Seconda riflessione per la Quaresima dell’Arcivescovo Mons. Francesco Sirufo

 

Il pinnacolo, il pozzo, lo Spirito

 

Miei carissimi, continua questa nostra Quaresima 2020, particolare e significativa, un reale austero cammino per tutti. Gli inni di questo tempo mi suggeriscono nuovi motivi, che negli anni scorsi non venivano alla mente, se non in modo astratto. Siamo protèsi alla gioia pasquale sulle orme di Cristo Signore: ma le sue orme sono in salita verso il calvario portando la croce, poi anche verso la risurrezione, certo. Sia parca e frugale la mensa: lo stiamo sperimentando. Non possiamo condividere la mensa con amici e parenti, e fuori casa, ma solo nello stretto ambito familiare, chi ha famiglia, e anche a certa distanza. Quante persone in questo momento non possono procurarsi il cibo o temono la ristrettezza economica, che da questa crisi ne deriverà. Sia sobria la lingua e il cuore: non possiamo comunicare con nessuno, se non con pochi, noi loquaci in continuazione e con parole al vento ad ogni istante. Adesso il silenzio, ci resta solo il cuore. Fratelli, è tempo di ascoltare la voce dello Spirito: con il cuore, nel cuore. Nella santa assemblea o nel segreto dell’anima prostriamoci e imploriamo la divina clemenza: non possiamo partecipare alla liturgia pubblica, all’ascolto comunitario della parola di Dio e alla Comunione eucaristica, ci resta solo il segreto dell’anima. Gesù consacrò nel deserto questo tempo di grazia: cantano ancora gli inni quaresimali. Dunque con Cristo può esser un tempo di grazia!

Mi viene in mente, dal Vangelo, la tentazione del pinnacolo, la tentazione del potere. Stare in alto, al di sopra degli altri e guardarli dall’alto, buttarsi giù e creare uno spettacolo della propria potenza, dato che gli angeli ti sorreggeranno, cioè le tue risorse e le tue straordinarie possibilità. Stiamo imparando che la potenza e il potere potrebbero vacillare da un momento all’altro, che un “cosuccio” invisibile, che ingrandito somiglia a uno strano fiore esotico, può destabilizzare singoli e popoli. Il pinnacolo su cui siamo saliti, o ci hanno portato altri, traballa. Gesù ci dice di non tentare di essere come Dio: Lui è l’Altissimo, noi siamo creature.

Non so per le religioni del mondo, ma per la Chiesa dei cristiani è un segnale potente. Per anni abbiamo discusso sulla Messa senza popolo, se fosse significativa e adeguata, adesso in migliaia noi sacerdoti celebriamo senza fedeli e lo dobbiamo fare affinché siano tutti sicuri che quel giorno l’Eucaristia, come ogni giorno, illumina il mondo sofferente e disorientato, che il sacerdote, almeno lui, riceve la Comunione per tutto il corpo che è la Chiesa. C’erano tanti fedeli laici impediti alla Comunione e alla confessione, ora lo sono in milioni, quasi a condividere quella sofferenza di non potersi accostare alla Comunione per peccati e scelte non gradite a Dio. Questo digiuno collettivo del Sacramento eucaristico ci fa capire tutta la solitudine, la tristezza e il disagio, l’aridità di tanti fratelli che non hanno più fede o che non credono più in Dio. Gli ammalati e gli anziani: adesso comprendiamo di più cosa significa essere chiusi per giorni e per anni in casa, in ospizi, in ospedali, e non ricevere conforto da nessuno, se non da Dio vicino ad ogni uomo nel dolore. La Domenica con le chiese vuote, francamente in molti casi anche prima: adesso lo dobbiamo vivere come esperienza forzata, con il desiderio di partecipare alla Messa con la comunità e non possiamo.

Eravamo sul pinnacolo e tentati sempre da nuove iniziative stupefacenti, da progetti innovativi, da esperienze sempre all’avanguardia da proporre, dall’organizzazione dei prossimi mesi ed anni con i piani pastorali, con i riti liturgici da preparare con riunioni e conferenze, le tradizioni e le usanze, le feste e i programmi. Adesso è tutto sospeso: il pinnacolo non c’è più per lanciarci nel vuoto con l’ebbrezza di essere sorretti dagli angeli. Anche l’uso dei mezzi telematici per la liturgia eucaristica e sacramentale deve essere sobrio e competente. Potrebbe essere un altro pinnacolo in surrogato, per evitare di comprendere i segni e meditarli nel segreto del cuore: “Non tentare il Signore Dio tuo”.

