ma anche la gioia dello stesso Signore perché rinnova il suo popolo con il suo amore.

   Anche l’apostolo Paolo, nella lettera ai cristiani di Filippi, esorta alla letizia nel Signore che è vicino, poi continua a indicare che questa letizia cristiana deve diventare amabilità verso tutti, senza angustiarsi per le avversità, ma reagendo con preghiere, suppliche e ringraziamenti. Nelle persecuzioni, a cui l’apostolo e le comunità cristiane erano esposte, alle vicende dolorose che dovevano affrontare, S. Paolo indica la pace di Dio che custodisce i cuori e le menti in Cristo Gesù. Che suggerimento opportuno per vivere l’Avvento! Nonostante il clima di ostentata opulenza commerciale, le vetrine rigonfie di offerte per regali e omaggi, l’atmosfera spensierata e godereccia che si prepara in questi giorni e in quelli natalizi, le notizie impietose di cronaca ci portano dentro le case e nel cuore le preoccupazioni e le sofferenze dell’umanità, sempre sfinata nelle violenze e negli egoismi. Non bisogna farsi ingannare da questa parentesi festaiola e consumistica che sfigura il vero messaggio dell’Avvento e del Natale. Cristo viene sempre non nel chiasso e nella distrazione, ma viene nel fratello necessitante e nel povero indigente. Ecco perché occorre vivere interiormente il mistero della venuta del Signore nella disponibilità a lui, nella preghiera e nell’amabilità verso gli altri che desiderano da noi conforto spirituale per la loro anima e aiuto per la loro fame e sete del corpo.

   E’ l’accorata richiesta del Vangelo, nel brano di Luca. Chiedono a Giovanni battista, grande figura biblica che prepara l’avvento di Cristo: “Che cosa dobbiamo fare?”(Lc 3,10). Il Precursore non risponde di addobbare strade con luci e colori, di preparare pranzi sontuosi e cene interminabili, non risponde di preparare feste e festini, veglioni e balli, risponde ai suoi contemporanei e a noi di preparare l’opera di giustizia e di carità. “Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto… non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato…. non maltrattate e non estorcete niente a nessuno” (Lc 3,11.13-14).

     Noi cristiani siamo responsabili davanti a tutti i popoli, siamo responsabili del Vangelo, della venuta di Dio sulla terra, ma lo dobbiamo dimostrare con i fatti, non soltanto con le feste e gli addobbi. E se Dio onnipotente è disceso dal suo trono glorioso d’amore e si è fatto povero incarnandosi nel grembo immacolato della Vergine e nascendo nella misera dimora di Betlemme, allora noi siamo chiamati a fare altrettanto nelle opere di giustizia, d’amore e di pace.  Nelle parole di Giovanni Battista vi è un annuncio e un monito. A chi pensava che fosse lui il Cristo, con grande umiltà risponde di no e che lui non è degno neppure di slegargli i lacci dei sandali, servizio che facevano gli schiavi ai loro padroni. Ma dichiara apertamente che il Cristo è il più forte, più forte di noi non solo nella potenza, ma specialmente nell’amore. Lui ci battezza non solo con l’acqua, ma con il fuoco dello Spirito Santo. Siamo battezzati e cresimati, per portare la sua testimonianza al mondo. Ma Cristo è anche il giudice e come il contadino nell’aia separa il grano dalla paglia: il grano per il suo granaio e la paglia per il fuoco, cioè gli umili e i fedeli per il suo regno e gli empi e i malvagi, mai convertiti, per il fuoco inestinguibile del supplizio eterno.

      L’avvento di Cristo opera sempre un giudizio. Il suo primo avvento fu accolto da alcuni, rifiutato da altri. All’ultimo avvento separerà le pecore dalle capre, e le porrà a destra e a sinistra in base alla discriminante se lo hanno accolto nel fratello o nella sorella in necessità. Nell’avvento nascosto del nostro tempo quotidiano già nel nostro cuore si delinea la divisione, tra il momento in cui lo amiamo e lo seguiamo e il momento in cui lo ignoriamo e lo evitiamo. Il suo avvento è sempre un giudizio. Stiamo gioiosi, perché lui è vicino, ma proprio per questo anche vigilanti.