Giubileo dei Giovani

30-10-2016

Giubileo diocesano dei giovani. 30 ottobre 2016. Cattedrale, omelia.

Carissimi fratelli e sorelle, carissimi giovani provenienti in pellegrinaggio giubilare alla cattedrale della nostra arcidiocesi, reverendi sacerdoti concelebranti, parroci o assistenti delle aggregazioni laicali, un saluto a don Domenico Beneventi, direttore dell’ufficio diocesano per la pastorale giovanile: pace a tutti voi.

Miei cari, questa mattina abbiamo compiuto insieme un cammino in tre tappe.

All’inizio abbiamo fatto sosta alla casa di riposo “G. D’Alessio” per salutare i nostri anziani e offrire loro un canto e un momento di gioia: i giovani hanno bisogno della sapienza degli anziani e gli anziani hanno bisogno della freschezza dei giovani. Ci siamo ricordati che Papa Francesco nella lettera di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia ci ha ricordato le opere di misericordia corporali e spirituali: visitando i nostri “nonni”, sofferenti o un po’ in solitudine, abbiamo incontrato Gesù nella loro volto sorridente e compiaciuto di vedere stamane tanti loro “nipoti” che facevano festa per loro.

Poi abbiamo percorso la strada che porta a questo suggestivo centro storico cantando, pregando il rosario e salutando la Vergine Maria. Ad ogni sosta abbiamo ascoltato brani significativi della “Misericordiae Vultus”, fino alla cattedrale che ci ha accolto con la sua nobile antichità. Abbiamo attraversato la porta della misericordia, segno di Cristo, Porta del suo gregge, per ricevere da lui accoglienza e indulgenza.

Adesso siamo qui per celebrare il Giorno del Signore, la Domenica, attorno alla mensa della Parola e alla mensa dell’Eucaristia. Siamo la famiglia dei battezzati e dei cresimati, una famiglia di giovani e di ragazzi che cercano sinceramente il Signore, vogliono ascoltarlo, desiderano incontrarlo nella comunione eucaristica, nella comunità ecclesiale, nella missione del Vescovo e dei sacerdoti. Allora raccogliamoci ancor di più per aprire il cuore alla parola di Dio di questa domenica.

Nella prima lettura, il libro della Sapienza dell’Antico Testamento, il Signore ci ricorda che lui è il creatore del mondo, che ha compassione di tutti ed è pronto a perdonare chi si pente sinceramente. Il Signore è amante della vita, ci ama infinitamente, ama la vita di voi giovani che vi siete appena inoltrati nel cammino dell’esistenza, ama il suo popolo, cioè la Chiesa, ama le vostre famiglie, ama tutta la famiglia umana.

L’apostolo Paolo, nella seconda lettera ai Tessalonicesi, ci fa comprendere che la Chiesa prega continuamente per voi, carissimi giovani cristiani, perché Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni opera di bene e l’opera della vostra fede. Avete davanti la vocazione, la chiamata di Dio, per una vita piena e gioiosa. Seguire il Signore dove ci chiama: alla vita di studio e di impegno, all’interno della famiglia, nell’ambiente sociale dove viviamo, con gli amici, nella crescita affettiva e personale, nel progetto di servizio agli altri nella professione, nella missione matrimoniale o sacerdotale.

Nel Vangelo di S. Luca che abbiamo proclamato c’è un episodio gustoso in cui si racconta l’incontro di Gesù con una persona particolare: Zaccheo di Gerico. Era un capo dei pubblicani, cioè dei pubblici peccatori, ed era anche molto ricco: evidentemente la ricchezza era frutto ingiusto dei suoi peccati. Sapendo che Gesù passava per le strade della città, venne nel suo cuore la curiosità di vederlo. Essendo basso di statura e sapendo che la ressa della folla gli avrebbe impedito una comoda vista, ebbe la felice idea di salire su una grande pianta di sicomoro. Nascosto tra i rami e il fogliame, lui avrebbe visto Gesù senza essere visto dal Maestro di Nazaret: poi sarebbe ritornato alla sua vita quotidiana tra astuzie e malvagità, senza farsi coinvolgersi dalla parola di Gesù. Tanto, il suo posizionarsi in piazza, in alto tra le foglie, era soltanto curiosità. Ma avviene l’imprevedibile: Gesù lo sa, conosce già i suoi pensieri e il suo stratagemma, si ferma e, alzando lo sguardo, tra la folla si rivolge proprio a lui. Lo chiama per nome, lo invita a scendere subito perché quel giorno deve fermarsi a casa sua. Zaccheo scende in fretta e non è intimorito o imbarazzato, anzi è pieno di gioia. Gesù fra tutta la folla ha scelto proprio lui per essere ospitato, il capo dei peccatori di Gerico! Si verifica un mormorio generale.

