Giubileo Diocesano degli Amministratori

Omelia
04-10-2016

Carissimi fratelli e sorelle, reverendi fratelli sacerdoti, reverendi canonici del capitolo cattedrale con il presidente mons. Antonio Cardillo, un saluto al parroco don Pierpaolo Cilla e al collaboratore parrocchiale don Giordano Stigliani, spettabili Sindaci e amministratori dei comuni della arcidiocesi di Acerenza, il Giubileo straordinario sta volgendo al termine. Anche noi, dopo le occasioni giubilari di primavera presiedute dall’amministratore diocesano don Filippo Nicolò, riprendiamo con entusiasmo alcuni appuntamenti diocesani con gruppi particolari e ambiti significativi.

Stasera, in concomitanza con la festa di S. Francesco d’Assisi, glorioso patrono di Italia, siamo insieme con voi, stimati Sindaci, amministratori e altre autorità municipali a servizio di questa amata popolazione e di queste graziose cittadine che ornano le valli del Bradano, dell’Alvo, del Basento e del Camastra. Perché questo Giubileo diocesano a voi riservato? Nella prima lettera a Timoteo troviamo il motivo principale, quando l’apostolo Paolo chiede: “Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1Tim 2,1-4).

Se S. Francesco di Assisi è stato scelto come patrono della nostra bella nazione, vuol dire che ha ancora tanto da comunicare anche nel nostro tempo, magari disilluso e deluso dopo molteplici aspettative di ordine sociale, politico e culturale, specialmente nella nostra Italia meridionale e in Basilicata. Si può affermare che S. Francesco e il movimento francescano conquistarono subito la società lucana: ne sono esempi i conventi, le chiese, gli insediamenti, disseminati su tutto il nostro territorio, con espressioni di architettura, arte, devozioni, costume. La Basilicata diventò ben presto un’altra Umbria: i lucani si identificarono nei fraticelli di Assisi, per la semplicità, l’umiltà, la pace, il silenzio, la sobrietà, la fede genuina che si ricollegava direttamente al Cristo sofferente in croce. Un popolo sempre sofferente, quale il nostro, non poteva restare indifferente di fronte al messaggio del Poverello d’Assisi: i centri sparsi tra montagne, colli, valli e piane, si aprirono alla riforma francescana e al Vangelo sine glossa, con frutti di santità cosi chiari, se pensiamo al Beato Egidio da Laurenzana, al beato Bonaventura da Potenza, al vescovo venerabile Nicola Molinari da Lagonegro, senza dimenticare un grande santo francescano dell’Italia meridionale, San Pio da Pietrelcina.

  1. Francesco , povero e umile, è stato un dono inestimabile di Dio alla Chiesa, una immagine viva di Cristo, un esempio fulgido di carità e letizia. Questo perché? Perché non ebbe altro vanto che nella croce di nostro Signore Gesù Cristo. La santa Croce per i cristiani è il segno sicuro della vittoria, poiché prima della gloria c’è l’umiltà. Afferma l’apostolo Paolo, nel brano della lettera ai Galati che abbiamo proclamato, che “conta essere nuova creatura”. Francesco d’Assisi comprese che per essere nuovi, bisogna lasciare ricchezze, prestigio, onori terreni, affetti i più cari, e rivestirsi di Cristo, l’Uomo nuovo, per portare nel proprio corpo le sue stigmate. Pace e misericordia, ci insegna il santo di Assisi: questo vale moltissimo per gli stimatissimi Sindaci e amministratori dei comuni dell’Arcidiocesi, che mi stanno accogliendo con squisita cordialità e sincera amicizia. I cari Sindaci mi stanno ponendo innanzi con ansia e preoccupazione anche i molteplici e gravi problemi sociali, economici e culturali del nostro territorio. A nome mio, dell’Arcidiocesi, dei sacerdoti parroci e non, dei fedeli laici, sto indicando alcune prospettive, che insieme dobbiamo vagliare e considerare attentamente, nel rispetto dei ruoli specifici dell’autorità civile e dell’autorità religiosa.

