Epifania

Omelia
06-01-2017

Miei cari fratelli e sorelle, cari figli, reverendi sacerdoti concelebranti e stimati canonici, un saluto particolare a voi cari bambini e ragazzi, in questa giornata consueta dei ragazzi cristiani missionari, con i regali ricevuti a Natale e in questa festa odierna aiutate gli altri bambini e ragazzi poveri e bisognosi, che attendono fede, pane, acqua, vestiti, medicine, istruzione, preghiere.

Epifania: il secondo Natale del Signore, una festa di carattere missionario. “Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra”, abbiamo pregato con il salmo 71. Giustamente si dice nella teologia liturgica: il 25 dicembre si contempla la manifestazione della umanità nella divinità del Figlio incarnato, il 6 gennaio si contempla la manifestazione della sua divinità nella sua santa umanità.

L’Epifania in modo singolare ci unisce ai nostri cari fratelli cristiani di oriente, cattolici e non cattolici, che secondo il loro calendario festeggiano in questo periodo il Natale del Signore. Salute e pace a questi nostri fratelli e sorelle, che tanto hanno sofferto nella loro travagliata storia per rimanere fedeli a Cristo: molti di essi sono fra noi per custodire i nostri anziani o svolgere molteplici attività lavorative come immigrati.

Epifania: parola liturgica greca che significa “manifestazione/apparizione” della divinità di Cristo. Il termine fu accolto nel calendario cristiano dall’uso imperiale. Era accaduto già per altri termini. Il “vangelo” era l’annuncio degli ordini dell’imperatore, fra i cristiani passò subito a indicare l’annuncio delle parole del vero imperatore, Cristo. L’ “avvento” era l’arrivo dell’imperatore, fra noi cristiani passò subito a indicare la venuta dell’unico imperatore , Cristo. Cosi epifane era titolo dei re ellenistici che si mostravano al popolo come benefattori, i seguaci di Cristo lo riferirono al loro Re che si manifesta con grazia e amore. Sorprendente e commovente! In un ambiente politico e culturale che adorava le potestà terrene, spesso tiranniche e violente, come divinità e numi, i cristiani ebbero il coraggio dallo Spirito Santo di essere onesti cittadini, ma adoratori soltanto del vero Dio e del suo Figlio Gesù Cristo.

Epifania: afferma S. Paolo, nel brano della lettera agli Efesini che abbiamo proclamato, che “Per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero…ora rivelato ai santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Gesù Cristo, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. Le genti. Chi erano le genti nel linguaggio biblico? Erano tutti i popoli che non appartenevano all’alleanza di Abramo e di Mosè, coloro che non erano membri di Israele, i pagani e gli idolatri, detti anche nazioni ad oriente e isole ad occidente, mentre solo Israele era il popolo vero di Dio vero.

La tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere”, profetizza Isaia, come abbiamo ascoltato. Come il popolo eletto, così anche le nazioni attendevano lo svelarsi del mistero preparato da secoli, genti lontane sospiravano un annuncio di salvezza, non bastavano più millenni di credenze, miti, riti, filosofie. Le genti anelavano alla vera luce e alla pace, alla vera conoscenza di Dio, cercato nelle ombre e nelle vanità. Allora ecco i Magi che vengono da oriente e, dopo lungo viaggio, bussano alla porta di Gerusalemme, del tempio e della reggia.

In questo cammino ravvisiamo il faticoso procedere dell’umanità, che dall’Eden perduto si è sparsa su tutta la terra e in tutti i linguaggi e mille religioni. Quella povera umanità che non ha trovato più la strada del ritorno, pur cercandola con affanno e solo sentirla nella coscienza, ma sperimentando l’incapacità di incontrarla, anzi precipitando miseramente nella violenza e nella superstizione, nelle spire del serpente antico. Solo un popolo ebbe l’inizio della risalita, i figli di Abramo, e intravidero il giorno del Messia, pur salutandolo da lontano. Sapevano però che nei loro lombi si nascondeva il mistero che a tempo debito, stabilito dal Signore, si sarebbe manifestato, avrebbe fatto la propria epifania chiara e definitiva.

