Conclusione del Giubileo della Misericordia

12-11-2016

Omelia, 12 nov. 2016, Conclusione del Giubileo straordinario della misericordia, basilica cattedrale di Acerenza.

Carissimi fratelli e sorelle, carissime famiglie, cari catechisti, rev.di fratelli sacerdoti, in particolare un saluto al parroco don Pierpaolo e al presidente del capitolo mons. Cardillo e a tutti i canonici, rev.de Suore, stimati delegati vescovili e ufficiali di curia, cari direttori degli uffici pastorali e amministrativi dell’Arcidiocesi, cari membri delle associazioni e movimenti cattolici, nonché membri dei consigli pastorali ed economici delle parrocchie, cari seminaristi e ministranti, signor Sindaco e autorità della città di Acerenza e altre autorità civiche convenute.

Misericordes sicut Pater”, “Christus misericordiae vultus”, “Deus caritas est”: queste le tracce bibliche spirituali che ci hanno guidato durante il Giubileo che sta per chiudersi. Abbiamo chiuso a tempo debito i luoghi giubilari diocesani del santuario di Maria SS. del Monte Saraceno in Calvello, di Maria ss. del Belvedere in Oppido, di s. Rocco in Tolve. Stasera concludiamo qui nella nostra bellissima basilica cattedrale di Acerenza, come in tutte le cattedrali del mondo cattolico e nelle basiliche papali romane; domenica prossima, solennità di Cristo Re, S.S. Papa Francesco concluderà nella basilica di s. Pietro in Vaticano.

Grazie al Signore, ricco di misericordia, per questo dono dell’Anno Santo straordinario, tempo favorevole per la nostra salvezza; grazie alla S. Chiesa e al Papa per la fonte di grazia che si è riversata in questo anno sul popolo di Dio, il popolo dei suoi poveri e umili, che tutto spera da lui. Grazie alla nostra Arcidiocesi, ai rettori dei santuari giubilari e alla parrocchia della cattedrale e al capitolo, ai parroci e agli altri presbiteri, ai diaconi e ai ministri istituiti per l’impegno profuso in ordine alla fruttuosità del cammino giubilare, in modo capillare fra tutti i fedeli. Grazie ai fedeli laici tutti che, collaborando con i sacerdoti, hanno curato, organizzato, vissuto l’esperienza della misericordia giubilare. Adesso dobbiamo attendere con fede viva il prossimo Anno Santo del 2025, a Dio piacendo.

Però nella vita cristiana e liturgica non si chiude mai niente, non si archivia e non si dimentica nulla: più che la conclusione, celebriamo il compimento; più che la chiusura, celebriamo l’uscita. Se l’Anno Santo a livello cronologico ha per forza di cose le date di inizio e di termine, a livello teologico e spirituale ovviamente continua e deve continuare, sulle vie tracciate dal Papa e dalla esperienza maturata durante il percorso. Se non restasse alcuna eredità, progetto e azione del Giubileo potremmo dubitare se per noi sia servito a qualcosa. Non soltanto l’indulgenza per i vivi e per i defunti, che già è tantissimo, ma deve restare anche una rinnovata visione del cuore di Dio e un rinnovamento del nostro cuore per quanto riguarda la misericordia verso l’altro, specie se affamato, assetato, nudo, malato, carcerato, forestiero, dubbioso, bisognoso di sostegno e conforto.

Con voi, carissimi, vorrei ricordare anche i giubilei diocesani. Alcuni nei primi mesi, presieduti dal carissimo amministratore don Filippo Nicolò, a cui va sempre la nostra gratitudine: penso al giubileo dei catechisti, degli operatori caritas, delle religiose, dei ministranti, del mondo della scuola. Altri presieduti da me: penso il 1 ottobre a Tolve per le aggregazioni laicali, il 4 ottobre in Acerenza per i sindaci e gli amministratori, il 27 ottobre una statio giubilare per i sofferenti e gli ammalati presso in nostro rinomato centro di cura “Beato Don Gnocchi”, il 30 ottobre in Acerenza per i giovani e i giovanissimi, oggi per le famiglie, cioè i papà, le mamme, i ragazzi e i bambini, i nonni. Ma non si può dimenticare il pellegrinaggio giubilare dell’Arcidiocesi a Roma il 22 ottobre scorso, 1300 partecipanti, alla tomba degli apostoli Pietro e Paolo, al trono di verità del Sommo Pontefice, al santuario romano del Divino Amore, cioè dello Spirito Santo di cui è tempio la vergine madre S. Maria e la vergine madre Santa Chiesa.

Il giubileo ha anche un indubbio aspetto escatologico, cioè ci proietta nei novissimi, le realtà future e definitive: la morte fisica, il giudizio particolare e universale, il paradiso e l’inferno, la dimensione di purificazione oltre la morte, il premio o il supplizio eterno. Anche le letture feriali e festive di questi ultimi giorni dell’anno liturgico ci illuminano sulla nostra meta eterna e sul senso di questa vita terrena.” Ecco sta per venire il giorno del Signore”, ci annuncia nella prima lettura il profeta Malachia: quel giorno di giustizia e di carità è venuto con la Pasqua di Cristo, la sua incarnazione, morte e risurrezione , è venuto con il dono dello Spirito Santo a Pentecoste, verrà alla fine dei tempi, alla Parusia, quando il Re dal cuore mite e umile giudicherà i vivi e i morti.