Cosa è successo di preciso? Abbiamo preferito il pinnacolo: nella società, nelle famiglie, nella Chiesa, nel mondo. Invece Gesù ci propone di sederci presso un pozzo, a mezzogiorno, nella calura e nella fatica. C’è anche Lui, stanco, ma desideroso di attenderci lì al pozzo e di chiederci da bere. Ci siamo rifugiati solo nei riti e negli organigrammi, ma mancava Lui che ci vuol ricondurre ad adorare il Padre in spirito e verità, Lui che è fonte di acqua viva, Lui che vuole condividere con noi il suo cibo che è fare la volontà del Padre. Non il pinnacolo della brama del potere, dell’essere in vista, in alto e al centro, di salvare senza croce, di agire senza lo Spirito, di parlare senza la verità. Dio parla tramite questo dramma, di cui con sicurezza non sappiamo neppure l’origine. Egli ci comunica un segreto messaggio, che non siamo riusciti a comprendere totalmente in tutti questi anni di pensiero e di indagine, di rinnovamento e di riforma: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice ‘Dammi da bere!’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva”.

Portiamo l’anfora vuota della nostra vita al pozzo di Sicar, dove c’è il Signore, dissetiamoci a lui, anche e specialmente in questo tempo sofferente. Il Padre vuole tali adoratori, cioè in Cristo e nello Spirito Santo. Non basta la ricerca scientifica, di cui dobbiamo essere riconoscenti a Dio che illumina le menti, e preghiamo per i medici e gli infermieri con gratitudine per l’ammirevole dedizione che stanno dimostrando. Inutili e ridicoli sono i nostri oroscopi e i nostri amuleti: perché tutta questa massa di indovini e di astrologi non ha indovinato l’arrivo del virus? I segni zodiacali e le magie si sono rivelati nella loro falsità, a dispetto dell’incoscienza e dell’umana stupidità. Attenzione: in tempi di calamità la paura di fronte al pericolo o ti avvicina a Dio e al prossimo con razionale coraggio oppure ti allontana nelle illusioni, nelle violenze e nelle aberrazioni.

Non basta tutto lo sforzo amministrativo e governativo, sanitario e medico, di cui dobbiamo essere corresponsabili, occorre pregare, pregare, pregare, sinceramente, umilmente, con cuore contrito. Cos’è la contrizione, parola biblica antica? E’ il pentimento fino alle lacrime per aver tradito e rifiutato la persona amata, che ci ama ed è pronta a morire per noi: nel nostro caso il Signore Dio Amore incarnato e fattosi uomo. Non è un pentimento di cortesia che ti fa dire solo scusa, ma un pentimento d’amore e di desiderio di perdono. “Perché ho fatto questo peccato, Signore? Le lacrime scendono nel mio cuore, sono pentito e umiliato, accoglimi di nuovo”. Come un figlio che si mette a piangere dopo aver percosso la madre che lo stava abbracciando per distoglierlo da un atto dannoso per la sua vita. Poi ti penti e piangi amaramente, ti senti un niente, cerchi l’abbraccio della madre, o del padre, che non ti rifiuta, ma alle tue lacrime si commuove e non ti nega i suoi baci. E tu ti senti sprofondare in tanto amore immeritato e piangi di gioia.

I riti liturgici, validi per la potenza di Dio, non sono fruttuosi per la nostra salvezza se il Padre non è amato e adorato in spirito e verità. Adesso ha nascosto il suo volto, è sfigurato nel suo Figlio, è dolorante nella sua Chiesa, è attonito nell’umanità. Impareremo da questa esperienza personale e collettiva? Se sappiamo leggere a fondo, senza esorcizzare con bagarre e con distrazioni, sì, impareremo e ricorderemo. Se invece ci fermiamo a considerazioni superficiali e palliative non capiremo, e quel che resta andrà peggio. La Samaritana abbandonò l’anfora vuota, lì al pozzo di Giacobbe, e riempì il suo cuore all’acqua viva di Cristo, salvatore del mondo e vero medico che guarisce l’anima e il corpo.

Invito tutti voi, sacerdoti e fedeli laici della nostra cara Arcidiocesi, a invocare la Madonna che veneriamo in questo periodo come Annunziata e Addolorata, che nella nostra cattedrale veneriamo Assunta in cielo: anche Lei, umile serva del Signore, ha percorso l’austero cammino di questa vita, sempre magnificando ed esaltando la potenza del braccio divino. Invochiamo con fiducia l’intercessione di S. Giuseppe, di S. Canio e dei Santi protettori dei nostri paesi, chiediamo cura e preghiere ai Santi medici e taumaturghi, tra i quali i nostri cari S. Rocco e il beato Egidio. I Santi sono amici e fratelli nostri, non ci abbandonano in questo tempo di prova, anzi ci distolgono dal pinnacolo dei nostri vani trionfi, e ci conducono al pozzo del Vangelo per incontrare Gesù che ha sete di noi e ci disseta per sempre.

Grazie.

Acerenza, 19 marzo 2020, solennità di S. Giuseppe

+Francesco

 

SECONDA RIFLESSIONE DI QUARESIMA