Finalmente nasce Gesù a Betlemme. Questi nostri viaggiatori alla ricerca di Dio e del Re che è nato, i nostri Magi, arrivano nella terra di Dio, ma sbagliano porta. Hanno seguito la sua stella, la sua luce, ma adesso si è nascosta. Hanno pensato di cercare il neonato Re del mondo nella reggia della capitale. Però non trovano nessuno in attesa, non trovano gioia, né verità e né vita. Si accorgono con sgomento che hanno perduto la via. Nel lusso del palazzo e nello sfarzo della corte trovano solo sospetti, intrighi, menzogne, finta ignoranza, ipocrita religiosità, paura e odio: Erode fa studiare le Scritture dai suoi sapienti e sacerdoti sul luogo della nascita del Salvatore. Lo sanno, rispondono esattamente, lo sapevano da secoli, ma adesso che una luce si è accesa in Israele e fra le genti, non sono pronti neppure loro. Dicono ”A Betlemme, la città del re Davide”, ma restano indifferenti, dubbiosi, diciamo pure infastiditi. Questa novità rimetterebbe tutto in movimento, sarebbe l’epifania del Dio d’Israele tanto atteso, la libertà e la liberazione, sarebbe la gioia: gli scribi, sapienti teologi, e i sacerdoti, consacrati per il Tempio, sono ormai stanchi di sperare e di attendere, forse sono troppo vecchi ormai e implicati nelle trame del re, rinunciano a condividere la domanda e la ricerca dei visitatori orientali, quei magi pagani che son venuti a Gerusalemme a portare un vangelo, la nascita del figlio di Davide, vero capo e buon pastore del suo popolo.

Il malvagio Erode, detto anche il Grande, ne avverte però il pericolo per il suo trono sanguinario, per la sua brama di potere, per il suo animo violento. Fa continuare ai Magi il viaggio verso Betlemme. E con astuzia maligna li manda in avanguardia per scoprire il Bambino e, di ritorno, farsi informare da loro sul luogo esatto della sua dimora e della sua famiglia per recarsi pure lui ad “adorarlo”, dice nel suo cuore perverso, ma pensa di ucciderlo.

Nel cammino della vita incontriamo molte esperienze negative e dolorose, potremmo incontrare anche persone indifferenti o violenti, situazioni che ci umiliano e ci disorientano, come per i Magi nel palazzo di Erode. Non dobbiamo fermarci, dobbiamo ripartire, seguire la stella: ossia la nostra coscienza sincera, la parola di Dio, i sacramenti di Cristo, l’aiuto della famiglia di Gesù cioè la Chiesa, gli amici fedeli cioè i Santi, gli uomini retti e di buona volontà, quelli che vogliono il nostro bene. E la stella ci indica il Bambino, ossia la nostra gioia grandissima, l ’evangelii gaudium.

Davanti al Bambino e alla Madre, si prostrarono e adorarono. I verbi evangelici non lasciano dubbio, riconobbero la luce e credettero al vero Dio. Erano sapienti e governanti dei loro paesi remoti, offrirono l’oro della loro sapienza e della loro potenza al vero Governante potente e alla divina Sapienza, che è Cristo; erano sacerdoti e cultori delle loro vane divinità, si convertirono e offrirono l’incenso della loro sacra dignità e del loro culto al vero Dio e Signore, che è Cristo; erano anche loro uomini fragili e peccatori, offrirono il preziosissimo profumo della mirra per la sepoltura a Cristo Salvatore e Agnello immolato, che sulla croce avrebbe offerto la sua santa umanità per redimere il peccato del mondo.

Per un’altra strada fecero ritorno: si, quando si incontra veramente Cristo, non puoi più ritornare per la stessa strada, quella dell’inganno e di satana; quando hai visto la stella di Dio, non puoi più ritornare nella caligine e nella nebbia. Devi, vuoi, ami un’altra strada, quella sua, non quella di Erode. Dopo tutte queste liturgie natalizie, abbiamo incontrato veramente il Figlio di Dio, il figlio di Davide, il nostro Signore Gesù? La risposta sarà positiva se abbiamo intrapreso con fermezza l’altra strada, quella sua, come hanno fatto i santi Magi. “Io sono la via”, ci dice il Signore.