Anche noi, alcune volte, ci nascondiamo. Vogliamo evitare lo sguardo del Signore, cerchiamo di non incontrarlo perché la sua persona diventerebbe troppo impegnativa per noi. Cari giovani, ci camuffiamo dentro il fogliame della pigrizia, della lontananza, dell’indifferenza. Siamo a volte curiosi nei confronti di Gesù e della sua parola, interessati a volte della Chiesa, nei momenti bui ci rivolgiamo a Dio, ma ordinariamente preferiamo i rami del sicomoro. Pensiamo a quanti vostri coetanei scelgono il fogliame delle cattive compagnie e delle scelte dannose e pericolose, delle esperienze negative del diversivo e delle droghe, della superficialità nella formazione e nella preparazione alla vita, della scarsa considerazione della dimensione spirituale e religiosa, dell’isolamento e della solitudine. Gesù passa vicino e ci guarda sempre, ci ama e ci chiama perché vuole abitare con noi, nella casa interiore, nella nostra anima. Rispondiamo con gioia e disponibilità, con la conversione alla sua misericordia.

Zaccheo, il peccatore specializzato, si converte e non solo a parole. Infatti dona la metà di ciò che possiede ai poveri restituisce quattro volte tanto a chi ha derubato. Diventa discepolo di Cristo, che ha portato la salvezza nella sua casa e nella sua vita. Gesù è venuto a cercarlo e a salvarlo perché era perduto. Accogliate con gioia Gesù anche nella vostra vita giovanile. Come ci ha insegnato Papa Benedetto XVI, Gesù non toglie niente e dona tutto.

Miei giovani fratelli e sorelle, figli cari, vedete questa croce che porto al petto, è la croce di Cristo che il Vescovo deve portare sempre nel cuore. E’ la prima croce pettorale che ho ricevuto in dono, il dono di mia madre. L’ho indossata oggi per voi, per ricordarvi il quarto comandamento di Dio: “Onora il padre e la madre”. Miei cari, amate i vostri genitori, il papà e la mamma. Vi hanno generato, vi pensano sempre, vi seguono con grande amore, sono i rappresentanti di Dio creatore vicini a voi, amateli senza recare loro dispiacere o dolore, contribuite alla pace nelle famiglie, corrispondete al loro affetto facendo il vostro dovere e donando loro gioia e soddisfazione. Pregate sempre per loro , per la loro salute fisica e spirituale. Vi amano tanto e meritano il vostro amore.

Vedete questo anello episcopale. L’ho ricevuto in dono e significa che il Vescovo è lo sposo della Chiesa. Penso anche a voi, al vostro futuro. Preparatevi bene alla scelta della vita, alla vocazione che il Signore per ciascuno di voi già ha pensato. Per molti di voi sarà la vita matrimoniale e familiare come hanno fatto mamma e papà. Preparatevi bene e seriamente, senza sciupare i sentimenti o anticipare esperienze affettive specifiche della giovinezza matura e del matrimonio. Il dono della sessualità maschile e femminile Dio l’ha dato per l’amore matrimoniale e familiare. Adesso è tempo di crescita serena e formazione autentica, per gioire poi da adulti nell’amore indissolubile tra un solo uomo e una sola donna che diventa fecondo nella nascita dei figli.

Altri tra voi saranno chiamati alla vita sacerdotale, missionaria e consacrata: non tiratevi indietro. Se il Signore vi chiama rispondete con generosità, c’è tanto bisogno nella Chiesa e nel mondo di giovani coraggiosi e pronti per servire Cristo e i fratelli nella vocazione speciale.

Siamo a termine del mese di ottobre, il mese di preghiera per le missioni e della Madonna del rosario: rivolgetevi sempre a Maria SS., madre dei giovani. Non dimenticate i bisognosi, vicini e lontani. Grazie, cari giovani, oggi in questa casa è venuta la salvezza.