Una cosa è certa: come S. Francesco d’Assisi che portava nel suo corpo le stigmate del Crocifisso, anche noi, responsabili della vita civica e responsabili della vita religiosa, dobbiamo farci carico delle ferite dei tanti fratelli crocifissi nei vari calvari della nostra Regione e delle nostre comunità. Penso alle famiglie povere che aumentano, agli anziani soli e abbandonati, ai giovani rassegnati, agli ammalati in difficoltà per le cure inadeguate, ai padri e alle madri di famiglia senza lavoro, all’isolamento dei nostri paesi con viabilità e comunicazioni precarie, all’ambiente in pericolo di degrado, a forme di violenza e di prevaricazione: sono le ferite di Cristo in Basilicata, noi siamo chiamati a piegarci su di esse per alleviarle e curarle.

E’ questo lo spirito del Giubileo della Misericordia, che Sua Santità Papa Francesco ha voluto con strenua tenacia: proprio stamane, a sorpresa, per non pesare su nessuno, si è recato fra le macerie, i morti e i superstiti del terribile sisma che ha colpito i nostri dell’Italia centrale. Ha fatto giubileo della misericordia fra quei sofferenti senza casa, senza più gli affetti, senza effetti: solo, fra le rovine, sembrava anche lui, il Papa, terremotato e implorante preghiera, aiuto e solidarietà. Chiedo a voi cari Sindaci di non disdegnare l’operato dei parroci, dei sacerdoti, delle suore, degli operatori cattolici laici, delle aggregazioni cattoliche, che nelle parrocchie e nei comuni agiscono nel nascondimento per il bene civile, morale e spirituale delle nostre popolazioni: per quanto potete, sostenete le loro opere e i loro sacrifici.

Il vangelo di s. Matteo, proclamato oggi, in riferimento a S. Francesco, che volle chiamarsi frate minore, cioè fratello il più piccolo, il vangelo, dico, ci presenta Gesù che, in mezzo ai piccoli, loda ed esalta il Padre che proprio a questi ha rivelato il suo amore e la sua misericordia, negandola a coloro che superbamente si sentono superiori agli altri, già arrivati, già sazi e soddisfatti. Al contrario il Signore esclama per coloro che sperano soltanto in Lui: “Venite a me voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita…il mio giogo è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-30). Si, stimati Sindaci e spettabili amministratori, il versetto evangelico mi fa ricordare tutta la stanchezza e l’oppressione della nostra gente. Accanto a tanti motivi di sviluppo, vivacità, benessere, modernità, merito anche della vostra accorta azione amministrativa, restano però tanti nodi irrisolti, che, se rinviati o misconosciuti, possono aggravarsi e cristallizzarsi da rendere poi impossibile la ripresa. Il divino Maestro ci esorta a imparare da lui che ha il cuore mite e umile: ci vuole tanta mitezza e umiltà oggi per governare , per servire la popolazione, per reggere le sorti dei concittadini. Dio vi conceda la forza, la competenza, la saggezza e la prudenza per poter adempiere nel miglior dei modi il compito che, con l’elezione, vi è stato affidato. Il Poverello di Assisi ha trovato ristoro totale nel Cuore di Cristo, ha trovato dolcezza nel portare il peso della croce di Cristo, insieme a Lui e insieme agli altri fratelli. Gli amministratori credenti comprendono appieno questo messaggio che sto commentando, gli amministratori non convinti, o non ancora convinti, della verità del Cristianesimo, almeno potranno collaborare nella comune natura umana e nella buona volontà.

A termine della celebrazione, sarà dato in dono a ciascun amministratore convenuto la famosa enciclica di papa Francesco Laudato si. Molti hanno liquidato il testo dicendo che si tratta di un documento sull’ecologia. Leggendola e studiandola attentamente ci si accorge che in effetti si tratta di antropologia sociale e teologica, con una conseguenza chiarissima nell’ordine mondiale e locale. Dalla lettera si evince che il Papa parla prima di tutto di un’ecologia personale, ossia l’azione tesa a purificare se stessi dall’inquinamento degli errori, vizi e peccati; poi parla di un’ecologia sociale, ossia l’azione tesa ad eliminare l’inquinamento della società da ogni macchia di ingiustizia, di egoismo, di sfruttamento; in terzo luogo parla di ecologia ambientale, ossia quell’azione tesa ad eliminare l’inquinamento dell’ habitat dell’uomo, della sua casa, della sua città, del suo mondo. Altrimenti sarà sempre lui, l’uomo, a pagarne le spese. Cari fratelli e sorelle la via di Francesco di Assisi è la via di Cristo, possiamo percorrerla senza timore o sospetto, Franciscus alter Christus! Sia lodato Gesù Cristo!