Nel frattempo ci siamo noi con la nostra storia personale e sociale, il mondo che procede nei secoli tra guerra e pace, la Chiesa che gioisce e soffre per i suoi figli sparsi in ogni parte della terra: è il tempo della testimonianza e dell’attesa perseverante, con le cinture ai fianchi e le lucerne accese; anche in questo tempo il Signore è presente con la sua parola e i suoi sacramenti, nella Chiesa e nella coscienza di ogni uomo di buona volontà, è presente con la sua Madre Maria e tutti i santi. Abbiamo solo da camminare, da peregrinare, come popolo di Dio e come figli suoi, sapendo che Lui sta per venire. Questo mondo presenta continuamente i segni della sua venuta verso il compimento dell’ultimo giorno, quando di tutto ciò che noi vediamo, ammiriamo, costruiamo “non sarà lasciata pietra su pietra”, afferma il vangelo secondo Luca, in questa domenica: quando e come, lo sa il Signore, lui che è l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il Vivente.

Ci sono solo i segni lungo la storia e nella realtà che ci circonda. Attenzione al Vangelo!

I segni dei falsi messia: quante volte i questi secoli molti si sono presentati come salvatori dell’umanità con promesse di regni felici, ma poi si sono rivelati tiranni e carnefici, pensiamo ai totalitarismi del nazifascismo, del social comunismo, del capitalismo consumistico ed edonistico, del terrorismo fanatico, delle sette pseudoreligiose, dello scientismo buonista. “Molti infatti verranno nel mio nome dicendo “Sono io!, e “il tempo è vicino. Non andate dietro di loro”. Cari sacerdoti, cari fedeli laici, care famiglie , cari catechisti, non andate dietro di loro, dice il Signore. Il loro fascino falso è potentissimo, si ammantano di presunta bontà, si presentano come strada comoda e diritta, ma adorano soltanto se stessi e sacrificano tutti gli altri alla loro autolatria.

I segni nella società umana: guerre e rivoluzioni, nazione contro nazione; evidente davanti a noi la situazione tragica dell’umanità che aspira sinceramente alla pace e alla concordia, ma si ritrova incapace di realizzarle, e anzi continuamente, a causa del peccato e del limite, sprofonda nei conflitti e nelle discordie tra persone e persone, popoli e popoli, con la strage continua di innocenti e di poveri.

I segni nel cosmo: sconvolgimenti nell’universo, in terra e in cielo, i terremoti ci privano delle case, la carestia affama e asseta popolazioni intere del globo, le pestilenze sotto forma di svariate e invincibili malattie ci tolgono la salute fisica.

Sono segni inconfutabili che la perfezione non è ancora raggiunta, che , come dice l’apostolo Paolo, tutta la creazione geme e soffre nelle doglie del parto, tutto è in attesa della redenzione definitiva. Ma ci sono altri segni, quali le persecuzioni dei cristiani, dei discepoli di Cristo, a causa del suo nome. Una costante nella storia dell’umanità, hanno perseguitato il maestro, perseguiteranno anche noi. Può accadere ovunque, nelle famiglie, nelle religioni, nelle politiche, nelle culture, nelle economie del mondo: “ Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno…sarete odiati a causa del mio nome”, afferma Cristo nel vangelo di questa domenica. E perché questo continuo martirio dei cristiani? Cari catechisti, cari genitori e cari figli, Gesù ci dice: “Avrete allora occasione di dare testimonianza…io vi darò parola e sapienza…con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

Come afferma nella seconda lettura S. Paolo ai cristiani di Tessalonica, prendiamo a modello la vita degli apostoli, evitiamo l’ozio spirituale, lavoriamo nella vigna del Signore nella pazienza e nella tranquillità, con totale fiducia in lui che porterà a compimento l’opera iniziata in noi. Cosa resta allora del Giubileo? Cristo misericordia del Padre nello Spirito Santo, da vivere in ogni ambito: Chiesa, parrocchia, associazione, famiglia , società, professione, preghiera, carità.

Care famiglie vivete l’amoris laetitia, la gioia d’amare, nella chiesa domestica, voi genitori che siete i primi catechisti dei vostri figli. Voi catechisti parrocchiali insieme ai parroci, primi catechisti nella parrocchia, vivete l’Evangelii gaudium, la gioia del Vangelo, nell’annunciarlo e nel viverlo. Tutti sacerdoti e fedeli, elevate il “Laudato si, mi Signore” ogni giorno con grato animo e certa fiducia.

Cari condiocesani, vi prego, dal Giubileo conserviamo l’impulso che papa Francesco ha dato per le opere di carità, di aiuto, di servizio al prossimo, ai nostri fratelli e sorelle bisognosi, sono la presenza di Cristo che chiede soccorso, non facciamoci trovare a mani vuote di bene e di amore. Stasera preghiamo anche per la chiesa missionaria, per i cristiani sofferenti nei cinque continenti: la nostra Arcidiocesi è gemellata con quella di Bafatà, in Guinea Bissau. Il Papa chiede che ogni diocesi termini il Giubileo con un gesto tangibile di carità. Ebbene adesso la questua di stasera, mi auguro generosa, sarà devoluta alle strutture scolastiche e mediche della missione di Bafatà che stiamo sostenendo da anni. Offriamo ciò che possiamo, il Signore non si lascia vincere in generosità. L’aiuto della Madonna Assunta, di S. Canio vescovo, dei santi diaconi Mariano e Laviero non ci mancherà. Grazie a tutti voi e sia lodato Gesù Cristo Volto di Misericordia.