II Domenica di Quaresima – 25 febbraio 2018

Meditazione ai seminaristi del Seminario Interdiocesano di Basilicata
25-02-2018

II Domenica di Quaresima 2018, Meditazione sul Lezionario. Per i Seminaristi del Seminario Maggiore Interdiocesano di Basilicata.

Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi”, si acclama al salmo 115 (116) di questa 2° domenica di Quaresima. E’ un cammino, un esodo verso la Pasqua di Cristo. Un cammino nel deserto, nella penitenza, nella preghiera, nella carità. Il cammino della Quaresima però non avviene nel buio, senza senso e senza meta. La Quaresima è cammino di fede nell’ascolto della parola di Dio, che solo nel silenzio della “camera segreta” del cuore può risuonare ed essere accolta. “Entra nella tua camera e chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,6). In greco en kryptò, in latino in abscondito, nella “cripta nascosta” che è dentro di te, cioè la tua anima, la tua coscienza, la tua vita.

Si cammina per un incontro, l’incontro con il Figlio. Le letture bibliche di questa domenica parlano del Figlio di Dio, Gesù Cristo: il Figlio trasfigurato e immolato.

Anzitutto si ricorda un figlio antico, un figlio unico che un padre conduce sul monte per il sacrificio, carico della legna per l’olocausto. E’ il suo figlio unigenito che ama e per lui prepara l’altare per il sacrificio, come il Signore gli ha chiesto. E’ pronto ad alzare il coltello sul figlio, perché teme Dio e non glielo rifiuta. Improvvisamente viene bloccato dall’angelo e vede un ariete impigliato. Lo prende e lo offre in sostituzione del figlio, del suo unico figlio. Si tratta di Abramo e Isacco, di un padre e un figlio unico. Afferma la lettera agli Ebrei che Abramo “pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo” (Eb 11,19).

Il Nuovo Testamento e la tradizione teologica e patristica hanno subito visto nel racconto della Genesi una prefigurazione remota e misteriosa, una profezia pregnante di simbologia, per annunciare nei secoli un altro Padre e un altro Figlio, un altro monte e un altro agnello, un altro sacrificio e un altro legno. Dio Padre che non risparmia il suo unico Figlio amato e lo dona a noi sulla croce e sul monte calvario per la nostra salvezza. “Non ha risparmiato il proprio figlio ma lo ha consegnato per tutti noi” ci dice l’apostolo S. Paolo nella lettera ai Romani che in questa domenica quaresimale viene proclamata.

La croce non è la fine, è il fine per cui il Figlio è disceso dal cielo, cioè, accettando la passione e la morte per amore dell’umanità e per obbedienza al Padre, Cristo ne ha fatto un evento di vita e di salvezza, di luce e di pace, di amore e santità. La Quaresima liturgica a questo punto del cammino ci anticipa un altro monte, “un alto monte in disparte loro soli”. Il tempo quaresimale trova in queste poche parole un paradigma essenziale e chiaro. Gesù, come per Pietro Giacomo e Giovanni, ci prende e ci fa salire più in alto, in disparte con lui, soli con lui. Suggerisce il testo sacro che l’incontro con lui non può avvenire se non in questa dimensione desertica e di solitudine feconda.

Questa dimensione interiore ed esteriore di “appartati” con il Signore diventa il clima giusto per la trasfigurazione. Gesù mostra agli Apostoli testimoni la sua divinità, una teofania di luce e con lui Mosè ed Elia, la Torah e i Nebiim, la Legge e i Profeti. Gesù è il culmine della rivelazione antica e ne è il compimento. Conversavano con Gesù, cioè il Primo Testamento converge su Gesù trasfigurato. La nube, segno della presenza di Dio, li avvolge e s’ode la voce del Padre. “ Questo è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo”, proclama il Vangelo odierno. Il Padre presenta il Figlio nell’amore dello Spirito, la Trinità Amore, e comanda il nuovo Shemà. Il nuovo popolo ascolterà la nuova e definitiva Legge, cioè il suo Figlio, prima la parola nei segni e nelle ombre, adesso la parola incarnata nella visibilità del Figlio.

Gli Apostoli sono stupefatti: “E’ bello per noi stare qui”, esclamano con stupore e tremore. Sono perplessi di fronte all’annuncio del Figlio dell’uomo che dovrà risuscitare dai morti e pensosi, se non già contrariati, sul significato di una risurrezione dai morti. La trasfigurazione è stata un anticipo delle morte in croce e della gloria della risurrezione, ma ancora non ne intendono il significato totale.

Anche noi siamo chiamati ad ascendere il monte e a discendere dal monte: è la nostra vita e l’esperienza del fede. E’ una esperienza mistica dietro a Gesù. E lui che ci sceglie e ci fa salire con sè: la parola di Dio, la preghiera, i Sacramenti, i santi comandamenti, la Chiesa, i fratelli, i poveri. L’esperienza con lui ci fa desiderare di abitare sempre con lui: è bello per noi stare qui, facciamo tre capanne. Dobbiamo fare l’esperienza di questa intimità con il Signore, l’Eucaristia, la luce , la nube, la voce, il monte, l’alto. Ciò che è fondamentale in questa esperienza forte di Quaresima e di Pasqua è l’ascolto, che è obaudire, obbedire per confidenza, per amore, per fiducia, per abbandono alla sua volontà. E’ ascoltare, obbedire, amare. Entrare in quella nube d’amore tra Padre e Figlio nello Spirito e trasfigurarsi nella divina comunione.

Ma la rivelazione di questa domenica ci suggerisce con chiarezza e verità che la trasfigurazione sul monte passa anche dalla discesa dal monte, cioè nell’accoglienza umile e fiduciosa della prova, della umiliazione e della morte: come Abramo, come l’apostolo Paolo che esclama nel brano odierno: “ Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?…Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi”.

Abramo vide il giorno di Cristo ed esultò, Paolo lo vide e lo seguì: è Cristo l’Agnello mansueto e senza macchia. “Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell’agnello della Pasqua,nella manna data ai padri”, canta l’innodia eucaristica.

Andiamo dunque senza paura nello spirito della Pasqua di Cristo: “Tu hai stabilito per i tuoi figli un tempo di rinnovamento spirituale, perché si convertano a te con tutto il cuore, e liberi dai fermenti del peccato vivano le vicende di questo mondo sempre orientati ai beni eterni”, così preghiamo nella liturgia quaresimale. Chiediamo aiuto alla Vergine Maria che ci assista in questo cammino spirituale, intrepida sotto la croce abbracciò il Figlio sanguinante e poi risorto lo abbracciò esultante: “Stabat mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa…Regina caeli laetare: resurrexit sicut dixit”, canta e medita ancora la liturgia.

Non dimentichiamo l’intercessione dei Santi nel cammino quaresimale: di Giuseppe di Nazaret che preparò il Figlio di Dio, fatto uomo e affidatosi alle sue braccia di lavoratore, al coraggio e alla fortezza di fronte alla prova della croce; del beato Egidio da Laurenzana che 500 anni fa sperimentò in Cristo, nella lotta contro satana, l’ultimo suo Golgota e l’ingresso nella beatitudine eterna; del beato Domenico Lentini che proprio venti anni or sono, in piazza S. Pietro a Roma, fu indicato da san Giovanni Paolo II come il sacerdote dal cuore indiviso che seppe coniugare la fedeltà a Dio e la fedeltà all’uomo.

Cari giovani seminaristi è la Quaresima e la Pasqua dell’anno del Sinodo: “Giovani, fede e discernimento vocazionale”. Salite il Moria, salite il Sinai, salite il Tabor, salite il Golgota: a ridosso però c’è un giardino con un sepolcro vuoto e con Maria Maddalena che corre e annuncia: “Ho visto il Signore!” (Gv 20,18).